domenica 8 novembre 2015

Su Gramsci e lo Stato


Crisi dello stato secondo Gramsci 
Fulmini e Saette. Intorno alle definizioni e alle teorie e agli elementi di novità 

Pasquale Misuraca Alias Manifesto 7.11.2015, 1:34 

Tor­niamo al con­cetto di Stato in Gram­sci, rileg­gia­molo: «Stato è tutto il com­plesso di atti­vità pra­ti­che e teo­ri­che con cui la classe diri­gente giu­sti­fica e man­tiene il suo domi­nio non solo ma rie­sce a otte­nere il con­senso attivo dei gover­nati». (Qua­derni del car­cere, Einaudi 1975, pp. 1785) 
Gli ele­menti di novità teo­rica con­te­nuti in que­sto con­cetto di Stato sono almeno tre: 
a) lo Stato non viene defi­nito come un ‘appa­rato’, una ‘mac­china’, uno ‘stru­mento’, ma come un com­plesso di atti­vità, come l’insieme delle atti­vità delle classi diri­genti in quanto diri­genti. Que­sto signi­fica che lo Stato non è più inteso come una for­tezza da con­qui­stare, come una mac­china che possa essere alter­na­ti­va­mente gui­data da un per­so­nale poli­tico o da un altro, come un appa­rato isti­tu­zio­nale che può essere pos­se­duto da una classe o da un’altra, ma invece come insieme di azioni svolte da deter­mi­nate classi, da deter­mi­nate cate­go­rie sociali, da deter­mi­nati gruppi diri­genti, da deter­mi­nati uomini concreti; 
b) le atti­vità che costi­tui­scono lo Stato sono atti­vità «pra­ti­che» e «teo­ri­che». Que­sto signi­fica che lo Stato non è ridotto alle atti­vità ‘ammi­ni­stra­tiva’, ‘giu­di­zia­ria’ e ‘di poli­zia’, cioè all’esercizio pra­tico del potere – atti­vità che ne costi­tui­scono una parte – ma com­prende anche atti­vità ela­bo­ra­tive, pro­dut­tive di ideo­lo­gie, infor­ma­zioni e cono­scenze. Ciò vuol dire che lo Stato non è teso alla con­ser­va­zione se non attra­verso il con­creto svi­luppo di deter­mi­nati modi di sen­tire, di com­pren­dere, di agire; e vuol dire che la pro­du­zione, l’organizzazione e la dif­fu­sione delle cono­scenze è una parte dello Stato e che gli intel­let­tuali – una parte di essi – sono parte dello Stato; 
c) lo Stato non è ridotto alle atti­vità di domi­nio (eser­ci­zio della coer­ci­zione) ma com­prende le atti­vità di dire­zione (costru­zione del con­senso); ma non si tratta sem­pli­ce­mente di que­sto, cioè del fatto di iden­ti­fi­care una più com­plessa arti­co­la­zione dello Stato. L’elemento di novità in Gram­sci sta piut­to­sto in ciò, che lo Stato non si pre­senta più come una entità sepa­rata dalla vita col­let­tiva, come un orga­ni­smo a sé che domina e dirige la società in quanto si pone al di sopra di essa, ma come il com­plesso di atti­vità che orga­niz­zano e ren­dono omo­ge­nee le mol­ti­tu­dini, che sta­bi­li­scono i rap­porti di rap­pre­sen­tanza dei diretti da parte dei diri­genti, che infine coin­vol­gono atti­va­mente le masse nello Stato stesso. Men­tre soli­ta­mente lo Stato è visto come l’organismo che dal di fuori domina e dirige, ripro­du­cendo l’estraneità da sé dei domi­nati e dei diretti, Gram­sci coglie il fatto che le atti­vità sta­tali non sono atti­vità volte a fis­sare la sepa­ra­zione este­riore tra diri­genti e diretti, ma piut­to­sto a costruire l’integrazione dei diretti nello Stato; ciò non vuol dire che i diretti diven­gano diri­genti, ma che in quanto diretti si inte­grano nel com­plesso di atti­vità sta­tali che appunto ten­dono a rea­liz­zare i fini ed i pro­getti delle classi dirigenti. 
* La parte prima di que­sto sag­getto è stata pub­bli­cata sabato 5 set­tem­bre, la seconda sabato 3 otto­bre, la quarta sarà pub­bli­cata sabato 5 dicem­bre 2015)
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