Il governo del grande inganno. La menzogna politica è una tossina che trasforma in profondità un paese, alimentando disorientamento e cinismo E la democrazia rischia di andare in malora
giovedì 17 dicembre 2015
La fine neoliberale della democrazia: Alberto Burgio
Il potere della menzogna
Il governo del grande inganno. La menzogna politica è una tossina che trasforma in profondità un paese, alimentando disorientamento e cinismo E la democrazia rischia di andare in malora
Il governo del grande inganno. La menzogna politica è una tossina che trasforma in profondità un paese, alimentando disorientamento e cinismo E la democrazia rischia di andare in malora
di Alberto Burgio il manifesto 17.12.15
La politica in democrazia si affida a due funzioni fondamentali:
l’esercizio di un potere legittimo (fondato sul consenso della
maggioranza) e la produzione di narrazioni pubbliche. Il rapporto tra
queste due funzioni costituisce un buon criterio di giudizio sulla
qualità di un governo.
Quanto maggiore è la distanza tra l’una e l’altra (quanto meno
attendibili sono le informazioni diffuse dal governo in merito ai propri
obiettivi e alla situazione reale del paese), tanto minore è la
legittimità sostanziale di un governo. Il quale si pone fuori dal quadro
democratico se, nel perseguire i propri disegni, si affida alla
menzogna politica, deformando per questa via l’esercizio della sovranità
popolare. Stando così le cose, si può sostenere che il governo in
carica è un esempio di violazione dei principi democratici, benché i
critici che si ostinano ad affermarlo siano sempre meno numerosi (e
sempre più rassegnati).
Naturalmente il governo Renzi è un paradigma di potere antidemocratico
in primo luogo per i suoi obiettivi. Renzi e i suoi sodali non fanno
altro, da quasi due anni, che attaccare diritti e condizioni materiali
del lavoro dipendente, smantellando tutele giuridiche e contrattuali e
conquiste salariali strappate in decenni di lotte. Non fanno altro che
bombardare lo Stato sociale (la sanità; il sistema pensionistico, ormai
tra i più iniqui d’Europa; i meccanismi di salvaguardia del diritto allo
studio) e le condizioni di vita dei meno abbienti, circuìti con l’uso
circense del denaro pubblico in funzione di mancia elettorale. Non fanno
altro che spostare ricchezza verso l’alto a forza di privatizzazioni,
misure fiscali anticostituzionali e regalìe varie, come quelle varate
dal decreto salvabanche, che, con tutti i disastri che sta provocando,
ha già fatto la fortuna dei nuovi vertici bancari e alla fine vedrà,
come di consueto, l’intervento salvifico della Cassa depositi e
prestiti. Non fanno altro, infine, che colpire le istituzioni
fondamentali della democrazia rappresentativa dando corpo a un disegno
autoritario che conferisce ogni potere all’esecutivo, cioè alla cricca
dirigente del partito di maggioranza relativa (vale a dire al 15, 20 per
cento al massimo del corpo elettorale).
Ma il governo Renzi è un caso estremo di violazione dei principi
democratici anche per la distanza tra pratica e narrazione
propagandistica. Qui sta forse la più grande differenza rispetto ai
governi Berlusconi e alla destra in generale, che se non altro non ha
mai nascosto di voler difendere sopra ogni altra cosa la «libertà» dei
privati, cioè proprietà, patrimoni e privilegi. Anche Renzi capeggia un
governo di destra; realizza politiche di destra; trasforma il paese in
base a un disegno schiettamente di destra. Ma – come a suo tempo Tony
Blair – fa tutto questo da uomo «di sinistra». Agisce come capo di un
partito che, per storia e ragione sociale, rappresenta, in linea di
principio, la prima forza dello schieramento progressista. Ma mente
sistematicamente, raccontando storie cucite su misura per quella parte
della società, sempre più disorientata e depressa, che, continuando a
pensarsi di sinistra, tende a prendere sul serio la fanfara
propagandistica di questo governo.
Il mantra ossessivo del paese che finalmente «riparte» è la menzogna più
odiosa, mentre le nuove povertà dilagano, soprattutto al Sud e tra i
più giovani, di pari passo con la disoccupazione e la precarietà. È una
bugia che fa il paio con lo slogan del capitalismo compassionevole di
George Bush jr., con quel «nessuno sarà lasciato indietro»
spudoratamente sbandierato mentre le ineguaglianze esplodevano nel cuore
della metropoli capitalistica e la miseria si abbatteva su milioni di
proletari. Ma è soltanto la menzogna più clamorosa. Il governo e il suo
«capo» mentono su tutto. Promettono l’esatto contrario di quel che fanno
in politica estera, mentre nulla, sui fronti di guerra in Nord Africa,
in Medio Oriente e in Asia centrale, è cambiato rispetto
all’«interventismo democratico». Raccontano un paese modello sul piano
della difesa ambientale, mentre l’Italia registra il record europeo
delle morti per smog e l’aria della Val Padana si conferma la più
inquinata del continente. Vantano meriti inventati come la fine del
precariato nella scuola o l’aumento di spesa nella sanità, mentre decine
di migliaia di precari rimangono come sempre al palo e quasi ogni mese
il servizio sanitario si vede costretto a nuovi tagli. E gli esempi
potrebbero moltiplicarsi all’infinito.
Nulla di nuovo, si dirà. Salvo che la menzogna politica è una tossina
che trasforma in profondità un paese, alimentando disorientamento e
cinismo. Non è vero che, siccome l’uso mendace della comunicazione è da
sempre un classico di questo governo (si può dire che è, insieme alla
manutenzione delle lobbies, la principale occupazione di chi lo guida),
allora in quest’ultimo biennio non è cambiato nulla. Siamo un paese
sempre più confuso e sfiduciato, oltre che malandato e depresso. E la
fiducia è un bene fragile oltre che prezioso: facile a disperdersi,
difficilissimo a ricostruirsi. Solo che, senza fiducia nella politica e
nei propri rappresentanti, è la democrazia stessa che rischia di andare
in malora.
Quello della verità (della veridicità) in politica è un vincolo
tassativo, che coinvolge pesantemente la responsabilità di tutta una
classe dirigente. Il che chiama in causa, con Renzi e il suo governo,
altri comprimari: la «grande stampa» in primo luogo, senza la cui
quotidiana complicità questo gigantesco inganno non sarebbe possibile. E
il Partito democratico tutto. Che non soltanto oggi permette a Renzi di
fare il proprio comodo a danno del paese, ma gli si è consegnato due
anni fa ben sapendo a cosa andava incontro. Senza contare – a dirla
tutta – la parte avuta dai i suoi fondatori, già negli anni Novanta, nel
Grande Trasformismo che ha lasciato il paese senza anticorpi contro la
normalizzazione oligarchica neoliberale.
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