Risvolto
Electa pubblica il terzo volume dell’Enciclopedia delle arti contemporanee: I Portatori del Tempo - Il tempo inclinato, curata da Achille Bonito Oliva e con il coordinamento scientifico di Andrea Cortellessa.
Dopo il primo volume dedicato al “tempo comico” e il secondo dedicato al “tempo interiore” entra in scena il “tempo ‘inclinato’”. L’aggettivo si riferisce alla teoria del clinamen di Lucrezio riscoperta nell’era Atomica con la fisica del Novecento (dalla Teoria della Relatività al Principio di Indeterminazione). Il tempo perde il suo connotato assoluto e si trasforma in uno spazio-tempo mutevole e soggettivo “che s’inclina; e le cose scivolano e rotolano, sfuggono, non sono mai così”. “Piega è difatti il clinamen, caro a Epicuro e Lucrezio, inclinatura che sfata il destino e introduce un tempo inspiegabile, ove le cose accadono secondo una logica che appare beffarda” come si legge nel testo.
Il volume indaga il rapporto delle arti contemporanee con la nuova dimensione temporale inquieta, instabile, sempre mutevole, un istante imprecisato in cui si generano i cambiamenti universali, come la creazione e la morte.
Il tomo, introdotto da uno scritto del filosofo ed epistemologo Giulio Giorello, ripropone la struttura dei precedenti ed è diviso in otto sezioni disciplinari: MUSICA di Gianmario Borio, ARCHITETTURA di Marco Biraghi, ARTI VISIVE di Riccardo Venturi, CINEMA di Umberto Silva, NUOVI MEDIA di Renato Censi, TEATRO di Attilio Scarpellini, FOTOGRAFIA di Stefano Chiodi, LETTERATURA di Andrea Cortellessa.
I portatori del Tempo – Il tempo inclinato o è il libro curato da Achille Bonito Oliva (Electa, pagg. 400, euro 59), con il quale prosegue la serie dedicata all’Enciclopedia delle Arti Contemporanee. In questo terzo volume una lunga introduzione di Giulio Giorello dedicata al tempo quantitativo e alla concezione che la scienza ne ha dato a partire dalla riflessione greca fino alle più recenti nozioni di fisica quantistica. Per poi passare alle diverse declinazioni del tempo: Musica, Architettura, Arti visive, Cinema, Nuovi Media, Teatro, Fotografia, letteratura.
Prendiamo quest’ultima. Quante volte ci hanno ricordato che un racconto, o un romanzo ha un proprio tempo scandito idealmente da un principio, un centro e una conclusione.
Uno schema, tradizionale ma anche rassicurante come ricordava Thomas Hardy a Virginia Woolf: «Credevamo che vi fosse un principio, un centro, una conclusione. Credevamo nella teoria aristotelica. Adesso i racconti finiscono con una donna che esce da una stanza». L’epilogo, il tempo conclusivo appunto, è come se non si desse più. I romanzi di Kafka spesso si interrompono o non hanno una vera conclusione. Lo stesso accade con Musil e Joyce.
L’inconcluso sembra il nuovo paradigma novecentesco. Viene meno il tempo della filosofia della storia. L’idea che lo Spirito possa hegelianamente cavalcare la storia del mondo. La forma del tempo è il suo arresto apparentemente immotivato. Ne sa qualcosa l’arte del Novecento che interrompe la sua pacifica visibilità. Ed è come se tutta l’arte del secolo che si è chiuso diventi avanguardia o non sia arte. «L’arte d’avanguardia », scrive Bonito Oliva, «ha portato la forma soprattutto nella direzione della turbolenza, dell’alterazione e della destrutturazione della comunicazione». Benjamin parlava di paesaggio di rovine, oggi parleremmo di rovina del paesaggio. Dell’impossibilità che l’estetica fornisca ancora un alibi al bello.
Colpa del tempo inclinato? Per assumere l’espressione che dà il sottotitolo al libro verrebbe da dire che il tempo è uscito dall’asse della sua orbita. Scivola incontrollato in un universo sconosciuto.
Le nostre certezze legate al tempo rassicurante delle stagioni, o a quello ben più intimo delle convinzioni psicologiche lascia il posto all’imbarazzo di non saperlo più riconoscere (la crisi del capitalismo è epocale perché sono venute meno le ragioni del suo tempo storico). È come se il tempo si possa ormai rappresentare soltanto con un buco.
Un buco senza margini, né orli. Testimone di una distruzione avvenuta, ed esso stesso soggetto a distruzione. Può sembrare un discorso insensato. Lo è molto meno se si vanno a cogliere certi esiti dell’arte contemporanea. Gordon Matta-Clark realizzò Conical intersect nel 1975.
L’idea fu di intervenire con uno squarcio interno al Centre Pompidou, allora in costruzione. Di quel “gesto” non resta che qualche disegno, un video e alcune foto. Una visione malinconica e terrificante delle nostre vite inclinate verso il nulla.
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