È morta nella sua casa a Roma, a 91 anni, l’antropologa e scrittrice Ida Magli (foto), autrice di libri di successo come Matriarcato e potere delle donne e Gesù di Nazareth. Tabù e trasgressione. L’anno scorso aveva ricevuto il «Premio Vittoriale», assegnato dalla Fondazione presieduta da Giordano Bruno Guerri, per «il suo prezioso contributo di scrittrice e intellettuale della scena letteraria». Aveva da poco finito di scrivere il suo ultimo libro, Figli dell’uomo. Storia del bambino, storia dell’odio, che dovrebbe uscire nei prossimi mesi per la Bur.ell’odio, che dovrebbe uscire nei prossimi mesi per la Bur.
L’antropologa scomoda
Ritratti. È morta a 91 anni Ida Magli. Scrisse testi fondamentali sul matriarcato, la sessualità, l'iconografia della Madonna e la storia laica delle donne religiose. Negli ultimi anni, aveva radicalizzato il suo pensiero, abbracciando posizioni reazionarie
Alessandra Pigliaru Manifesto23.2.2016, 0:02
Figura controversa e complessa del panorama italiano, l’antropologa e scrittrice Ida Magli è scomparsa a Roma all’età di 91 anni. Per chi ne abbia letto i numerosi testi, in particolare quelli pubblicati tra la fine degli anni Settanta e gli inizi degli anni Novanta, dedicati ad argomenti liminari al femminismo – è difficile individuare la ragione che, negli ultimi venti anni, l’ha spinta verso un passo reazionario. Sarebbe tuttavia riduttivo collocarla alla svelta nella deriva antieuropeista che in tempi recenti ha abbracciato anche se, in tutta onestà, potrebbe essere questo uno dei motivi che l’ha resa poco attraente soprattutto alle generazioni di giovani studiose che, con i testi, si confrontano. Ma per capirne il quadro completo e l’eredità che ha lasciato a chi si misura con i senso parlante dei testi, bisogna fare un necessario passo indietro, ne sono convinte in molte che di Magli hanno ascoltato quelle mirabili lezioni di Antropologia culturale alla Sapienza di Roma fino al suo pensionamento nel 1988.
Tra quelle allieve spicca Loredana Lipperini che, quando la notizia della scomparsa della professoressa Magli è stata diffusa, ha affidato ai social network parole tanto affettuose quanto colme di gratitudine per averle insegnato una curvatura dello sguardo ineguagliabile. Ed è forse su questo che ci si potrebbe soffermare, non per espungere i testi dal portato biografico ma per evitare di renderla una intellettuale rubricata semplicisticamente e rapita dalle destre; perché cioè le vada riconosciuto ciò che ha fatto, ovvero individuare alcuni elementi essenziali e spesso scomodi al dibattito antropologico e femminista contemporaneo e che poi hanno retto la parte centrale della sua esistenza.
In realtà, la storia tra Ida Magli e il femminismo è stata piuttosto intermittente, e questo nonostante abbia avuto da sempre il chiaro desiderio di seguirne il passo a giudicare dai passaggi che le sono stati cari.
Basti pensare a volumi come Matriarcato e potere delle donne (1978), in cui compaiono alcuni passi sulle società matriarcali e una inedita traduzione del poderoso testo Das Mutterrecht di Bachofen. Solo due anni prima, aveva fondato la storica rivista dwf.
È del 1982 La femmina dell’uomo e poi c’è lo studio in cui si concentra su Santa Teresa di Lisieux. Una romantica ragazza dell’Ottocento (1994), quello su La Madonna (1987), fino a un’interessante edizione aggiornata, dieci anni dopo, La Madonna, dalla Donna alla Statua; cruciale è stato La sessualità maschile (1989) e il suo studio sulla Storia laica delle donne religiose (1995).
Insieme ai testi forse più conosciuti vi è stato l’impegno costante verso l’antropologia che ha percorso sempre con disinvoltura e originalità di posizioni. È suo il più generale manuale di Introduzione all’antropologia culturale (1983) così come si deve a lei la fondazione e direzione (dal 1989 al 1992) della rivista Antropologia culturale.
Il nodo sessualità-religione è stato per Magli uno dei più frequentati, là dove entrambi i punti sono stati sempre interpretati con una certa ritrosia anche nella discussione politica pubblica.
Ida Magli in realtà, come ricorda Lea Melandri, che abbiamo raggiunto per telefono, è stata precorritrice lucidissima di alcuni snodi fondamentali: «Certo, non si può leggere solo parzialmente, bisogna guardarla nel suo intero e in quanto è stata capace di offrirci alla lettura. È rimasta sempre abbastanza in disparte, ma il femminismo l’ha intersecato; forse non è stata così riconosciuta come avrebbe meritato, e molto ci possono raccontare ancora i suoi libri; vi sono per esempio frammenti folgoranti, coraggiosi che mettono in chiaro alcuni aspetti forti: sessualità, immaginario e fantasie maschili sui corpi delle donne e il grande nodo religioso». Melandri prosegue citando alcuni passaggi cruciali, per esempio quelli che attengono il corpo delle donne, la sessualità e il potere che disciplina i corpi fino a diventare violenza.
Su quest’ultimo punto, infatti, anche la stessa attenzione di Melandri si è soffermata. «Ho letto e riletto alcuni suoi frammenti perché penso ci siano preziosi. Non sono stati mai scontati e andrebbero ascoltati. Ma penso anche alla lezione sulla storia laica delle religiose, un lavoro straordinario che andrebbe accolto con maggiore generosità».
IDAMAGLI L’OCCIDENTE LA CRISI IL SUICIDIO L’EURO L’IMMIGRAZIONE
Così il politicamente corretto ci ha fatto il lavaggio del cervello
Euro, immigrazione, islam, Chiesa, ruolo delle donne e suicidio dell’Italia: un distillato delle lezioni della grande antropologa da non dimenticare
24 feb 2016 Libero
Il modo migliore per ricordare Ida Magli, morta il 21 febbraio a 91 anni, e per far vivere il suo lucidissimo pensiero è farla parlare ancora. Per questo abbiamo selezionato alcuni brani dei suoi libri e delle sue interviste: per fornire un’idea, ovviamente estremamente limitata, delle sue opinioni. E, soprattutto, degli avvertimenti che ci ha dato, delle sue analisi su Europa, finanza, politica, immigrazione e ruolo delle donne. Ida Magli ha scritto tanti libri, tutti importanti. Qui ci siamo concentrati sul versante “politico” della sua opera, riprendendo per lo più interviste e brani diDopo l'Occidente (BUR), il saggio che rappresenta un po’ il concentrato della sua visione del mondo, e da cui si può cominciare a scoprire la straordinaria opera della più grande antropologa culturale che l’Italia abbia mai avuto. Questo è un piccolo tributo a lei e un invito ad approfondire la conoscenza dei suoi libri. Leggeteli: potrebbero cambiare la vostra vita.
(...) cambiamento otrasformazione. Non sappiamo chi sia statoa ideareuntale strumento di potere per dominare gli uomini e indurli a comportarsi secondo la volontà dei governanti, evoluzione terrificante di quella che un tempo si chiamava “censura”. (...). Politicamente corretto. Non “corretto” dal punto di vista politico, ma “corretto” dal Potere. Politica e Potere sono la stessa cosa.
La frettadivora l’Occidente: l’assillo del non perdere tempo impedisce di accorgersi che in realtà non si produce quasi più nulla delle cose che contano: pensiero, scienza (il continuo sviluppo tecnologico non inganni: la tecnologia è soltanto applicazione della scoperta scientifica, non scoperta insé), filosofia, letteratura, arte.
Ilmercato, la pubblicità, gli indici di Borsa hanno preso il loro posto e si ammantano di una “pienezza” di nuovo tipo: cambianocontinuamente, aggiornano il mondo, minuto perminuto, della loro instancabile attività, delle loroavventure, delle loro trasformazioni in vincite e perdite, mentre gli uomini, la vita reale degli uomini, delle società, delle Nazioni, proiettata fuoridall’orizzonte di ciò che conta, affonda nell’indistinto, nell’amorfo, nel brulichio di quei frammenti non significanti e senza piùnessunapossibilità diconcatenarsi fra loro che stupiva e angosciava Robert Musil. È il brulichio delle innumerevoli vite chedisintegranouncadavere.
È apparso all’orizzonte all’improvviso chi è riuscito a convincere il mondo che le Nazioni, gli Stati... l’Italia, possono “fallire”; anzi, che sono sul punto di fallire. Parola incredibile, priva di senso riferita a un popolo, a una Nazione, a uno Stato. Nessun “popolo” fallisce. Può morire; e muore. Ma chi osa definire la morteun“fallimento”? Nazione, Stato, sono “figura” deipopoli. Non c'è nessuna Nazione, nessuno Stato, negli indici di Borsa. Non ci sono i popoli, il loronome, la loroidentità, la loro storia, il loro pensiero, il lorolavoro: nonci sononénascite némorti, non ci sono né amori né pianti; non c’è quella “patria” per la quale si è data la vita cantando; non ci sonola poesia né lamusica; non ci sono, infine, né religioni né speranze di eternità: nulla. Si chiamano valori di Borsa, ma appunto, usurpando il termine “valore”, i governanti-economisti hanno compiuto un’operazione matematicamente invalida: ivalorideipopoli non sono riducibili a numeri. Non sono quantificabili in cifre. Non si possono né sommare né sottrarre al capitale dellemonete. UnaNazione, insomma, non è il suo Pil. Questo allarme, dunque, è unatruffa, unamostruosa truffa.
La morte dell'Italia è già in atto soprattutto per questo: perché nessunocombatte per farla vivere; persino perché nessuno la piange. È contro natura, contro la realtàdei sentimentiumani, ma è così: stiamomorendo, nel tripudio generale, con una specie di “suicidio felicemente assistito” dai nostri stessi leader, governanti e giornalisti. Non per nulla l’ideadelsuicidio assistito è nata inOccidente.
Adottando l’euro l’Italia ha rinunciato a batteremoneta e di conseguenza ha perduto lo strumento principale della propria indipendenza. Non è più uno Stato sovrano e, come si è visto chiaramente con il passare degli anni, è costrettaapagare ildenaro chele viene offerto dalla Banca centrale europea con interessi sempre più alti fino a quando non potràpiùreggere. Siccome però la dicitura “Banca centrale europea” copre il fatto che i “soci-azionisti” diquestabanca sono dei soggetti privati, in realtà gli Italiani, il loro lavoro, il loro patrimonio, il loro territorio, i loro redditi, le loro aziende si trovano a essere non soltanto sotto controllo, ma, a causa del debito, messi in garanzia degli stessi banchieri, “proprietà” di costoro.
Quali caratteristiche presenterà quella parte geografica del mondo che corrispondeall’Europa, inparticolare all’Europad’Occidente, verso la metàdel2000? Sipuòaffermare con quasi assoluta certezza che la cultura che oggi siamo soliti indicare con il nome di “occidentale” e che la caratterizza, sarà quasi del tutto scomparsa. Si può anche presumere che il processo di estinzioneavverràmolto rapidamente. Il motivo è evidente: le culture vivono attraverso gli uomini che ne sono portatori. Verso il 2050 l’Europa sarà abitata da un gran numero di Africani insieme a gruppi di media consistenza di Cinesi e diMediorientali, a causa della continua e massiccia immigrazione dall’Africa e dall’Oriente e dell’altissima prolificitàdiquestepopolazioni, superiore in genere di almenocinquevolteaquella degli Europei.
Un tempo c’ erano musulmanicheproducevano epensavano, venivano per lo più dall’Egitto. Ma le civiltà muoiono. Quello che sapevano fare allora, non lo sanno più fare. Imusulmani che vengono qui sono prima di tutto incapaci di pensare. L’islamismo organizza tutta la loro giornata e dunque anche la loro struttura psicologica. Anche per i cristiani del medioevo funzionava così, in gran parte. I musulmani non avrebbero alcun problema a farci fuori subito. Ma non hanno bisogno di farlo. Noi ciammazziamo già da soli. I musulmani sono tanti, talmente tanti... Di che cosa volete che abbiano paura? Sono in tanti e hanno un fortissimo senso di obbedienza al Corano. Credono che Allah li guardi e li protegga. Noi abbiamo perso tutto, invece».
Bergoglio non è un europeo, non sa niente di tutte le trame tipiche dell’Europa. Per giunta èmolto accomodante. I gesuiti ce l’hanno come atteggiamento, quello di venire incontro agli altri. Era la tecnica di Ignazio: venire incontro allepersone che lapensanodiversamente per non creare troppo attrito. Solo che la Chiesa di oggi o la salvi con forza, con severità, oppure con la misericordina non la salvi. Che ci fanno gli europei con lamisericordina? La tattica di Bergoglio è fallita in partenza».
La nostra è una società che ha allontanato i maschi e ha preso il lato peggiore delle donne. Che sono aggressive, anche nell’eroticità. Devono sempre farti vedere il seno, le cosce. Per un maschio, oggi, forse è più attraente una donna musulmana col velo che queste qui. Ilmaschio la donna la deve anche un po’ conquistare, deve esserci anche un po’ di mistero, nell'’erotismo. Diunadonnacheè subito pronta a dare tutto, il maschiononsachefarsene. Iosonounadonnaepossodire cosechesonoinapparenzacontroledonnee cioè chelascienza, l’arte, tutta l’attività intellettuale fino ad oggi è stata fatta deimaschi. Poiché oggi imaschi si sono allontanati, la nostra società è povera intellettualmente, culturalmente. Non è una società “femminilizzata”, come dice qualcuno, ma malata, patologica. Dobbiamo immediatamente riprendere il controllo. E tocca aimaschi riprenderlo».
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