venerdì 19 febbraio 2016
La storia dei Gurlitt e delle opere d'arte trafugate dai gerarchi nazisti
Risvolto
Der Handel mit geraubter Kunst ist das größte Thema der NS-Vergangenheit, das noch auf seine Aufarbeitung wartet. Der Name Hildebrand Gurlitt steht für dieses ungesühnte Unrecht, seit die Welt 2013 von der Entdeckung seiner Kunstsammlung erfuhr. Doch wer war der Mann, der als junger Museumsdirektor für die moderne Kunst kämpfte und sie dann als „entartet“ verkaufte? Der als „Vierteljude“ Raubkunst für Hitlers Führermuseum erwarb und daran Millionen verdiente? Meike Hoffmann und Nicola Kuhn legen die erste Biographie von Hitlers berüchtigtem Kunsthändler vor. Als Pionier der modernen Kunst ist Hildebrand Gurlitt in den zwanziger Jahren vielbewundert – und wird 1930 als Museumsdirektor entlassen, als der Gegenwind von rechts zu stark wird. 1933 verliert er erneut seinen Posten. Doch kurz danach beginnt sein zweiter Aufstieg als Kollaborateur und Profiteur im Nationalsozialismus. Er verschafft dem Deutschen Reich Devisen durch den Verkauf von „Entarteter Kunst“, geht nach Paris und erobert sich den Kunstmarkt in den besetzten Gebieten. Er wird reich mit Bildern, die jüdischen Sammlern geraubt wurden – und ist schon 1948 als Direktor des Kunstvereins in Düsseldorf wieder in Amt und Würden. Auf der Grundlage jahrelanger Recherchen erzählen Meike Hoffmann und Nicola Kuhn eine Geschichte von Tragik, Verbrechen und Verdrängung, die ihren Schatten bis in die Gegenwart wirft.
Il mercante d’arte che rubava per Hitler
In un libro la saga dei Gurlitt: le opere confiscate dal padre nazista e le bugie del figlio
di Tonia Mastrobuoni Repubblica 19.2.16
Cornelius Gurlitt, morto nel 2014: la storia di suo padre Hildebrand è raccontata nella biografia “ Hitlers Kunsthaendler” ( Il mercante d’arte di Hitler), della storica dell’arte Meike Hoffmann
Continuò ad acquistare tele di artisti ebrei anche dopo essere stato licenziato dal Museo Ma dopo la guerra non provò a restituire quanto aveva sequestrato e nascose quel “tesoro”
BERLINO LA scoperta dell’incredibile saga dei Gurlitt avviene come nel più classico dei gialli: per caso.
Sei anni fa, su un treno svizzero, la polizia doganale esegue un controllo di routine tra i passeggeri diretti a Monaco. E trova addosso a un vecchietto dall’aria innocua 9mila euro in contanti, cuciti nella giacca. Lì per lì non accade nulla, magari a qualcuno scappa anche un sorriso per il nascondiglio antiquato di Cornelius Gurlitt.
Ma qualcun altro si insospettisce e decide che la cosa non può finire lì. Il 79enne è ufficialmente povero, senza un reddito. Così, dopo qualche indagine, un paio di poliziotti bussano alla porta del suo appartamento nell’elegante quartiere di Schwabing, a Monaco. Quello che trovano, farà storia.
Gurlitt vive come un barbone, si nutre di cibo in scatola, ammassa carte e immondizia in mezzo a mobili da quattro soldi, ma alle pareti e ammucchiati negli angoli nasconde uno dei tesori più inestimabili del secolo. Migliaia di capolavori di ogni epoca, dati per scomparsi il 13 febbraio del 1945, bruciati ufficialmente nel terribile bombardamento di Dresda, uno degli episodi più cupi della fine della guerra, magnificamente raccontato da Kurt Vonnegut.
In realtà, quel patrimonio inestimabile cancellato dai libri di storia, è rimasto intatto. E nel piccolo appartamento di Gurlitt i poliziotti trovano oltre 1.400 capolavori di ogni epoc:, Canaletto, Picasso, Franz Marc, Matisse, Duerer, Kokoschka o Rodin. Altre migliaia di opere verranno rinvenute in una seconda casa a Salisburgo. Valore stimato, oltre un miliardo. Opere, però, dall’origine dubbia, criminale. Pezzi unici da mercato nero che Gurlitt vende da decenni per mantenersi, per pagarsi le cure mediche. Capolavori che ha ereditato da suo padre, Hildebrand Gurlitt.
Sul letto di morte, nel 1956, il figlio gli ha infatti promesso che continuerà a nasconderli, ad accudirli. Ma quei capolavori sono stati sottratti illegittimamente ai proprietari durante l’epoca nazista: rubati agli ebrei, confiscati su incarico della feccia bruna perché «arte degenerata ». Gurlitt muore nel 2014, tra mille polemiche, perché voleva donare tutto al Museo di Berna, ma nel dubbio che centinaia di quelle tele possano ancora essere restituite agli eredi dei proprietari veri, l’imbarazzo è grande.
Sul padre di Cornelius, Hildebrand Gurlitt, considerato a oggi uno dei mercanti d’arte più controversi del Novecento, è appena uscita in Germania una prima biografia: Hitlers Kunsthaendler (Il mercante d’arte di Hitler”, C.H. Beck Verlag), scritta dalla storica d’arte Meike Hoffmann della Freie Universitaet di Berlino e della giornalista del Tagesspiegel Nicola Kuhn.
Erano quattro, in realtà, gli specialisti incaricati ufficialmente da Hitler di confiscare opere d’arte in giro per la Germania per rivenderle all’estero e procurare soldi al regime nazista. Agli altri tre “mercanti di Hitler” sono già state dedicate delle monografie, mancava solo quella che ricostruisse la complessa vicenda di Gurlitt, il suo incarico era stato per anni anche quello di comprare capolavori per il “Museo del Fuhrer” di Linz.
Nato in una famiglia colta, di artisti e intellettuali di Dresda, una nonna ebrea, Hildebrand Gurlitt inizia la sua carriera al
Koenig- Albert- Museum di Zwickau, dove alla fine degli anni Venti colleziona con entusiasmo opere delle avanguardie, quadri di Max Pechstein, Ernst Ludwig Kirchner, Oskar Kokoschka. Quando l’aria si fa pesante, all’inizio degli anni Trenta, e comincia la cupa propaganda che condanna l’arte degli ebrei e delle avanguardie, Gurlitt viene licenziato. Anche come direttore di un Museo di Amburgo, poco dopo, continua a comprare tele degli espressionisti e di artisti ebrei. Il primo maggio del 1933, quando le camice brune sfilano per la città anseatica, Gurlitt si rifiuta di issare la bandiera nazista. A luglio è nuovamente costretto ad andarsene. E decide di mettersi in proprio. Ma poi, inspiegabilmente, avviene la conversione al nazismo, e Gurlitt comincia la sua irresistibile ascesa nel regime.
«Come mai uno spirito critico, un entusiasta delle avanguardie — si chiedono le autrici della biografia — ne diventa improvvisamente il liquidatore, si trasforma da vittima in carnefice? ». Per loro, tuttavia, peggio del ruolo avuto durante il nazismo è quello assunto da Gurlitt dopo la guerra. Il “mercante d’arte di Hitler” si è ben guardato dal restituire le opere ai legittimi proprietari o alle loro famiglie, non si è mai chiesto quanti danni avesse fatto a miriadi di persone. E ha chiesto al figlio di nascondersi per sempre nel buco nero della sua menzogna.
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