Sig. Antonio Socci Caro fratello: Ho ricevuto il suo libro e la lettera che lo accompagnava. Grazie tante per questo gesto. Il Signore la ricompensi.
Ho cominciato a leggerlo e sono sicuro che tante delle cose riportate mi faranno molto bene. In realtà, anche le critiche ciaiutano a camminare sulla retta via del Signore.
La ringrazio davvero tanto per le sue preghiere e quelle della sua famiglia. Le prometto che pregherò per tutti Voi chiedendo al Signore di benedirVi e alla Madonna di custodirVi.
Apprezzo l’affetto e la comunione. Certi suoi gesti, diversi da quelli dimolti suoi seguaci, mi commuovono Ma il suo pontificato ha gettato la Chiesa nella confusione. La imploro di opporsi al dominio dei nuovi poteri
Venerdì scorso passavo frettolosamente da casa dei miei, piena di ricordi di mio padre, come il suo quadro più bello: unminatore esanime trasportato su una barella daicompagni(miopadrestesso in miniera un giorno rischiò la vita e restòmutilato).
È lui che mi ha insegnato che la vita è lotta per la propria dignità e per la verità. E mi ha testimoniato che la libertà è perfino più importantedelpane. Alui, chedaminatore cattolico il 18 aprile 1948 si batté per la libertà del nostro Paese, devo l’insegnamento più importante: vivere senzamenzogna.
E a lui ho pensato venerdì, quando mi è arrivata quella lettera per posta prioritaria. Miamadre stupitamiha consegnato la busta bianca, col timbro della Città del Vaticano, sussurrandomi: «Ma ti ha scritto il Papa?».
In effetti la grafia era inequivocabile. Proprio il Pontefice, con una stilografica a inchiostro nero, ha tracciato il mio indirizzo e il mittente, dietro la busta (una “F.” per Francesco) e sotto: «Casa SantaMarta - 00120 Città delVaticano».
Ho pensato a mio padre perché perme è il simbolo di quel popolo cristiano a cui dobbiamo tantissimo, quel popolocristianocheèdisprezzato dall’establishment intellettualoide che esalta Francesco (penso a Repubblica). Quel popolo cristiano che si è sentito abbandonato dai suoi pastori negli ultimi tre anni.
Papa Francesco infatti ha un gran successo mediatico traimangiapreti, mahaportato la Chiesa in una grande confusione. Basti vedere le dichiarazioni fatte anche ieri sul volodi ritornodalMessicodovesiè “immischiato” pesantemente sulle politiche dell’immigrazione, ma ha affermato di non volersi immischiare nelladiscussione italiana relativa alle unioni gay (eppure è vescovo di Roma e primate d’Italia).
Ma voglio fare un esempio piùclamoroso. Propriovenerdì, mentre ricevevo la sua lettera, vedevo il Santo Padre in tv per la Dichiarazione firmata da lui col Patriarca ortodosso Kirill. È un memorabile pronunciamentostorico-politico con cui la Chiesa Cattolica romana e la Chiesa ortodossa, insieme, hanno rovesciato l'«Agenda obamiana» a cui il Papa si era finora - disastrosamente - sottomesso. La Dichiarazione riporta laChiesa sulla via di Benedetto XVI, infatti è un vero siluro contro «la dittatura del relativismo» dell’Occidente e contro la dittatura dell’islamismo dell’Oriente. È un grido di libertà che esalta le nostre radici cristiane, dall’Atlantico agli Urali, e ci restituisce alla grande storia dell’Europa dei popoli e delle cattedrali.
Il contrario di ciò che Francesco ha fatto in questi anni. Infatti laDichiarazione fa una vigorosa difesa (finalmente) dei cristiani perseguitati e della libertà religiosaa tutte le latitudini, con l’appello a una coraggiosatestimonianza cristiana nella vita pubblica; attacca la tecnocrazia nichilista dell’Europa occidentale che ha rinnegato le sue radici cristiane e che emargina fino al disprezzo i cristiani; infine fa una difesa tenace della famiglia naturale e della vita dal suo concepimento fino alla sua fine naturale.
Tuttavia, subito dopo la pubblicazione solenne e in mondovisione di questo documento, papa Bergoglio ha cercato di “rimangiarsi” la firmaminimizzandoneil significato. Riducendo tutto a una photo opportunity.
Come si spiega questa repentina e incredibile marcia indietro? Evidentementel’Impero che ha “dimissionato” Benedetto XVI e che sostiene il pontificato di Francesco non gli consente di ribaltare la collocazione geopolitica dellaChiesa.
Per questo Francesco (che pure sulla Sirianel2013 sipermiseuna coraggiosa indipendenza) è subito tornato nei confiniassegnati. Gliè statofacile anche per la leggerezza concui abitualmente dice, disdiceesicontraddice, aseconda degli interlocutori. Il suo magistero è spesso cangiante come la veste di Saruman.
Probabilmente ora anche alPatriarcatodiMosca sichiederannoquantiFrancescosono in circolazione. Noi ce lo chiediamo da tre anni. Qualunquebarcacondotta così affonda, infatti la confusione nella Chiesa regna sovrana.
Forse per questo il Papa chiede insistentemente preghiere. Purtroppo però lui ha molti adulatori, cortigiani, lustrascarpee tifosiche loesaltano, ma ben pochi pregano per lui e per la barca di Pietro che rischia di colare a picco fra gli applausi e le risa del mondo.
Io invece prego per lui. Nel mio libro La profezia finale, ho concluso così la lettera aperta a Franceso dove lo esortavo a combattere virilmentecon noila «santabattaglia» contro la notte, contro il Mysterium iniquitatis ormai dilagante: «Io vivo anche una mia guerrapersonale, durissima, che combatto con lamia famiglia contro il male e che da anni ci fa stare sul Calvario (...). Le assicuro che nell’offerta di questo martirio - insieme a tutta la Chiesa e all’umanità - c’è anche lei, con papa Benedetto XVI. La nostra preghiera è a Dio, perchérestituisca e conservi sempre alla Chiesa e almondo la luce delVicario diCristo, specialmentenelle tenebredell’ora presente. Caro papa Francesco, sia uno dei nostri veri pastori sulla via di Cristo, con papa Benedetto che la sostiene con la preghiera e il consiglio: aiuti anche lei la Chiesa, oggi smarrita e confusa, a ritrovare la via del suo Salvatore e così riaccenderàquella luce che permetterà all'umanità di non perdersi in un abisso di violenza. Tutti i santi del Cielo pregano per questo».
Nelle pagine precedenti del libro non ho lesinato (dolorose eamare) critiche aquesti tre anni di Francesco, e l’ho esortato a difendere la Chiesa e la fede cattolica anziché farsi “usare” ed esaltare dai nemici di essa.
L’hoimplorato dinonumiliarepiù laChiesa, dinonproclamare la resa, solidarizzando con gli avversari, ma invece di opporsi al dominio del «nuovopotere» che- comediceva Pasolini - è «completamente irreligioso, totalitario, violento, falsamente tollerante, anzi, più repressivo che mai, corruttore, degradante».
Io credo che nel profondo papaFrancesconesia convintissimo. E, dibattendosi fra gli Imperi, cerchi una strada che scaltramente tolga la Chiesa dall’angolo: ma si può essere più scaltri di Dio? Può esservi una via più scaltra di quella di Cristo che è la testimonianza alla verità fino alla croce? Può esserci un annuncio del Vangelochenonsiaancheungiudizio sul mondo e sulle tenebre dei poteri mondani? «Se nonc’è lottanon c'è cristianesimo», dice Benedetto XVI.
È stolto mettersi contro il Potere? San Paolo ci avverte che è attraverso la stoltezza della predicazione della verità cheDio salva ilmondo «perché ciòche è stoltezzadiDio è più sapientedegliuomini, e la debolezza di Dio è più forte degli uomini» ( 1Co 1, 25).
Queste sono le cose che ho scritto nelmio libro e su queste mi ha risposto il Papa. Quandohoaperto la bustaho visto che era tutto di suo pugno. So capire il senso di certi “dettagli”: i Pontefici comunicano attraverso la Segreteria di Stato (ho ricevuto in passato altremissive papali di questo tipo).
Invece questa lettera autografa scritta dal Papa stesso e inviata direttamente, senza passare per nessun ufficio vaticano, haunsignificatopreciso: vuole essere un segno di familiarità, un gesto paterno, di affetto e di comunione.
Pur sapendo quanto papa Bergoglio ami uscire fuori dai formalismi, nonmelo aspettavo. Gli avevo fatto inviare dalla Rizzoli ilmio libro perché il sottotitolo recita: «Lettera apapa Francesco sulla Chiesa in tempo di guerra».
Suquel volume avevo scritto una dedica in cui spiegavo al Papa che il libro contiene ciò che in coscienzami sento in dovere di dirgli. Ma dopo averlo fatto inviare non ci ho pensato più.
Sono dunque rimastomolto sorpreso vedendo la lettera e leggendo le parole - davvero non formali - di papa Francesco: «Vaticano 7 febbraio 2016 Sig. Antonio Socci Caro fratello: Ho ricevuto il suo libro e la lettera che lo accompagnava. Grazie tante per questo gesto. Il Signore la ricompensi.
Ho cominciato a leggerlo e sonosicuroche tantedelle cose riportatemi farannomolto bene. In realtà, anche le critiche ci aiutano a camminare sulla retta via del Signore. La ringrazio davvero tanto per le sue preghiere e quelle della sua famiglia. Le prometto che pregheròpertutti voichiedendoal Signoredibenedirvie alla Madonna di custodirvi. Suo fratello e servitore nel Signore, Francesco». Sonoparole chenonlasciano indifferenti. Ci sono cose di questo Papa che mi commuovono profondamente (l’hoscrittonel libro). Mientusiasma la sua libertà evangelica, la sua semplicità, il suo essere fuoridaglischemi clericali. Èemozionantequandoparladello sguardo diGesù o, come nei giorni scorsi a Guadalupe, degli occhi materni di Maria. E quando ricorda che il nostro Salvatore non vuole perdere nessuno e si prende ciascuno di noi sulle spalle.
Ma infine un pontificato è anzitutto il suo magistero e il suo governo della Chiesa e di fronte allo smarrimento e alla confusione che in questi tre anni hanno investito il popolo cristiano ho dovuto e volutodire la verità, acostodelsuicidio professionale e morale. Ho buttato alle ortiche quello cheilmondodefinisce «prestigio», costruitoindecennidi lavoro, per diventare un reietto nel mondo cattolico, che è la mia casa.
Diventato di colpo un “appestato”, in questi due anni ho fatto indigestione di insulti. Quelli più frequenti sono stati i seguenti: «Sei un indemoniato» e «sei impazzito».
Altri poi hanno invocato l’arrivo di un esorcista, del Tso o perfino una
sentenza di scomunica, hanno insinuato addirittura che fossi stato
accalappiato da qualche setta, da qualche bislacco guru o da qualche
oscuro “potere” e hanno sentenziato che sarei ormai fuori dalla Chiesa.
Mi hanno messo al bando dai loromedia ed è statomesso all’Indice un mio
volume in certe librerie cattoliche dove, magari, vendono Augias e
Mancuso. C’è perfino chi ha fattodisgustose considerazioni sulle
traversie vissute dalla mia famiglia.
Oggi però le parole che Francescomiha scritto fanno giustizia dimesi e
mesi di insulti. Sono anzitutto, per ciascuno di noi, un esempio di
umiltà e di paternità.
Ma la legittimazione delle «critiche al papa», contenuta nella lettera,
mi pare anche che insegni a essere cristiani
virilienonpavidioopportunisti. Si deve parlare con parresia e non con
calcolata ipocrisia.
Nelmiolibro avevo riportato le parole del vescovo spagnolo Melchor Cano
(1509-1560), grande teologo delConcilio diTrento: «Pietro non ha bisogno
delle nostre bugie o della nostra adulazione. Coloro che difendono
ciecamente e indiscriminatamente ogni decisione del Sommo Pontefice sono
quelli chepiùminano l’autoritàdellaSanta Sede: distruggono, invecedi
rafforzare le suefondamenta».
Così motivavo la mia franchezza, come un piccolo aiuto al vescovo
di Roma. Èmoltobellocheora ilPaparisponda al mio libro confermando
tutto: «In realtà, anche le critiche ci aiutano a camminare sulla retta
via del Signore».
Francesco del resto sabene che, perlui, ilpericolononviene dalla
franchezza dei figli di Dio, ma dalla corte: un giorno arrivò a dire che
«la corte è la lebbra del papato».
È vero del resto che nella Curia romana e nelle altre curie, sotto
il suo pontificato, domina un clima di vero terrore, un’oppressiva aria
inquisitoriale, mai vista prima. Ed è sua responsabilità.
Il modo come ha condotto le vicende ecclesiali in questi anni e
anche l’ultimo Sinodo purtroppodimostranoche insieme al Francesco
paterno e comprensivo ce n’è uno che usa il potere in modo molto duro.
Talora ancheper imporre alla Chiesa dottrine eterodosse. È lui che usa
il pugno di ferro contro famiglie religiose o ecclesiastici di grande
fede e ortodossia e poi elogia e promuovechivadietroaiventi delle
ideologiemondane.
Continuo a sperare vivamente che egli metta fine a questo clima ed
esorti tutti a starenellaChiesa conla libertà e la dignità dei figli di
Dio, come lo stesso Concilio insegna (senza temere epurazioni, vendette
e umiliazioni).
Ma spero soprattutto che sia fedele allamissione diPietro, cioè
che difenda la fede cattolica e non la svenda e nemmeno la stravolga:
questo non gli è lecito. Non può farlo.
«Perché anche il papa», diceva Joseph Ratzinger, «non può fare
quello che vuole. Non è un monarca assoluto, come un tempo lo furono
alcuni re. È tutto il contrario, Egli è ilgarante dell’ubbidienza. Egli è
il garante che noi non siamo dell’opinione sua o di chicchessia, ma che
professiamo la fede di sempre che egli, opportune importune, difende
contro le opinioni delmomento».
“Chi pensa solo a fare muri non è cristiano” Francesco scomunica Trump
Evangelici contro cattolici L’America riscopre l’antica ferita La disputa tocca il complicato rapporto tra le due comunità E potrebbe influenzare l’esito delle presidenziali di novembre
di Paolo Mastrolilli La Stampa 19.2.15
Lo
scontro fra Donald Trump e Francesco, sul muro che il candidato
presidenziale repubblicano vorrebbe costruire al confine con il Messico
per bloccare gli immigrati illegali, rischia di avere un impatto che va
oltre le stesse elezioni presidenziali americane, e tocca il complicato
rapporto storico fra protestanti e cattolici negli Stati Uniti. «Il Papa
- dice il filosofo cattolico Michael Novak - ha acceso un fiammifero
dentro un pagliaio. La reazione di Trump è stata stupida, come spesso
accade, ma le conseguenze ora diventano imprevedibili».
Durante il
viaggio negli Stati Uniti del settembre scorso, Francesco aveva
ricevuto un’accoglienza molto positiva, ma era stato preceduto dal
sospetto che fosse più vicino all’anima liberal del paese. La critica
delle idee di Trump conferma questo sospetto, e nel pieno della campagna
elettorale rischia di provocare due spaccature: una fra i cattolici
liberal e quelli conservatori, e l’altra fra i cattolici che si
schierano con lui e i protestanti che invece scelgono Donald.
«Sul
piano teologico - commenta Novak - il Papa ha ragione: i cristiani
devono costruire ponti, come dice lo stesso nome con cui chiamiamo il
pontefice. Io sono figlio di immigrati, e l’America deve continuare ad
accoglierli. Il problema che abbiamo oggi, però, è quello del processo
legale con cui arrivano». Novak spiega così la questione: «Gli Stati
Uniti continuano ad essere il paese che riceve più stranieri, circa un
milione all’anno. Per fare un esempio che aiuta a capire, negli ultimi
cinque anni abbiamo accolto grosso modo l’intera popolazione della
Svizzera. Quindi su questo fronte eravamo e restiamo più aperti
dell’Europa, che non assimila i propri immigrati e sta reagendo con
molta veemenza all’arrivo dei profughi dalla guerra. Il problema però è
la distinzione fra legali e illegali, e forse su questo il Papa non è
stato abbastanza informato». Novak ritiene che «la grande maggioranza
degli americani sia favorevole alle costruzione del muro lungo il
confine col Messico, non per respingere gli immigrati, per ma gestire il
loro flusso, anche per ragioni di sicurezza. Da questo punto di vista,
la maggior parte delle persone si schiererà con Trump».
L’impatto
sulle elezioni può variare. «In South Carolina, dove si vota domani, non
ci sono molti cattolici, e quindi le critiche del Papa non avranno un
grande effetto negativo su Trump. Il discorso a livello nazionale può
essere diverso, perché ormai gli oltre sessanta milioni di cattolici
sono quasi ugualmente presenti nel Partito repubblicano e in quello
democratico. In South Carolina, però, ci sono molti evangelici, e anche
molti anti papisti legati ad un’antica corrente storica negli Stati
Uniti. Questo può avere un effetto imprevedibile sulle relazioni fra le
due comunità».
L’America ha avuto un solo presidente cattolico,
John Kennedy, e quando si era candidato aveva dovuto rispondere ai
sospetti che una volta entrato alla Casa Bianca avrebbe preso ordini dal
papa. Gli stessi dubbi erano stati avanzati contro John Kerry, solo
dodici anni fa. «Trump - spiega Novak - non viene preso seriamente come
persona religiosa, e il fatto di professarsi cristiano presbiteriano non
è certamente la sua forza. Però il pubblico potrebbe interpretare
questa disputa come una ripresa dell’annoso confronto fra cattolici e
protestanti negli Usa. Abbiamo lavorato moltissimo, negli ultimi
vent’anni, per sanare le antiche ferite e riavvicinare la due comunità.
L’effetto che ora avrà questo episodio sul dialogo ecumenico è
imprevedibile».
Novak non condona la reazione di Trump: «Quando
l’Isis attaccherà il Vaticano? Ma cosa ne sa Trump? La sua linea per
combattere lo Stato islamico è vaga come tutto il resto del programma.
La sua risposta è stata stupida, come quasi tutte le cose che dice».
Però il suo sostenitore Jerry Falwell, figlio del reverendo battista che
inventando la «Moral Majority» aveva aiutato Ronald Reagan a
conquistare la Casa Bianca, ha subito difeso Donald dicendo che non sta
al papa giudicare la sua cristianità. Persino Jeb Bush, cattolico e
nemico di Trump, si è trovato in imbarazzo: «La fede - ha detto - è una
questione personale fra ciascun essere umano e Dio». «Io - conclude
Novak - non sono nessuno per dare consigli al papa, ma negli Stati Uniti
è in corso un’elezione molto delicata, e bisognerebbe evitare commenti
estemporanei».
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