lunedì 22 febbraio 2016
Presentato il simbolo di Sinistra Imperiale, la sinistra dei Berty-Boys
Riforme. A Cosmopolitica l'asse di Sinistra italiana con i costituzionalisti del comitato del no al referendum costituzionale Alessandro Pace, presidente del comitato del no al referendum costituzionale, interviene a Cosmopolitica
A. Fab. il manifesto 21.2.16
ROMA «Sono un costituzionalista, quando intervengo metà della platea si annoia» comincia Alessandro Pace, presidente del Comitato per il no al referendum costituzionale. Invece succede che va avanti tra gli applausi e finisce con una specie di ovazione, non scontata per un vecchio liberale di fronte alla sinistra junior di Cosmopolitica. Segno che Sinistra italiana ha già messo la campagna contro la riforma costituzionale al centro della sua prima agenda politica. La conferma è nella platea del palazzo dei Congressi, piena e attenta mentre sfilano sul palco più professori che politici.
Interventi brevi, quando a Pace servirebbero delle mezz’ore per elencare i motivi di contrarietà alla revisione costituzionale e le incostituzionalità del disegno di legge Renzi-Boschi: «Come cittadino mi spaventa, come costituzionalista è uno spasso, è pieno di errori».
La riforma, si sa, non è ancora stata approvata dalle camere, ma non ci sono più dubbi che chiuderà il suo percorso parlamentare a metà aprile, poi arriverà la richiesta di referendum — anche da deputati e senatori di maggioranza che l’hanno voluta — ed è già in campo l’operazione di trasformazione del referendum sulla modifica di oltre 40 articoli della Carta in un plebiscito sul governo e ancor di più sul suo capo. Operazione alla quale si tenterà di reagire per due vie.
Innanzitutto proponendo una campagna elettorale nel merito delle questioni. Come dice il professore Luigi Ferrajoli, filosofo del diritto, «il vero tema del referendum sarà la natura del sistema politico italiano, se è destinato a restare un sistema parlamentare o a trasformarsi in un’autocrazia». Ammesso che non sia già peggio come dice Geminello Preterossi, filosofo della politica, secondo il quale «la democrazia è ancora sulla scena ma è ormai una maschera che copre un governo oligarchico». La campagna dunque si proverà a farla sui vari punti della riforma, dalla mancata elezione popolare dei senatori — che resta affidata a un meccanismo contraddittorio — al faticoso sistema di produzione delle leggi al neo centralismo del titolo quinto al tema delle garanzie ridotte e dei poteri concentrati sul governo.
Ma insieme alla campagna del comitato per il no — che proverà a raccogliere le 500mila firma dei cittadini anche se in Cassazione arriverà più svelta la richiesta di referendum presentata dai parlamentari — partirà una campagna per i referendum abrogativi di altre «riforme» che hanno segnato il biennio renziano. Già pronti due quesiti contro la legge elettorale, l’ultra maggioritario dell’Italicum è del resto la seconda gamba dell’involuzione istituzionale proposta dal governo. Probabili ma non ancora del tutto definiti i referendum contro il Jobs act e la legge sulla scuola, non si esclude un’identica iniziativa contro la nuova legge sulla Rai. «Se vogliamo bloccare il renzismo — spiega il costituzionalista Massimo Villone — dobbiamo ridisegnare il sistema che l’ha prodotto. Il parlamento rovinato da tre turni di Porcellum sarà devastato dall’Italicum, con quella legge elettorale servirebbe a poco bloccare la riforma costituzionale».
Dopo di che si tratta di mettere a punto uno stile di campagna elettorale. E il costituzionalista Gaetano Azzariti ripete da tempo che «non si può vincere il referendum in difesa». Intende che, tanto più in una situazione di grave crisi politica, la sinistra deve avere il coraggio di avanzare proposte radicali, come «il monocameralismo associato a una legge elettorale proporzionale» (idea che fu già della sinistra indipendente negli anni ottanta). Ma sarebbe anche da proporre una modifica profonda dei regolamenti parlamentari, per cancellare le strozzature dei tempi contingentati e a quel punto accettare di mettere un limite all’ostruzionismo fine a se stesso. Perché è vero, dice Azzariti, che il disegno di legge Renzi-Boschi ammazza il parlamento, «ma ci vuole poco a uccidere un uomo morto». a. fab.
Il caso sindaci per l’esordio di Si
«Annunci di adesione anche dall’ex Pd Corradino Mineo»
Sinistra italiana. Scintille Pisapia-Cofferati. Il sindaco: Sel rispetti i patti e sostenga Sala. L'ex pd: no, è di centrodestra. Zedda si schiera con il collega. Primo sondaggio su Fratoianni, per il 23% il nuovo segretario sarà lui. Oggi atteso «il passo a lato» di Vendola
di Daniela Preziosi il manifesto 21.2.16
La prima standing ovation della platea di Sinistra italiana è per un uomo del partito democratico. Ma quello «del popolo»: è l’anziano Ertugul Kurkcu, già presidente dell’Hdp. Sale sul palco e porta i saluti «del popolo curdo e del popolo turco». A Palazzo dei Congressi spunta la lacrima.
La seconda giornata di Cosmopolitica è quella delle tremila presenze, dei 24 tavoli, del parterre de roi dei costituzionalisti, delle assemblee su democrazia, scuola, ambiente e lavoro. Dell’esordio di Commo, la piattaforma digitale su cui Sel ha investito 60mila euro perché il nuovo soggetto abbia una «casa online». E che ieri, dice Roberto Iovino, «ha fatto mille iscritti nelle sue prime otto ore di vita».
Ma è anche la giornata dei botta e risposta fra ’big’. In mattinata arriva Giuliano Pisapia, il sindaco di Milano. Partecipa ai tavoli, ma sul nuovo partito la prende larga: «Sel è una parte importante della mia storia politica, ma sono qui per affetto. Per i prossimi quattro mesi continuerò a fare il sindaco». Il fatto è che qui, in molti, gli chiedono di mollare Sala. Lo ha fatto a più riprese Sergio Cofferati, già sindaco di Bologna e ora padre nobile della sinistra-sinistra genovese. Lo ha fatto Stefano Fassina, candidato a Roma, che pur avendo non poche gatte da pelare nella Capitale dice che «la priorità a Milano è unire le forze e recuperare la parte della città che non si riconosce in Sala». Pisapia incontra l’ex segretario della Cgil in un corridoio elo abbraccia con affetto. Ma ai cronisti risponde secco: «Sel sta ragionando. Ma ha fatto un patto di lealtà per le primarie: ha vinto Sala e ora saremo tutti in campo per sostenerlo sapendo che deve continuare un’esperienza di centrosinistra. Spero, e ne sono convinto, che Sel sia accanto a me». Si schiera con lui Massimiliano Smeriglio, vice di Nicola Zingaretti alla regione Lazio: «A Milano abbiamo accettato la sfida del popolo che decide. E il popolo ha deciso in maniera interessante, perché per Majorino e Balzani hanno votato più di 30mila persone. Non dobbiamo mantenere un patto con Sala ma con il nostro popolo». Poi sbotta: «Bisognerebbe avere più aderenza alle proprie biografie. E parlo di certi ex Pd che considerano tutto il campo di centrosinistra come destra. È paradossale». Il riferimento è proprio a Fassina e a Cofferati che, una volta usciti dal Pd, sono diventati i più combattivi sostenitori della rottura delle alleanze. Cofferati replica: «Sala è di destra. Cioè, di centrodestra», quindi «è un dovere» sfidarlo con un nome di sinistra. Per esempio Pippo Civati? Civati non è qui ma manda a dire: «Io non sono candidato. In ogni caso sarebbe il caso che Sinistra italiana si mettesse d’ accordo su una posizione».
Intanto dal Pd arriva il missile del vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini: «Dopo aver fatto vincere la destra in Liguria, Cofferati ci prova anche a Milano… non ci riuscirà». Replica di Cofferati: «La verita’ e’ che il Pd ha sbagliato candidato, ha lasciato che si inquinassero le primarie ed alle urne ha pagato il prezzo di aver amministrato male la Regione Liguria. Guerini finge di non ricordare le ingerenze della destra nelle primarie, ingerenze che io gli ho segnalato puntualmente».
Dice la sua, per la verità costretto dai cronisti, anche il sindaco di Cagliari, l’enfant prodige Massimo Zedda, che è di Sel ma è stato confermato anche dall’alleato Pd per il voto di giugno. Si schiera con Pisapia: «Se vince Sala, vince il centrosinistra che dimostra così di non essere morto ma poter ripartire dalle città. Alle comunali non ci può essere un dogma nelle alleanze, ma c’è una realtà molto variabile, legata come sempre alle singole realtà locali». Zedda, a differenza del sindaco uscente di Milano, si dichiara convintamente dentro il ’percorso’ di Sinistra italiana. Ma le differenze interne già si misurano. E solo un patto stretto nel nucleo fondatore del nuova cosa alla vigilia della kermesse tiene a bada i fuochi. Infatti è Nicola Fratoianni, leader in pectore della nuova forza politica, a incaricarsi di buttare otri d’acqua: «Nessun dramma, il partito non esiste ancora». Per questa semplice ragione fisica ancora non può dividersi. L’invito è a guardare oltre le comunali, come pure fa Alfredo D’Attorre: presto sarà lanciata la raccolta firme per tre referendum contro Jobs act, riforma della scuola, Italicum. Il 17 aprile il referendum sulle trivelle, poi a ottobre la «grande prova» del referendum costituzionale. Il congresso del nuovo ’partito oltre il partito’ arriverà solo a dicembre, se tutto va bene.
Ieri Fratoianni viene gratificato di un sondaggio commissionato da Huffington post. Alla domanda ’chi vorrebbe come segretario di Si’ ha raccolto il 23,08% delle preferenze, seguito da Fassina con il 15,38, da D’Attore con il 13,46. A Vendola — che oggi ’parlerà’ attraverso un video che conterrà l’annuncio di «un passo a lato» — solo l’11,54. Un ragguardevole 29,8% per cento risponde «nessuno di questi».
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Per il responsabile organizzazione di Sel, Peppe De Cristofaro, mettere in ordine l’elenco oratori per il gran finale di oggi è stata una faticaccia. Dal palco sono previsti trenta interventi, il video di Vendola e il saluto — scritto — di Maurizio Landini. Fra gli altri Luigi De Magistris e Leoluca Orlando, il segretario del Prc Ferrero. La deputata ex Pd Giovanna Martelli, già consigliera del governo per le pari opportunità, annuncerà un avvicinamento. Il senatore ex grillino Francesco Campanella, oggi nel misto con la casacca Altra Europa per Tsipras, l’ingresso in Sinistra italiana (malumori nell’Altra Europa che invece non entra nella nuova cosa). Annunci di adesione anche dall’ex grillino Fabrizio Bocchino e dall’ex Pd Corradino Mineo. Ci saranno Ilaria Cucchi e Luciana Castellina. E Gianni Cuperlo, che per essere qui si allontanerà dall’assemblea Pd: ma solo temporaneamente
Sinistra, duello sull’alleanza con il Pd
Pisapia: a Milano Sala va appoggiato, senza i dem perderemo le città. Cofferati: no, serve un’alternativa Guerini attacca l’ex leader della Cgil: ha già fatto vincere la destra a Genova. L’ex renziana Martelli va con Si L’appello alla minoranza di Bersani e Cuperlo: “Cosa ci fate ancora lì, venite con noi”
di Mauro Favale Repubblica 21.2.16
ROMA. Alleati col Pd o alternativi? In coalizione o avversari? Tra i marmi del palazzo dei Congressi dell’Eur, a Roma, Sinistra Italiana nasce a “geometrie variabili”, tra chi propende per un’intesa (i sindaci “arancioni” di Milano e Cagliari, Giuliano Pisapia e Massimo Zedda, il numero 2 della Regione Lazio, Massimiliano Smeriglio) e chi tifa per il divorzio (il coordinatore di Sel Nicola Fratoianni, Sergio Cofferati, i candidati a Roma e Torino, Stefano Fassina e Giorgio Airaudo). In una scenografia “povera” (un maxischermo, un palco, palloni rossi sospesi nel grande salone centrale, una sfilza di sedie per i 3.000 presenti e poi tavoli di lavoro in stile Leopolda) oggi si conclude la tre giorni di “Cosmopolitica”, costituente del nuovo soggetto che si farà partito soltanto a dicembre. E si chiude con un annuncio, un appello e un interrogativo non risolto.
L’annuncio è quello che riguarda le adesioni alla formazione che si propone di riunire le sigle a sinistra del Pd. Dai Dem arrivano la deputata Giovanna Martelli, già consigliera per le pari opportunità a Palazzo Chigi con Matteo Renzi, e il senatore Corradino Mineo, da tempo in rotta col suo ormai ex partito. A Palazzo Madama, sono previsti anche i passaggi di due ex M5S (poi “Altra Europa con Tsipras”), Francesco Campanella e Francesco Bocchino.
L’appello, invece, è quello che verrà rivolto alla minoranza Pd, qui rappresentata da Gianni Cuperlo. A lui, a Pierluigi Bersani, a Roberto Speranza si rivolgeranno gli ex Dem Fassina e Alfredo D’Attore, già accasati sotto il tetto di Sinistra italiana: «Cosa ci fate ancora lì? Il popolo della sinistra è qui con noi».
Si vedrà la risposta anche alla luce della questione politica che si porta dietro questo battesimo: si nasce avversari e alternativi al Pd? O pronti ad avere i Dem come interlocutori e alleati “naturali”? Il primo banco di prova sono le comunali di Milano dove Sel ha firmato la carta delle primarie e ora è decisa ad appoggiare Giuseppe Sala, il candidato Pd che a tanti dei presenti a palazzo dei Congressi non piace proprio.
Pisapia, arrivato ieri a Roma «con curiosità e affetto» verso il nascente partito avverte: «La coalizione di centrosinistra è l’unica in grado di vincere a Milano. Sel ha siglato un patto di lealtà che spero rispetti». A sentire Cofferati (che un anno fa denunciò brogli ai gazebo per la Regione Liguria e ruppe coi Dem), «chi ha firmato le primarie stia col Pd. Chi non l’ha fatto ha il dovere di presentare un’altra candidatura». «Dopo aver fatto vincere la destra in Liguria, Cofferati ci prova anche a Milano — risponde il vicesegretario Pd Lorenzo Guerini — non ci riuscirà». Ma con Cofferati si schiera D’Attorre: «Alcune forze come Sel credo che sosterranno Sala, altre daranno vita a una candidatura alternativa». «Sarebbe il caso che Si si mettesse d’accordo su una posizione», dice Pippo Civati che si tira fuori dal toto-candidature.
Oggi, però, dentro la “Cosa rossa” in transizione, vale il “liberi tutti” ma senza traumi e rotture. «Il partito ancora non esiste», dice Fratoianni. E fino al congresso di dicembre c’è tempo per ricomporre. Il discrimine sarà il voto al referendum costituzionale. Intanto però c’è quello nei comuni. E Zedda, in corsa per la riconferma a Cagliari col sostegno dei Dem, avvisa: «Dire oggi che qui facciamo un’alleanza contro il Pd è un errore».
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