giovedì 25 febbraio 2016

Sinistra Brioscina sta con Checco Varoufakis




A Madrid sinistre e movimenti europei per il Piano B contro la «debitocrazia»
Tre giorni di assemblea. A tutto campo in Europa contro l'austerità. Il giorno di mobilitazione comune sarà il 28 maggio, data simbolica della Comune di Parigi
di Eleonora Forenza il manifesto 25.2.16
La riapertura di una dimensione europea dei conflitti e dei movimenti: questo l’obiettivo della tre giorni di assemblea a Madrid (19–21 febbraio), Plan B, contro l’austerità per una Europa democratica. Rimettere in movimento la sinistra europea, partendo da una agenda condivisa di mobilitazione, con un esplicito richiamo all’esperienza dei Forum sociali europei che iniziò a Firenze nel 2002.
Il documento conclusivo “chiama” anche una data di mobilitazione europea, il 28 maggio, data simbolica della Comune di Parigi.
La tre giorni ha nominato le proprie «genealogie» e insieme condiviso un posizionamento radicato nel tempo presente, nel pieno di questa crisi-ristrutturazione capitalistica: la scelta dello spazio europeo come terreno del conflitto.
L’idea di Europa, dunque, come oggetto di una lotta per l’egemonia: tra il neoliberismo che ha distrutto la vecchia Europa del welfare e la democrazia reale, il nuovo che può nascere dalla riapertura di un processo di politicizzazione di massa.
la-sinistra
Se l’Europa è oggi lo spazio in cui tradurre nel presente la «rivoluzione in Occidente», il nodo della costituzione di una forza politica europea che modifichi gli attuali rapporti di forza è ineludibile.
Non si può parlare di una democratizzazione dell’Europa senza la costituzione di un demos in una lotta di liberazione dall’austerità e dalla governance dell’Ue neoliberista e dei suoi dispositivi. Né si può sovrapporre il nodo del potere e dei poteri – di cui i popoli europei sono progressivamente espropriati – con quello del governo, a maggior ragione nell’epoca della fine del compromesso tra capitalismo e democrazia determinata dal neoliberismo, carta costituzionale di questa Ue e dei suoi piloti automatici.
Nodo spinoso per la sinistra europea, a partire dalla Grecia e dalla Spagna, e per la sinistra italiana, che ha già ampiamente sperimentato le conseguenze dell’essere sinistra di governo senza «il potere di cambiare».
La proposta politica di Madrid mette al centro la lotta alla austerità e alla «debitocrazia» (Eric Toussant e Zoe Kostantopoulou tra gli interventi): l’audit sul debito sperimentato in Grecia dalla commissione parlamentare non solo non va interrotto ma va esteso almeno ai paesi del Sud.
In sintesi, il documento conclusivo ribadisce l’illegittimità del debito e la necessità della sua ristrutturazione; propone la disobbedienza ai trattati e il rifiuto di altri «sacrifici per l’euro».
Centrali la connessione con la mobilitazione contro i trattati di commercio (Ttip, Tisa, Ceta), come hanno ribadito John Hillary e Susan George, e la necessità della lotta alla xenofobia istituzionale della fortezza Europa.
Finalmente in un incontro della sinistra europea la prospettiva femminista è stata fondativa (e non solo uno specifico), con una propria agenda e trasversale a tutti gli assi di lavoro: autodeterminazione e autogoverno, partire dai corpi e dalle città resilienti (presenti le esperienze di Barcellona in comune e Valencia) per disegnare un’altra Europa.
A Madrid c’erano esponenti del Gue e della Sinistra Europea, (tra gli altr@, di Izquierda Unida, Podemos, Linke, l’Altra Europa), di realtà di movimento (da Blockupy ad Attac), rappresentanti di municipalità, ricercator@, attivist@. Tra i principali protagonisti anche Yanis Varoufakis, col suo progetto DiEm, lanciato a Berlino lo scorso 9 febbraio. Non c’era invece Melenchon anche se non sono mancati contributi alla discussione a partire dal manifesto parigino.
A Madrid, dunque, si è aperto un percorso unitario dal basso, di convergenza e connessione di diversi percorsi attivi sullo scenario europeo, che intende territorializzarsi.
Credo sia fondamentale costruire un percorso di continuità anche in Italia. Se la sinistra italiana non vuole rinchiudersi in un partito centrato sullo spazio nazionale e senza una prospettiva chiara sull’Europa, raccogliere la sfida aperta a Madrid è di fondamentale importanza.
La costruzione di una soggettività dell’alternativa in Italia non può non assumere la prospettiva europea come fondativa e quindi l’alterità, la rottura con le forze che sostengono l’UE neoliberista, comprese il Pse e il Pd: una sfida questa alla base dell’esperienza dell’Altra Europa.
Una sinistra politica e sociale che si ponga realmente il problema del cambiamento non può relegare il nodo della efficacia nel mantra della sinistra di governo, ma deve riattivare quel processo di politicizzazione di massa di cui lo spazio europeo – e in particolar modo quello italiano – ha un disperato bisogno.
Unire e connettere le diverse forme del fare politica e del fare società oggi è una sfida che non ammette scorciatoie politiciste o fintamente innovative; ma il lavoro difficile di unire ciò che il neoliberismo ha diviso è l’unica alternativa all’Europa della barbarie neoliberista. Madrid chiama Roma, stay tuned.
* Eleonora Forenza è parlamentare europea del gruppo GUE/NGL

Podemos rompe le trattative con il Psoe
Spagna. Il portavoce di Podemos: "L'accordo tra socialisti e Ciudadanos non è compatibile con noi"

il manifesto 25.2.16
 «L’accordo di Sánchez con Rivera non è compatibile con noi», Podemos ha deciso a sorpresa di rompere le trattative con il Psoe sulla possibile investitura, la settimana prossima, di Pedro Sánchez alla presidenza del governo. Motivo della rottura, il patto siglato martedì fra socialisti e il partito di centrodestra Ciudadanos. L’annuncio ha fatto quindi saltare la riunione a quattro prevista per ieri sera tra Psoe, Podemos e i suoi alleati valenziani di Compromís e Izquierda Unida,
È il portavoce di Podemos, Iñigo Errejón, a spiegare le ragioni dello strappo: Sánchez — ha detto — «ha frustrato una opportunità storica per milioni di spagnoli». Gli ha fatto eco il leader Pablo Iglesias: con l’accordo con Ciudadanos Sánchez «si è autoescluso». Anche il leader di Izquierda Unida Alberto Garzón ha respinto il patto siglato con Albert Rivera.
Ora, con l’appoggio solo di 130 deputati su 350 — i 90 socialisti e i 40 di Ciudadanos — l’investitura di Sánchez prevista per la settimana prossima andrà probabilmente fallita. Errejón ha lasciato comunque la porta aperta per tornare a negoziare con i socialisti, ma dopo il 5 marzo, una volta fallito il primo tentativo.

La difficile alleanza Sanchez e Ciudadanos
di Aldo Cazzullo Corriere 25.2.16
E così, dopo giorni di trattative per un governo «pueblo unido» con Podemos, il premier incaricato Pedro Sánchez ha annunciato a sorpresa l’accordo con il borghese Alberto Rivera. I socialisti rinunciano alla scorciatoia populista e stringono un’alleanza con Ciudadanos, la formazione liberale che ha raccolto soprattutto i voti dei delusi dalla destra. «Abbiamo ceduto perché vincano tutti gli spagnoli» ha commentato Sánchez .
Nulla è concluso. Non è affatto detto che Psoe e Ciudadanos riescano a fare un governo. Occorre l’astensione del Partido Popular — in piena rivolta contro il premier uscente Mariano Rajoy — o appunto di Podemos. Furibondo, Pablo Iglesias ha subito giurato che non sosterrà mai l’«operazione neocentrista». Si è sentito scavalcato, ma in realtà aveva alzato troppo la posta: oltre alla vicepresidenza per sé e al controllo dei servizi segreti, ha insistito nel chiedere un referendum sull’indipendenza della Catalogna «e di tutte le regioni che ne facciano vivamente richiesta». Una condizione inaccettabile per il Psoe, forte soprattutto nelle regioni più povere del Paese, Estremadura e Andalusia; su 90 deputati socialisti 22 sono andalusi.
Le trattative Sánchez-Rivera sono durate quasi un mese, sottotraccia, spesso con incontri segreti. Ognuno ha ottenuto qualcosa: i socialisti, una riforma del mercato del lavoro per combattere la precarietà; i Cittadini, una riforma costituzionale per alleggerire il peso della politica sulla società, rendere la magistratura indipendente dal potere centrale, abolire le province. Ora l’accordo passa al vaglio del Parlamento: alla prima votazione del 2 marzo Sánchez dovrà avere la maggioranza assoluta (impossibile), alla seconda del 5 marzo gli basterà la maggioranza relativa: difficile. Però Madrid ha bisogno di un governo, per reggere l’urto del nuovo esecutivo catalano, lanciato verso la secessione. Le coalizioni non fanno parte della cultura politica spagnola. Sánchez e Rivera almeno ci stanno provando. Popolari e Podemos per il momento restano a guardare.  

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