L’accusa del segretario: qualcuno vuole lo sfascio
Il piano delle liste arancioni da affiancare ai candidati sindaci di Maria Teresa Meli Corriere 11.3.16
ROMA Miracoli renziani: il presidente del Consiglio è riuscito a mettere insieme Walter Veltroni, Massimo D’Alema, Pier Luigi Bersani, Achille Occhetto e Antonio Bassolino. Tutta gente che si prende poco, che ha litigato e che, in alcuni casi, non si parla addirittura da anni.
Ma due cose accomunano queste figure: l’aver fatto parte del vecchio Pci e l’avversione maturata in questo periodo nei confronti del segretario- premier. C’è Veltroni, per esempio, che si tiene lontano dalla politica, ma se qualche vecchio amico gli chiede di Renzi, risponde così: «Non se ne può più». E c’è D’Alema, secondo il quale il leader del Partito democratico «è un pericolo per la democrazia».
Poi c’è Bassolino, profondamente «offeso» perché «Matteo non ha fatto nemmeno un gesto nei miei confronti». E c’è pure l’ottantenne Occhetto, che parla male di tutti questi esponenti del Partito democratico, ma se sente nominare il presidente del Consiglio gli viene il fumo agli occhi.
Infine, c’è Bersani, che in un’intervista al Corriere della Sera è stato gelido con il candidato ufficiale del partito a Roma, Roberto Giachetti, mentre ha mostrato una certa simpatia per l’eventuale discesa in campo dell’ex ministro ai Beni culturali, Massimo Bray. Cosa che, come era ovvio, non è piaciuta al premier. Che ha deciso di prendere le sue contromisure e di passare all’offensiva.
Domenica, infatti, Renzi farà un discorso alla scuola dei giovani democratici sulle primarie e sui rapporti interni al partito. E lì, assicurano i renziani, «interverrà pesantemente», perché si è stufato delle polemiche quotidiane della minoranza.
Con i collaboratori il presidente del Consiglio è stato esplicito: «Il Paese è altrove e i soliti si impegnano in ridicole divisioni correntizie. Giocano al tanto peggio, tanto meglio e sanno solo parlare male di me, del partito e del governo. Non hanno un obiettivo politico, non hanno un progetto alternativo, non hanno il leader, non hanno i numeri. Il loro obiettivo è solo lo sfascio, la sconfitta del Partito democratico alle elezioni amministrative».
Poi, pubblicamente, il presidente del Consiglio si è espresso così: «La politica politicante, quella che è sui giornali e nei programmi televisivi, le discussioni interne tra i partiti e tra gli addetti ai lavori, sono tutte cose che agli italiani non interessano. Mentre i soliti vivono di polemiche, noi ci occupiamo delle cose concrete». Ma in realtà l’attenzione di Renzi e dei suoi uomini è rivolta anche al Pd. C’è la «pratica Bassolino» da sistemare. Raccontano che il vicesegretario Lorenzo Guerini, che ha l’animo del mediatore, si stia dando da fare per tentare un incontro di riappacificazione tra il premier e l’ex sindaco di Napoli. Ci riuscirà?
E poi ci sono le elezioni. Nel quartier generale renziano si studia come evitare che il fiorire delle candidature a sinistra e la polemica continua della minoranza interna possano nuocere e influire negativamente sul risultato delle Amministrative. Perciò ci si sta muovendo anche a sinistra.
Il che significa che sia a Milano che a Roma i candidati del Partito democratico dovrebbero essere affiancati da liste di sinistra. Quella arancione nel capoluogo lombardo, che verrà presentata nonostante il forfait di Francesca Balzani e un’altra formazione simile nella Capitale, a sostegno di Roberto Giachetti. Ciò comporterà, inevitabilmente, la spaccatura di Sel che, a Roma come a Milano, non è tutta allineata e coperta con i vertici nazionali. Una parte di quel movimento, infatti, vorrebbe allearsi con il Pd.
Ma anche nella sinistra interna del Partito democratico qualcosa si sta muovendo. La componente di minoranza che fa capo a Gianni Cuperlo ieri ha preso le distanze dai bersaniani, presentando un documento che è un appello all’unità nel tentativo di rilanciare il Pd. Su questo punto Cuperlo è stato molto chiaro: «Noi siamo leali», ha ripetuto più volte nel corso di una conferenza stampa. E poi ha precisato: «Non vogliamo lasciare nessun margine all’ambiguità». Cosa che, invece, secondo i renziani, Pier Luigi Bersani ha ampiamente fatto nell’intervista al Corriere .
Cuffaro: “Il Pd è la nuova Dc, la minoranza sarà spazzata via. Ma a Roma attenti alla Raggi”
L’ex governatore siciliano: destra e sinistra mi chiedono di tornare intervista di Giuseppe Alberto Falci La Stampa 11.3.16
Dica la verità è riuscito a condizionare perfino le primarie di Napoli? Giorgio Ariosto, uno di quelli che distribuiva monetine ai seggi, era un cuffariano. «Non so chi sia questo Ariosto. Dicono che sia cuffariano ma io non lo conosco. In ogni caso a Napoli avrei fatto votare per Bassolino». Di passaggio a Roma per la presentazione di un libro che ripercorre le sue vicissitudini giudiziarie, l’ex presidente della Regione Sicilia, uscito dal carcere a dicembre dopo aver scontato quasi cinque anni di pena per favoreggiamento a Cosa Nostra, nonostante tutto è ancora amato dai suoi elettori. «Sono più popolare di Berlusconi. Non pensavo che il carcere mi desse questa notorietà». Cuffaro si è spogliato degli abiti dei parlamentari, e veste come un turista in visita nella Capitale. Una camicia, un pullover e un paio di jeans. Lo ferma perfino Maria Pia Garavaglia, ex senatrice Ds, che lo stringe forte e gli augura buona fortuna.
È tornato in Sicilia o si è nuovamente trasferito a Roma?
«Frequento saltuariamente la Capitale. Ormai vivo nella mia campagna di San Michele di Ganzaria in provincia di Catania. Lì mi diverto e sto a contatto con la natura. Mi prendo cura delle mie galline».
Ha proprio deciso di lasciare politica?
«Tutti mi hanno chiesto di scendere in campo. Da destra a sinistra. Per adesso però non ne ho voglia».
In realtà, lo ammetta, sta preparando il suo ritorno in grande stile?
«In effetti sono ancora ben voluto. Qualche volte mi diverto a far litigare i leader».
Più che litigare stava provocando la scissione nel Pd...
«Tutti pensano che i miei ex fedelissimi stiano andando da Renzi. In verità, quando chiusi con la politica a causa della condanna, i miei amici si riposizionarono nel Pd di Pier Luigi Bersani.
Le truppe dell’ex segretario negano. Alzano le spalle.
«Le faccio un esempio, l’attuale segretario del Pd di Palermo, Giuseppe Bruno, era già andato lì ai tempi di Bersani. Per non parlare del Pd in giunta con Lombardo. Quasi tutti gli assessori, compreso il magistrato Caterina Chinnici (oggi europarlamentare del Pd n.d.r), erano in gran parte amici miei».
Il suo nome continua a dividere.
«E mi sorprendo anche io. Ma può dividersi un grande partito come il Pd su una minchiata detta da Cuffaro?».
Quale sarà il futuro del Pd?
«Se Renzi vince il referendum costituzionale, anticiperà le elezioni e farà un listone del partito della nazione. Si farà l’80 per cento dei gruppi parlamentare a trazione renziana. E non gliene fregherà più nulla dei Bersani e degli Speranza».
Secondo lei Verdini confluirà nel nuovo partito di Renzi?
«Verdini è la vera novità della politica italiana. È come se il numero 10 del Milan passasse con l’Inter. Ormai è chiaro che il Pd è un’altra cosa. La metamorfosi si compirà con le elezioni. È fisiologico che sia così. Cosa ci sta attorno a Renzi? Guerini era nella direzione della Dc. I Boschi sono una famiglia targata Dc. Se tu sei culturalmente nato e cresciuto dentro uno spazio culturale, quell’idea culturale te la porti dentro».
A proposito della Capitale, chi vincerà le elezioni amministrative?
«Virginia Raggi mi sembra un’ottima candidata. Questa ragazza dei cinquestelle suscita molto interesse. C’è una città incazzata che ha voglia di punizione. Può succedere di tutto anche che i cinquestelle vincano al primo turno».
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