Gaetano Azzariti: Contro il revisionismo costituzionale. Tornare ai fondamenti, Laterza
Risvolto
In Contro il revisionismo costituzionale Gaetano Azzariti
affronta la questione della trasformazione dei concetti, delle
categorie, delle credenze che hanno attraversato il movimento storico
del costituzionalismo moderno per chiedersi: qual è oggi il valore dei
suoi principi fondanti? La democrazia e la Costituzione sono in crisi?
Da tempo il pensiero critico sembra aver perso la propria radicalità,
schiacciato dal peso del presente. Le nostre sofferenti democrazie
costituzionali devono essere ricostruite, non nichilisticamente
abbandonate o allegramente disattese.
Intervista al costituzionalista della Sapienza: "Quattro punti critici"
Una Carta per arginare il dominio dell’«economico»
SAGGI. «Contro il revisionismo costituzionale» di Gaetano Azzariti per Laterza. Le proposte di modifica della Costituzione riflettono la fragilità della «Politica» di fontre il mercato
Michele Prospero Manifesto 11.3.2016, 0:12
Il revisionismo costituzionale, contro cui si scaglia il libro di Gaetano Azzariti, è una vera e propria ondata reazionaria prodotta da una ventennale retorica del nuovo (Contro il revisionismo costituzionale, Laterza, pp. 260, euro 22). Dal trionfante culto della semplificazione, che si inebria attorno alle narrazioni di un capo, scaturisce una trasfigurazione della democrazia, sempre più impoverita e irriconoscibile. I poteri perdono l’incastro che li rende controllabili, coordinati nelle loro funzioni, e i diritti evaporano in uno svuotamento di senso.
Il revisionismo è quindi la produzione di cose vecchie (varianti postmoderne dello Stato monoclasse) con il mantra del nuovo (banalizzazione delle questioni istituzionali). Lo sforzo del saggio è di andare alla radice del nesso perduto tra costituzionalismo, democrazia e lavoro per «ri-declinare la modernità del diritto». Le grandi categorie giuridiche (eguaglianza, cittadinanza, rappresentanza, libertà) rinviano al ruolo costruttivo del conflitto entro le società plurali.
Un assunto cardine nel libro è, infatti, che «il conflitto è un valore che la nostra storia costituzionale ha elevato a principio di legittimazione del cambiamento». Con la fine del grande conflitto, l’ordinamento si trova senza fondamenti. La sconfitta del lavoro conduce alla scomposizione del soggetto sociale e quindi alla inesorabile rimozione della base materiale dell’età dei diritti. La distruzione creatrice del capitale coinvolge così anche le forme della politica e del diritto costituzionale che sono smantellate come vecchie incrostazioni che ostacolano l’efficienza dei mercati.
L’autonomia perduta del lavoro
Al centro della riflessione di Azzariti sulla democrazia costituzionale c’è la triade diritto-politica-società. I diritti sono cioè anche poteri e rinviano al rapporto di forza che si stabilisce tra le classi sociali. Finché il lavoro mantiene una propria salda soggettività politica, permane anche il fondamento del costituzionalismo. Con la perdita di autonomia politica del lavoro si decompone il soggetto sociale, frana la trama politica della democrazia e «la lex mercatoria diventa il paradigma sul quale si costituiscono i nuovi scenari costituzionali». La deposizione del lavoro come sovrano nella costituzione economica e l’innalzamento della concorrenza a cardine dell’ordinamento ha effetti laceranti.
Il capitale, secondo l’analisi proposta nel saggio, impone una sorta di «costituzionalizzazione della crisi», in virtù della quale la lex mercatoria e la sostanza immateriale della globale potenza finanziaria assumono una valenza superiore alla costituzione. Alla potenza materiale del lavoro, che reggeva diritti e piccole libertà solidali, si sostituisce la potenza immateriale del capitale, che impone il dominio dell’economico come parametro del pubblico ormai privatizzato. La vocazione totalitaria – come la chiama Azzariti – del neoliberismo, innalza la concorrenza a unico principio organizzativo della vita, sprigionando così le tendenze autodistruttive del capitale.
Le risposte teoriche e politiche che sinora sono state abbozzate contro «un assolutismo ideologico neoliberista» non paiono risolutive. La coltivazione di «una via giurisdizionale alla realizzazione dei diritti fondamentali» secondo Azzariti non coglie il significato costruttivo dell’incontro del disegno costituzionalista con la politica e quindi con il conflitto entro società pluraliste. Al pari della via giudiziaria per i diritti, inadeguata gli pare anche la risposta della microfisica del potere che esalta «la moltitudine disarmata» e insegue un «indeterminato potere costituente». Il primato del conflitto e della politica non significa indifferenza per le forme e i diritti perché «oltre il limite delle costituzioni vi sono solo poteri selvaggi». La triade diritto-politica-società va articolata con efficacia.
Non meno impolitico della retorica dei diritti che scavalca il conflitto e la politica si conferma il proposito di recuperare il sovrano unico, la decisione creatrice di ordine. Queste suggestioni tardo-decisionistiche, secondo Azzarti, ignorano la fine del «monopolio statocentrico della produzione normativa». E quindi trascurano che non esiste una decisione risolutiva espressa di una sola autorità sovrana che sia «in grado di costituire o ricomporre l’unità dell’ordine sociale». Il recupero della costruttività del politico non può essere realisticamente sganciato dal disegno di riformulare su nuove basi l’incontro di democrazia e costituzione. La convinzione del libro è che la costituzione come argine al puro momento di dominio prevalente nel mercato ha bisogno di rapporti di forza favorevoli nella società e nella politica, altrimenti il mercato abolisce i soggetti della mediazione e invoca la personalizzazione della politica per chiudere i giochi a suo favore.
Se l’appannamento del conflitto e la disarticolazione della rappresentanza con miraggi carismatici o suggestioni identitarie pongono la costituzione senza soggetto, una strategia alternativa alla crisi della democrazia deve puntare ad agganciare diritti e forze sociali, a riattivare il «triangolo della rappresentanza» con il circuito elettori-partiti-parlamento. Nel disegno proposto nel volume, per la riqualificazione democratica dell’ordinamento, centrale è il rilancio della rappresentanza, quale luogo del plurale, ancoraggio conflittuale.
I vuoti corposi del presente
Ciò impone una ferma opposizione allo snaturamento sistemico in atto che tramuta il parlamento in sede di approvazione passiva a colpi di voti di fiducia, cambia i deputati in docili truppe nominate e disciplinate, sia pure in un quadro di endemico transfughismo. Azzariti è contrario alla riesumazione di forme di procura civilistica, di vincolo privatistico. Il mandato imperativo «appare inconciliabile con un contesto di democrazia pluralista», e con le sue rigidità la revoca finisce per aggredire la dimensione autonoma della rappresentanza plurale.
Il maggiore nemico del revisionismo costituzionale si rivela la sua appurata inefficacia. Il suo cammino è stato connotato, non a caso, da vent’anni di fallimenti nel funzionamento del sistema politico approdato ad un paralizzante «tripolarismo asimmetrico». Il paradosso estremo che accompagna il successo del revisionismo è di determinare, come nota Azzariti, «una politica vuota a fronte di una società vuota». Cioè la conseguenza estrema del revisionismo trionfante è un nichilismo distruttivo che finisce per negare qualsiasi base del potere legittimo. Contro questo corposo vuoto che sbrana politica e società il costituzionalismo democratico è un progetto per ripartire.
Appello per la Costituzione
Un
Referendum cruciale per bocciare le modifiche alla Carta e alla legge
elettorale. La prima battaglia è su informazione e conoscenza della
campagna
il manifesto e Il Fatto 9.11.16
Manca ormai solo il voto della Camera, ad
aprile, per l’approvazione di una revisione costituzionale che riduce il
Senato a un’assemblea non eletta dai cittadini e sottrae poteri alle
Regioni per consegnarli al governo, mentre scompaiono le Province.
Potevano essere trovate altre soluzioni, equilibrate, di modifica
dell’assetto istituzionale, ascoltando le osservazioni, le proposte, le
critiche emerse perfino nel seno della maggioranza. Si è preferito
forzare la mano creando un confuso pasticcio istituzionale, non privo di
seri pericoli.
La revisione sarà oggetto di referendum popolare
nel prossimo autunno, ma la conoscenza in proposito è scarsissima. I
cittadini, cui secondo Costituzione appartiene la sovranità, non sono
mai stati coinvolti nella discussione. Domina la scena la voce del
governo che ha voluto e dettato al Parlamento questa deformazione della
Costituzione, che viene descritta come passo decisivo per la
semplificazione dell’attività legislativa e per il risparmio sui costi
della politica: il risparmio è tutto da dimostrare e la semplificazione
non ci sarà. Avremo invece la moltiplicazione dei procedimenti
legislativi e la proliferazione di conflitti di competenza tra Camera e
nuovo Senato, tra Stato e Regioni.
Il risultato è prevedibile:
sono ridotte le autonomie locali e regionali, l’iniziativa legislativa
passa decisamente dal Parlamento al governo, in contraddizione con il
carattere parlamentare della nostra Repubblica, e per di più il governo
non sarà più l’espressione di una maggioranza del paese. Già l’attuale
parlamento è stato eletto con una legge elettorale definita Porcellum.
Ancora di più in futuro: con la nuova legge elettorale (c.d. Italicum) –
risultato di forzature parlamentari e di voti di fiducia – una
minoranza, grazie ad un abnorme premio di maggioranza e al ballottaggio,
si impadronirà alla Camera di 340 seggi su 630.
Ridotto a
un’ombra il Senato, il Presidente del consiglio avrà il dominio
incontrastato sui deputati in pratica da lui stesso nominati. Gli organi
di garanzia (Presidente della Repubblica, Corte Costituzionale, Csm) ne
usciranno ridimensionati, o peggio subalterni. Se questa revisione
costituzionale sarà definitivamente approvata la Repubblica democratica
nata dalla Resistenza ne risulterà stravolta in profondità. E’
gravissimo che un
Parlamento eletto con una legge giudicata
incostituzionale dalla Corte abbia sconvolto il patto costituzionale che
sorregge la vita politica e sociale del nostro paese.
Nel deserto
della comunicazione pubblica e con la Rai sempre più nelle mani del
governo, chiediamo a tutte le persone di cultura e di scienza di
esprimersi in un vasto dibattito pubblico, anzitutto per informare e poi
per invitare i cittadini a partecipare in tutte le forme possibili per
ottenere i referendum, firmando la richiesta, e per bocciare con il voto
nei referendum queste pessime leggi. Sentiamo forte e irrinunciabile il
compito di costruire e diffondere conoscenza per giungere al voto con
una piena consapevolezza popolare, prima nel referendum sulla
Costituzione e poi nei referendum abrogativi sulla legge elettorale. Per
ottenere questi referendum sulla Costituzione e sulla legge elettorale
occorrono almeno 500.000 firme, per questo dal prossimo aprile vi
invitiamo a sostenere pienamente questo impegno.
Facciamo appello a
tutte le persone di buona volontà affinché diano il loro contributo
creativo a questo essenziale dovere civico.
Le firme: Nicola
Acocella, Marco Albeltaro, Vittorio Angiolini, Alberto Asor Rosa,
Gaetano Azzariti, Michele Bacci, Andrea Bajani, Laura Barile, Carlo
Bertelli, Francesco Bilancia, Franco Bile, Sofia Boesch, Ginevra
Bompiani, Sandra Bonsanti, Mario Bova, Giuseppe Bozzi, Alberto
Bradanini, Alberto Burgio, Maria Agostina Cabiddu, Giuseppe Campione,
Luciano Canfora, Paolo Caretti, Lorenza Carlassare, Loris Caruso,
Riccardo Chieppa, Luigi Ciotti, Pasquale Colella, Daria Colombo, Michele
Conforti, Fernanda Contri, Girolamo Cotroneo, Nicola D’Angelo, Claudio
De Fiores, Claudio Della Valle, Ida Dominijanni, Angelo D’Orsi, Roberto
Einaudi, Vittorio Emiliani, Luigi Ferrajoli, Gianni Ferrara, Vincenzo
Ferrari, Maria Luisa Forenza, Patrizia Fregonese, Mino Gabriele, Alberto
Gajano, Giuseppe Rocco Gembillo, Roberto Giannarelli, Paul Ginsborg,
Antonio Giuliano, Fabio Grossi, Riccardo Guastini, Monica Guerritore,
Elvira Guida, Leo Gullotta, Alexander Hobel, Elena Lattanzi, Paolo Leon,
Antonio Lettieri, Rosetta Loy, Paolo Maddalena, Valerio Magrelli,
Fiorella Mannoia, Maria Mantello, Ivano Marescotti, Annibale Marini,
Anna Marson, Federico Martino, Enzo Marzo, Citto Maselli, Stefano
Merlini, Gian Giacomo Migone, Giuliano Montaldo, Tomaso Montanari, Paolo
Napolitano, Giorgio Nebbia, Guido Neppi Modona, Diego Novelli,
Piergiorgio Odifreddi, Massimo Oldoni, Moni Ovadia, Alessandro Pace,
Valentino Pace, Antonio Padellaro, Giovanni Palombarini, Giorgio Parisi,
Gianfranco Pasquino, Valerio Pocar, Daniela Poggi, Michele Prospero,
Alfonso Quaranta, Antonella Ranaldi, Norma Rangeri, Ermanno Rea,
Giuseppe Ugo Rescigno, Marco Revelli, Stefano Rodotà, Umberto Romagnoli,
Gennaro Sasso, Vincenzo Scalisi, Giacomo Scarpelli, Silvia Scola,
Giuseppe Sergi, Tullio Seppilli, Toni Servillo, Salvatore Settis,
Armando Spataro, Mario Tiberi, Alessandro Torre, Nicola Tranfaglia,
Marco Travaglio, Nadia Urbinati, Gianni Vattimo, Daniele Vicari, Massimo
Villone, Maurizio Viroli, Mauro Volpi, Roberto Zaccaria, Gustavo
Zagrebelsky, Alex Zanotelli
4 commenti:
Definire Azzariti "leone del giorno dopo" mi sembra quantomento ingiusto. Sono anni che scrive di queste cose e in questi termini. Sull'attuale revisione costituzionale è stato critico fin dall'inizio, sulla stampa e nelle audizioni di fronte al Parlamento. O no? Tempo fa, se non ricordo male, sulla pagina fu pubblicata una nota sulla difesa della Costituzione vigente come ultima barriera. Gli appelli potranno anche essere sterili esercizi per radunare vecchi amici, ma sono pur sempre una forma per coagulare conoscenze e intelligenze. Da uno di questi appelli è nato proprio il Comitato per il No al referendum costituzionale... Giovanni Ticinese
L'appello è stato sottoscritto da tanti "primi firmatari" che non possono vantare il tempismo di Azzariti e che sono stati fiancheggiatori o alleati del PD anche quando il PD aveva già chiaramente manifestato la propria natura nociva per la democrazia moderna e che tuttora caldeggiano un'ipotesi centrosinistra.
Non credo che queste figure porteranno bene alla causa referendaria.
Quello che dice è vero. L'accostamento tra il titolo della nota e il libro di Azzariti poteva comunque lasciar trasparire quell'interpretazione. In ogni caso, se davvero la causa referendaria è così determinante, realisticamente un allargamento dello schieramento contrario alla riforma non è comunque un dato positivo? Che alla battaglia per il No partecipino anche gruppi politici per altri versi distanti, il M5S, la Lega, FI etc. può essere un vantaggio o no? Io direi di sì (anche se i favorevoli cercheranno di presentare i contrari come un'accozzaglia tenuta insieme soltanto dalla contrarietà al Governo Renzi, il che peraltro non sarebbe nemmeno una cosa del tutto da disprezzare a mio avviso). Giovanni Ticinese
Non so, io sono molto pessimista. Chi è seriamente preoccupato è privo di motivazioni. Rimane solo questa compagnia di giro di firmatori di appelli che non porta un solo voto.
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