domenica 13 marzo 2016
I nipotini di Umberto Eco: il giallo storico come pastiche letterario postmoderno di consumo
Ovviamente Il nome della rosa è una macchina narrativa di un'altra categoria [SGA].
Quando l’indagine si fa dura, Freud e Dante cominciano a indagare
Non conosce confini la moda dei personaggi reali arruolati come detective in gialli fantastorici. Il padre della psicoanalisi tra i più gettonati, con il Sommo Poeta. Ma anche Aristotele, Archimede, Leonardo, Machiavelli, Giordano Bruno, Artusi
Mario Baudino Busiarda 13 3 2016
Riecco il dottor Freud, armato delle sue teorie psicanalitiche, che fumando come una vaporiera una quantità preoccupante di sigari piomba nel cuore della cristianità. A Roma, in Vaticano, invitato dal Papa (non è neppure un anno giubilare). È pilotato da Carlo M. Martigli, che pubblica per Mondadori La scelta di Sigmund, il suo ultimo giallo di taglio fantastorico, mettendo fronte a fronte un Papa tutto sommato «progressista» e un ebreo ateo un pochino conquistato e un pochino intimidito, chiamato a risolvere un complicatissimo caso di probabile omicidio, o diciamo induzione al suicidio, a sfondo sessuale.
Ogni riferimento a papa Bergoglio dovrebbe essere puramente casuale, ma non così quelli al simpatico medico viennese, per il quale la veste di indagatore non è affatto peregrina, visto il suo comprovato amore per Sherlock Holmes. Lo ricorda nelle memorie uno dei suoi pazienti più famosi, «l’uomo dei lupi», che anzi osservò come il Maestro leggesse Conan Doyle con una passione ben maggiore di quella che riservava a Dostoevskij. Freud è del resto nella narrativa di genere è uno dei più vistosi emblemi del personaggio storico trasformato in detective. Ma ha innumerevoli fratelli dall’antichità più remota ai giorni nostri, una tribù di sapienti che come per un giudizio universale ma pur sempre «dedicato» si affollano da qualche anno in libreria e nei supermercati.
Libri e film
Non è la prima volta che indossa questi panni. Si ritrovò protagonista di un giallo popolarissimo come La soluzione sette per cento di Nicholas Meyer, divenuto film di successo nel lontano ’76 (tradotto da Rizzoli in quello stesso anno): dove su richiesta di Watson si occupò proprio di Sherlock Holmes, scoprendo il trauma che lo aveva portato alla dipendenza da cocaina (un feroce omicidio in famiglia). Ma anche di un curioso thriller di Jed Rubenfeld, L’interpretazione della morte (Rizzoli, 2007), ambientato durante il suo viaggio in America.
Il padre della psicanalisi può vantare qualche primato nella classifica dei detective: forse lo supera il solo Dante Alighieri, che ha concentrato le sue molte apparizioni in un lasso di tempo più breve, almeno in Italia con i romanzi di Giulio Leoni (Mondadori e l’ultimo, La sindone del diavolo, editrice Nord). All’estero l’uso di Dante è un poco diverso. Il padre della lingua italiana è piuttosto il motore non del tutto immobile di delitti e indagini la cui chiave è riconducibile ai suoi testi, come in Il circolo di Cambridge, bestseller del 2007 scritto da Fernando Llobera (Piemme) o La trappola di Dante di Arnaud Delalande (Nord, stesso anno). Il vero protagonista, più che il poeta, è però il suo Inferno. Accade nel 2003 nel Circolo Dante di Matthew Pearl (Rizzoli) e ancor di più - ma qui è quasi co-protagonista - nel Nick Tosches di La mano di Dante, nel 2002 (Mondadori).
Il lubrificante narrativo
Va detto che negli ultimi due casi siamo a romanzi con orizzonti decisamente letterari, come del resto, per tornare da noi, Le terzine perdute di Dante di Bianca Garavelli (Rizzoli, 2012): e questo rischia di portarci fuori strada, perché il «sottogenere» del giallo con detective storico ha le sue regole (per esempio, pochi fronzoli e molta ambientazione storica, il più possibile accurata). C’è persino una certa esibita erudizione, che funziona un po’ come un lubrificante narrativo. Ma resta il fatto che questo particolare detective sembra promettere interessanti orizzonti di gloria, soprattutto sul mercato.
È il nuovo eroe, dalle mille incarnazioni. L’unico obbligo è quello di non essere troppo vicino alla nostra contemporaneità. Freud in questo è perfetto, e lo è anche il Pellegrino Artusi di Marco Malvaldi, che indaga in Odore di chiuso (Sellerio, 2011), senza dimenticare Antoni Gaudí, l’architetto della Sagrada Familia, detective per caso in Il segreto di Gaudí, di Daniel Sànchez Pardos (uscito a gennaio per Corbaccio). Non è però questione di secoli, ma di sopravvivenza in primo piano sui libri di storia. Così Aristotele, il maestro di Dante, si è dato molto da fare nei romanzi pubblicati da Sellerio della canadese Margareth Doody, studiosa serissima che fu tra i primi autori ad avventurarsi su questo terreno.
Dall’antica Roma alla Cina
Sono tornati anche filosofi assai meno noti e all’opera un po’ dovunque, ma su tutti svetta Archimede nei gialli di Annalisa Stancanelli (editi da Melino Nerella e da Youcanprint), o di Pitagora - nel ruolo di vittima - con l’appena tradotto Assassinio di Pitagora dello spagnolo Marcos Chicot (Salani). Non fanno eccezione - anche se con opere meno note - la Roma imperiale, né l’antica Cina. Il Medioevo è presidiato da Dante, ma anche da Machiavelli (in due gialli del fiorentino Leonardo Gori editi da Giunti) o Giordano Bruno (La questione del metodo, del francese Jacques Bonnet, Ponte alle Grazie, 2011).
Siamo ormai nell’età moderna: con Leonardo da Vinci. Il genio toscano indaga in un giallo di Guillaume Prévost ambientato nella Roma del Rinascimento: I sette delitti di Roma (Sellerio). Tradotto nel 2003, è però del 2000, una data cardine: perché il detective storico - e famoso -, benché si sia annunciato nel Novecento, è diventato una figura altamente simbolica solo del nuovo secolo, cui appartengono quasi tutti i romanzi del nuovo «sottogenere».
Un’isola dei famosi
Chiedersene il motivo sarebbe forse ozioso, ma non inutile; è possibile qualche ipotesi, per esempio che nella società dello spettacolo e dell’intrattenimento il detective storico è un personaggio noto, anzi già noto, e quindi indiscutibile. I romanzi in cui appare descrivono un perimetro molto famigliare, un’isola dei famosi, e per di più culturalmente presentabile. Si potrebbe pensare che abbia una sua stretta parentela con il nuovo modo di vivere la rete (non solo per la maggiore facilità di documentazione preventiva da parte degli scrittori); oppure che sia una creatura dell’età di Wikipedia; o un tardivo dono, forse non senza una componente di vendetta, da parte della storia. Che da maestra di vita, come si diceva al liceo, inebriata di cultura pop si è fatta maestra del fantasticare.
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