La Russia alla mobilitazione Esercitazioni e scorte di cibo
mercoledì 12 ottobre 2016
Imperialismo oggi: la Russia espulsa dallo spazio sacro della libertà
La Russia alla mobilitazione Esercitazioni e scorte di cibo
Il Cremlino invita la popolazione a prepararsi allo scontro con l’Occidente Intanto Putin annulla la visita a Parigi. Boris Johnson: «Uno Stato paria»
di Fabrizio Dragosei Corriere 12.10.16
MOSCA
L’amministrazione del quartiere Kuzminki, nella periferia sud di Mosca,
ha rotto gli indugi e ha già lanciato una raccolta di fondi tra gli
abitanti per costruire un nuovo rifugio anti-atomico: «Ogni contribuente
avrà un pass nominativo per entrare. Affrettatevi, i posti sono
limitati». La psicosi di un possibile imminente conflitto con
l’Occidente sembra essersi impadronita della Russia anche se, per
fortuna, le cose non sono a questo punto, nonostante la fortissima
tensione.
Vladimir Putin ha annullato ieri il suo viaggio a Parigi
dopo la scaramuccia verbale con François Hollande, seguita al veto
russo sulla risoluzione all’Onu riguardante la Siria. Prima Angela
Merkel aveva parlato di possibili nuove sanzioni contro Mosca per il suo
comportamento in Siria e nell’Europa del Nord (missili Iskander, voli
continui di bombardieri). È intervenuto anche il ministro degli Esteri
britannico Boris Johnson che ha usato parole forti: «La Russia deve
essere indagata per crimini di guerra ad Aleppo e rischia di diventare
una nazione-paria». Johnson ha anche chiesto alla gente di andare a
manifestare davanti alle ambasciate russe nel mondo. Tutto sembra
contribuire ad alimentare la tensione, l’isolamento del Cremlino e i
timori più irragionevoli.
In Russia questi timori sembrano
diventare una vera e propria frenesia. Il governatore di San Pietroburgo
Poltavchenko ha ordinato lunedì di accumulare riserve di grano. Le
autorità cittadine dovranno essere in gradi di assicurare a ogni
abitante 300 grammi di pane al dì per 20 giorni. La settimana scorsa in
scuole, uffici e fabbriche di tutto il Paese ci sono state speciali
esercitazioni condotte dalla Protezione civile: cosa fare in caso di
attacco, dove si trovano i rifugi contro i bombardamenti, eccetera. Nel
manifesto affisso per le vie del quartiere Kizminki, si parla
esplicitamente di una «attesa aggressione nucleare da parte di Paesi
ostili (Usa e loro satelliti)».
Ieri diversi siti Internet hanno
riportato un ordine emesso dal Cremlino e indirizzato a parlamentari e
funzionari statali (anche a livello regionale): far rientrare al più
presto i parenti che si dovessero trovare all’estero. Il portavoce di
Putin non ha smentito la notizia, ma si è limitato a dire di non saperne
nulla.
Nelle esercitazioni belliche «Caucaso 2016», alle quali
hanno partecipato 120 mila uomini, lo Stato Maggiore avrebbe
sperimentato un nuovo sistema di governo del Paese in caso di conflitto.
Secondo il quotidiano Izvestiya , le funzioni dei governatori, di tutti
gli enti locali, del ministero dell’Interno, dei servizi segreti e
della Protezione Civile passerebbero immediatamente ai capi dei quattro
distretti militari in cui è diviso il Paese.
La Russia si prepara
allo scontro? I voli dei Tupolev a ridosso delle difese Nato (gli Usa
fanno lo stesso lungo le coste artiche) servono a saggiare le difese
nemiche? Anche se lo scenario potrebbe sembrare questo, la realtà
sarebbe ben diversa. Putin mostra i muscoli, sostengono diversi
commentatori, e per farlo ricorda ai suoi avversari come la Russia sia
in grado di affrontare dall’oggi al domani anche le eventualità più
apocalittiche. Con lo stesso spirito di sacrificio mostrato durante la
Grande guerra patriottica, come chiamano qui la Seconda guerra mondiale.
Ma è un gioco che potrebbe finire male, ammonisce Aleksej Venediktov,
direttore della radio indipendente Eco di Mosca : «Installiamo missili
contraerei nelle basi in Siria… per chi? Non contro l’Isis che non ha
aerei. Si tratta di un movimento verso un conflitto che potrebbe
iniziare anche casualmente». La Russia si ritrova nuovamente da sola,
dopo il riavvicinamento all’Europa che sembrava prossimo. «I rapporti
con l’Occidente peggiorano continuamente — spiega ancora Venediktov —. E
non siamo arrivati alla fine».
Incidente o provocazione I rischi che corriamo quando rullano i tamburi
di Franco Venturini Corriere 12.10.16
La
guerra atomica non è dietro l’angolo, ma Vladimir Putin sfrutta il
brusco aggravamento delle tensioni Est-Ovest per scaricare all’esterno i
problemi interni della Russia e per rafforzare ulteriormente la sua
figura di condottiero. Si spiega così il clima di allarme rosso che
prende piede in Russia con la benedizione delle autorità, ma saremmo
pericolosamente miopi se pensassimo che dietro il rumor di sciabole che
continua a crescere in particolare tra Russia e Stati Uniti vi siano
soltanto motivazioni tattiche.
Una guerra voluta e prevista non è
imminente, è bene ripeterlo. Ma sono enormemente aumentate le
possibilità di una guerra dovuta a incidenti o a provocazioni. E la
politica, in Russia ma anche negli Usa e in alcune contrade europee, non
sembra in grado di controllare fino in fondo il bellicoso arcipelago
abitato da militari, da servizi, da industrie della difesa, da falchi
nazionalisti che odiano la diplomazia e adorano il grilletto.
Questa
evoluzione, se vogliamo chiamarla così, è in atto su entrambi i fronti
da due anni e mezzo, da quando Putin, assumendosi una pesante
responsabilità, decise di annettersi la Crimea. Ma è in queste ultime
settimane che una improvvisa escalation ha avuto luogo. Le accuse sempre
più circostanziate sulle interferenze degli hacker russi nella campagna
elettorale americana, il fallimento della tregua in Siria dopo
l’iniziale accordo tra Kerry e Lavrov, lo schieramento recentissimo di
missili Iskander a capacità nucleare nell’enclave russa di Kaliningrad,
la moltiplicazione dei voli militari russi al limite degli spazi aerei
dei Paesi della Nato, e soprattutto l’appoggio russo al selvaggio
bombardamento siriano di Aleppo, sono stati accompagnati da accuse
verbali che nemmeno durante la guerra fredda venivano utilizzate. In
Occidente voci autorevoli suggeriscono che la Russia dovrebbe rispondere
di crimini di guerra per la mattanza di Aleppo. A Mosca, con una
espressione che agli intenditori è parsa ancor più minacciosa, è stato
fatto presente che l’aggressività americana pregiudica gli interessi
nazionali della Russia. E se si considera che la probabile (e
auspicabile) prossima presidente degli Stati Uniti ha sempre avuto
rapporti a dir poco tesi con Putin, diventa lecito domandarsi verso
quale imminente futuro si stiano muovendo le relazioni russo-americane e
dunque russo-europee.
Un rimedio alla tensione tra le due
superpotenze nucleari, e al pericolo terrificante che essa possa andare
fuori controllo, potrebbe venire dalla rinuncia alla propaganda.
Prendiamo i missili russi schierati (forse provvisoriamente) a
Kaliningrad. Gli esperti militari occidentali prevedevano questa mossa
da quando, l’estate scorsa, sono cominciati in Polonia i lavori per una
base di missili intercettori della Nato. Oppure guardiamo bene a cosa è
accaduto dopo la proclamazione della tregua d’armi in Siria. Il primo
strappo importante è stato un bombardamento della coalizione guidata
dagli Usa contro postazioni militari siriane. Washington ha subito
spiegato che si era trattato di un errore, peraltro poco credibile. Ma è
dopo questo episodio che la furia siriana (e russa) si sono scatenate
contro il convoglio degli aiuti Onu, e di nuovo, giorno dopo giorno,
contro la popolazione civile di Aleppo.
Non vogliamo dire qui che
le colpe «originali» siano prevalentemente americane. Ed è fuor di
dubbio che i metodi alla Grozny appartengano alla Russia e ai suoi amici
siriani, non agli occidentali. Ma in tema di Siria non è forse
risultato chiaro che il Pentagono si opponeva con tutte le sue forze
all’intesa che il capo del Dipartimento di Stato aveva concluso con i
russi? È troppo audace supporre che l’inverosimile «errore» dei
bombardieri avesse in animo proprio di far saltare quella intesa? È
infondato constatare (non soltanto sulla Siria, ma anche
sull’Afghanistan) che il presidente Obama ondeggia tra Pentagono e
Dipartimento di Stato?
Considerazioni non troppo diverse, malgrado
l’apparenza di un Putin onnipotente, possono essere avanzate sul fronte
opposto. I militari russi sono oggi più che mai protagonisti della
politica del presidente. Lo stesso è probabilmente vero per i servizi
dai quali Putin proviene, e i ricambi di personale attuati nel suo
«primo cerchio» dal capo del Cremlino prima delle elezioni legislative,
dai più interpretati come mosse tattiche alla vigilia della
consultazione, potrebbero invece essere segnali di debolezza, sintomi di
una leadership meno solida rispetto al periodo pre-Ucraina, pre-Siria e
pre-sanzioni.
Se si vogliono evitare conseguenze peggiori nel
contrasto ormai frontale tra Est e Ovest, la politica e la verità devono
ritrovare il loro ruolo e i tamburi devono rullar e un po’ meno. Di qua
e di là.
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