giovedì 22 dicembre 2016

La sottomissione della cultura marxista al liberalismo azionista e la fine della sinistra italiana: il carteggio Napolitano-Bobbio



Bobbio Napolitano la sinistra della ragione
In un carteggio inedito tra il filosofo e il futuro capo dello Stato due decenni di vita politica: la crisi della Prima Repubblica, gli stenti della Seconda, i problemi della riforma costituzionale, le anomalie italiane
Maurizio Assalto  Busiarda 22 12 2016
Della canonica alternativa gramsciana tra pessimismo della ragione («dell’intelligenza», nella formulazione originaria) e ottimismo della volontà avevano finito col produrre una sintesi impegnativa: la volontà di ragionare. Oltre il pessimismo e l’ottimismo, ineludibile premessa per ogni possibile confronto politico, e per far dialogare le anime dilaniate della sinistra. Di ispirazione socialista liberale l’uno, sulla scia di quel felice e sfortunato ircocervo che fu il Partito d’Azione, comunista «migliorista» l’altro, alfiere di un’ala riformista vista sempre con qualche diffidenza nelle vecchie Botteghe Oscure, Norberto Bobbio e Giorgio Napolitano erano fatti per incontrarsi. Il più importante filosofo della politica del secondo Novecento e il futuro Presidente della Repubblica.
Tra loro si davano del tu, chiamandosi per cognome, come si conviene tra persone che condividono un universo di valori e frequentazioni, senza essere proprio intime. Di una generazione «molto più giovane» - come ricordò un po’ esagerando (in fondo li separavano soltanto 16 anni) in un discorso tenuto nel 2009 a Torino per il centenario del filosofo - Napolitano aveva intensificato il dialogo con Bobbio dopo la scomparsa, nell’80, del suo maestro Giorgio Amendola. E lo aveva cercato vieppiù al crescere delle sue responsabilità politico-istituzionali (presidente della Camera dal ’92 al ’94, ministro dell’Interno dal ’96 al ’98).
Nel filosofo torinese, l’uomo politico (la cui madre, per combinazione, proveniva da una famiglia partenopea di ascendenze piemontesi che di cognome faceva Bobbio) vedeva una lezione «di libertà della cultura e di libertà in generale», un seminatore di fecondi dubbi, vocato a «proporre argomenti complessi» in una temperie inarrestabilmente portata alla semplificazione più becera. Era così già a cavallo tra gli Anni 40 e 50, quando i suoi interventi pubblici andavano controcorrente rispetto ai dottrinarismi e agli schematismi ideologici imperanti nella sinistra italiana, da cui lo stesso Napolitano si era emancipato grazie proprio, anche, a quella lezione.
Il carteggio che proponiamo in questa pagina, tratto dall’archivio del Presidente emerito della Repubblica, incrocia due decenni di vita politica italiana: il dibattito sulla «guerra giusta» contro Saddam, le vicende giudiziarie di Andreotti, la questione della riforma costituzionale, il travaglio del Pci che (parole di Bobbio) si ostina come un «mulo cocciuto» nel momento in cui potrebbe svoltare verso una moderna socialdemocrazia europea, la crisi e il crollo della Prima Repubblica e gli stenti della Seconda mai decollata. E sempre, sullo sfondo, la preoccupazione per le anomalie italiane e per le contorsioni di una sinistra sorda alla ragione.
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Una scena pubblicasempre più caotica
Cervinia, 10 agosto 1984
Caro Napolitano,
sto rispondendo poco per volta alle lettere e ai telegrammi che ho ricevuti.
Non tutti, si capisce (uno dei telegrammi più alati, ad esempio, l’ho ricevuto da un deputato, anzi ministro, democristiano, non propriamente famoso per la sua illibatezza, cui non saprei che cosa rispondere).
Sinceramente, questa nomina mi ha messo a disagio, perché mi costringe a prendere una parte più attiva alla vita politica, contrariamente alle mie abitudini e alle mie aspettative, proprio ora che stavo andando a riposo: a una vita politica, come quella del nostro paese, che mi pare sempre più caotica, e nella quale non so bene che parte prendere.
Coi più cordiali saluti,
Norberto Bobbio
[Il 18 luglio Bobbio era stato nominato senatore a vita]
Il giudizio su Andreottipuò solo essere negativo
Torino, 25 novembre 1984

Caro Napolitano, [...] 
Che Andreotti debba essere giudicato, in quanto uomo politico, in base all’etica del risultato (o della responsabilità) è indubbio. Ma qual è il risultato principale della sua quarantennale azione politica se non la conservazione del proprio potere? 
Machiavelli dice che l’azione immorale del principe è giustificata soltanto se il fine è il fare «gran cose». Il potere di Andreotti non è certo una «gran cosa». Per questo la massima machiavellica non vale per lui, e il giudizio complessivo su di lui non può essere che negativo, anche dal punto di vista dell’etica del risultato. [...]
Cordialmente,
Norberto Bobbio
Una nuova sinistrapiù lontana che mai
Torino, 28 maggio 1989

Caro Napolitano, [...] 
Dopo la lunga malattia, pur essendomi ripreso, mi sono tenuto lontano dal «palazzo» (che poi per me, fuori di ogni metafora o allusione ironica e polemica, è il «Palazzo Madama»). I pochi interventi pubblici li ho fatti contro voglia, e senza molta convinzione. Non ho mai avuto grande passione politica, intendo per la politica attiva, ora mi è passata del tutto. Anche perché sono rimasto stanco (e depresso) dopo la malattia. Mi passerà, non mi passerà? Non so. Lo stato presente delle cose non è incoraggiante. 
Scusa questo tono dimesso, distaccato, da cane bastonato, ma con il Psi com’è oggi, una nuova sinistra è più lontana che mai. Almeno in Italia. [...]
Coi più cordiali saluti, 
Norberto Bobbio
Il mio egoistico desideriodi dialogare con te
Roma, 18 ottobre 1989

Caro Bobbio,
i miei vivissimi auguri di buona salute e di buon lavoro esprimono insieme con il più schietto sentimento di rispetto e di affetto per te l’egoistico desiderio di poter contare ancor a lungo su un dialogo che per me è sempre stato fra i più stimolanti e proficui. 
Tuo Giorgio Napolitano

[Telegramma inviato nel giorno dell’ 80° compleanno di Bobbio]
Il Pci si comportacome un mulo cocciuto
Torino, 23 dicembre 1990

Caro Napolitano,
ho letto e in parte riletto (perché alcuni scritti li conoscevo già) il tuo libretto [il riferimento è al saggio Al di là del guado. La scelta riformista, Lucarini, 1990]. È inutile che ti dica che io sono totalmente d’accordo con te, dalla prima riga sino all’ultima. Trovo addirittura incredibile che un partito che ha fatto per anni una politica da partito socialdemocratico, ora che potrebbe farla alla luce del sole, torni indietro a posizioni da gran tempo dal partito stesso superate. 
La tua affermazione chiave che il Pci era da tempo diventato cosa diversa dal nome che portava è fondamentale. Non riesco a capire perché non venga accolta da tutti come la base del nuovo corso. Anche tutta la storia che fai dei rapporti del Pci con i partiti socialisti europei è molto istruttiva. Proprio nel momento in cui si poteva trarre i frutti di una politica durata decenni, ecco che il mulo cocciuto si ferma e non vuole più andare avanti, o meglio ci sono alcuni, e non sono pochi, che si comportano come il mulo. Tutto quello che scrivi a me pare sommamente ragionevole. Ma probabilmente io non conosco gli umori della «base», ed è proprio questa base, educata male, a fare da freno. Ma qui sta l’errore, lo dico con franchezza, di uomini come Ingrao. Invece di fare da guida, e sarebbero stati seguiti, si sono lasciati guidare dal sentimento popolare, e così hanno rinunciato alla loro funzione. 
Fondamentale è il rapporto con il Psi. Quando Occhetto mi venne a trovare, gli dissi che l’unico modo serio di trovare un motivo di dialogo con il Psi era quello delle riforme costituzionali, rispetto alle quali non si poteva negare che Craxi fosse stato un precursore, e invece, anche recentemente, non appena il Psi fa una proposta, c’è subito una reazione negativa, di rigetto, anche da parte dello stesso Occhetto. Sia chiaro che la proposta dell’elezione diretta del presidente del Consiglio e non del Presidente della Repubblica non ha alcun senso. Sembra che sia stata fatta unicamente per mostrare la propria originalità. 
Coi più sinceri auguri per l’anno nuovo, che per voi è veramente un anno decisivo, e cordiali saluti, 
Norberto Bobbio
[Dopo la caduta del Muro, nel novembre del 1989 l’allora segretario del Pci, Achille Occhetto, aveva promosso la «svolta della Bolognina» che avrebbe portato il 3 febbraio 1991 allo scioglimento del partito e alla nascita del Pds]
Quei pacifisti acriticie bellicosissimi
Torino, 18 febbraio 1991

Caro Napolitano, 
ti sono grato dell’accenno che fai nell’intervista all’Avanti! di ieri a me il grande «giustificatore» del massacro. In un articolo inviato all’Indice, l’autore dice che io avrei, col pretesto di una guerra giusta «avallato un massacro». Accanto a un pacifismo ragionevole e critico c’è un pacifismo acritico, tendenzioso, partigiano, e, quel che è peggio, nel modo di esprimersi, bellicosissimo. [...]
Cordialmente, 
Norberto Bobbio
[Il 17 gennaio la coalizione guidata dagli Usa aveva dato inizio all’operazione Desert Storm contro l’Iraq di Saddam Hussein che nell’agosto ’90 aveva invaso il Kuwait. Bobbio la definì una «guerra giusta»]
«Accomunare» non «dividere»
Roma, 15 gennaio 1992

Caro Bobbio, 
ti scrivo per darti notizia di un’iniziativa assunta dall’area riformista del Pds - una pubblica assemblea che avrà luogo sabato 18 gennaio al Cinema Capranica a Roma - per proporre ancora una volta, alla vigilia di una campagna elettorale così carica di tensioni e di incognite, il problema delle scelte e degli impegni che dovrebbero accomunare e non dividere la sinistra. Si tratta di un estremo tentativo, visto il grado di acutezza cui sono giunte di nuovo divergenze e le concorrenzialità tra i due maggiori partiti. 
La scelta prioritaria dovrebbe essere quella di una risposta credibile alle esigenze di risanamento e cambiamento politico-istituzionale fortemente sollecitate da un diffuso moto di opinione, che presenta di certo eterogeneità e ambiguità, ma di cui non si possono disconoscere le ragioni di fondo. L’impegno politico comune dovrebbe essere quello di un’onesta ricerca delle possibili convergenze al fine di far pesare la forza della sinistra nel suo insieme dinanzi ai processi di frammentazione in atto e di fronte all’ancora prevalente «ruolo centrale» della Democrazia Cristiana. 
Nella mia introduzione, cercherò di evitare polemiche infruttuose, di toccare criticamente posizioni prese di recente dal Psi ma senza nascondere i problemi che si pongono al Pds, di sollecitare il massimo sforzo unitario ancora sperabile, di allargare lo sguardo a un panorama più vasto entro il quale si colloca ora, in particolare, il nuovo atteggiamento del Pri. 
Hai da suggerirci qualcosa? 
Cordialmente, 
Giorgio Napolitano
[Un mese dopo, il 17 febbraio, sarebbe partita l’inchiesta Mani Pulite che avrebbe travolto il sistema della Prima Repubblica]

Eliminare i partiti?Un inganno
Torino, 29 aprile 1993

Caro Napolitano, 
ti ringrazio di avermi inviato il tuo discorso sulla Resistenza, in cui anch’io ho notato, con soddisfazione, i molti punti di contatto. Mi ha colpito la frase di Parri che tu citi, del 26 sett. 1945!, in cui lamenti la marea che sale «contro il regime dei partiti». Eppure allora il regime dei partiti non c’era. Che sia possibile eliminarlo del tutto mi pare impossibile. Oggi la folla è stata eccitata contro tutto ciò che ha a che fare coi partiti, come se, scomparsi - posto che scompaiano - questi partiti, non se ne formassero subito degli altri. [...] Inganni! Agli inganni non possono succedere che dei disinganni. [...]
Cordialmente,
Norberto Bobbio
Le vere riformeche servono all’Italia
Torino, 18 luglio 1993

Caro Napolitano,
ti ringrazio di avermi fatto leggere il tuo intervento al Congresso del Pds. Hai toccato il tasto giusto: «impotenza a riformare». Perché? Questa è la domanda cui si dovrebbe dare una risposta, anche perché il credere che la riforma da fare sia quella costituzionale è un vecchio errore: le riforme in Italia dovrebbero cominciare dalla scuola, dal sistema giudiziario, dalla pubblica amministrazione.
Per questo occorre, tanto più oggi, un grande partito della sinistra democratica.
Si deve andare avanti, hai ragione, su questa strada. 
Cordialmente, 
Norberto Bobbio
Costituzione intoccabilema solo nei princìpi
Torino, 8 maggio 1994

Caro Napolitano, 
ho ricevuto la tua lettera e il tuo articolo. Grazie. Sono pienamente d’accordo con te: l’errore maggiore sarebbe non rilanciare la sfida del cambiamento. Guai a noi se daremo l’impressione di essere fedeli alla Costituzione sino a considerarla intoccabile. Occorre distinguere bene, come tu osservi, le due parti della Costituzione, che i giornalisti spesso non distinguono parlando di «revisione» della costituzione. Intoccabile è la parte dei principi. L’altra, no. 
Il problema fondamentale, però, che dobbiamo risolvere, come dici tu, è quello dell’alternanza, ma richiede due schieramenti omogenei, una meta che siamo ben lontani dall’aver raggiunto, e non appare né a sinistra né a destra all’orizzonte. Non vorrei sbagliare, ma ci sono attualmente altrettanti gruppi parlamentari che nel parlamento eletto con la proporzionale. Una vera alternanza risolverebbe anche il problema della stabilità governativa, e anche quello del primo ministro, che oggi si vuole risolvere con le varie proposte di repubblica presidenziale. Come arrivarci? Basterà una riforma elettorale a vincere la frammentazione che è prima nella società civile che nelle istituzioni? Non riesco a trovare una risposta a questa domanda. [...]
Mentre sto scrivendo questa lettera sento alla radio che c’è un probabile ministro del nuovo governo che additò Pinochet come un modello per il sistema delle pensioni. Mi viene spontaneo gridare: «Vergogna!». Possibile che la società civile italiana sia così berlusconizzata da non ricordare cosa è successo in Cile nel settembre 1973? Ne vedremo ancora di belle. [...]
Cordialmente,
Norberto Bobbio
[Due giorni dopo, il 10 maggio, giurerà il primo governo Berlusconi]
Difficile farsi sentirenel frastuono
Roma, 8 aprile 1999

Caro Bobbio, [...] 
È molto che non mi faccio vivo con te. Sono stato per due anni e mezzo assorbito interamente dall’attività di governo, nell’incarico posso dire più esposto e ingrato, con sacrificio quasi totale (avendo concepito così il mio impegno) di altri interessi politici, di altri temi di riflessione e di intervento. Ma ho sempre seguito quel che sei venuto dicendo e pubblicando, fino alla bella lettera inviata a Federico Coen per l’incontro del 27 febbraio (alla vigilia del Congresso del Partito dei socialisti europei) sul «socialismo liberale»: ti mando il testo della mia comunicazione. 
In questi mesi ho ripreso ad occuparmi un po’ dei temi che per tanto tempo mi hanno coinvolto e assillato: sinistra italiana e sinistra europea, integrazione europea e superamento delle anomalie italiane. Ma non m’illudo sulla possibilità di farsi sentire nel frastuono di un’informazione dominata dai titoli e dalle battute a sensazione, e nel deserto di luoghi di più serio dibattito politico e culturale. Anche perciò - e innanzitutto guardando alla sostanza dei problemi politici e istituzionali di cui ancora si tenta senza riuscirvi di venire a capo nel nostro paese - mi vado avvicinando al tuo pessimismo. Non posso tuttavia rinunciare a pormi interrogativi, sul passato e sul presente (ce la faccia o meno a svolgerli pubblicamente), e ad insistere in qualche sforzo di iniziativa e tessitura, specie al livello europeo e di fronte a dilemmi drammatici e nodi complessi come quelli che sono oggi dinanzi all’Europa. Spero che venendo magari a farti visita se ne possa parlare insieme. 
Un saluto e un augurio affettuoso, 
Giorgio Napolitano 

Ho ancora bisognodi ascoltare la tua voce
Roma, 16 ottobre 1999

Caro Bobbio, 
è facile immaginare il diluvio di messaggi che sta per sommergerti (e da cui ti saprai difendere). Ma desidero egualmente che non manchi il segno della mia ammirazione affettuosa e della mia amicizia. Da molti anni, ormai («subentrando», per così dire, a persone a me care di una generazione più anziana come Giorgio Amendola, nel dialogo con te) colloquiamo in pubblico e in privato; e ho sempre tratto conforto dai tuoi interventi e dalle tue risposte, anche quando non eccedevano in ottimismo (cioè quasi sempre). 
Grazie di tutto. E continua a farti sentire, a darci lo stimolo - come ce lo hai dato finora, anche negli ultimi tempi dinanzi a eventi complessi e dilemmi di fondo - delle tue riflessioni critiche e dei tuoi forti, sapienti richiami. Quando ci incontreremo, spero presto, e avrò modo di dirti come vedo e come vivo, personalmente, questa per tanti aspetti amara stagione, constaterai come io sia tra quelli che hanno bisogno di ascoltare la tua voce e di confrontarsi con i tuoi pensieri. 
Auguri di cuore, 
Giorgio Napolitano


[Lettera inviata per il 90° compleanno di Bobbio]
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