venerdì 28 settembre 2018

Il bombardiere filosofico Walzer e l'internazionalismo astratto liberal che produce guerre e populismo reattivo

Risultati immagini per Michael WalzerIl giro di Walzer che serve a sinistra 
di Michael Walzer 23/9/2018 ROBINSON
Di fronte all’entità della sofferenza umana nel mondo, l’internazionalismo di sinistra è prima di tutto una politica di salvataggio e soccorso. Di fronte ai pericoli del degrado ambientale, una politica di prevenzione. Di fronte alle lotte organizzate degli operai in paesi come Cina o Bangladesh, è una politica di solidarietà di vecchio stampo. Di fronte alla tirannia e alla repressione, una politica di mobilitazione democratica. L’internazionalismo di sinistra non è, né oggi né in un futuro prossimo, una politica rivoluzionaria. A eccezione di pochi marxisti settari, nessuno a sinistra si aspetta un’imponente trasformazione globale conclusa la quale non avremo più problemi. Ma l’internazionalismo di sinistra può e deve essere trasformativo nell’affrontare le crisi della povertà, la condizione dei senzatetto, il dominio predatorio, la pulizia etnica e i massacri. Qui non è sufficiente alleviare temporaneamente la sofferenza umana, in modi per cui ci sarà bisogno di affrontare ripetutamente le medesime crisi.
Il nostro obiettivo deve essere la ricostruzione e non soltanto il soccorso: noi vogliamo che le donne e gli uomini oppressi diventino attori politici in controllo delle proprie vite. Ecco perché sosteniamo i partiti e i movimenti di sinistra in altri paesi e difendiamo il diritto di costituire sindacati. Gli internazionalisti di sinistra aiutano le persone in modo che queste possano aiutare se stesse. Ricordiamo la frase di Trockij sui terroristi che vogliono rendere le persone felici senza la loro partecipazione. Noi vogliamo farle partecipare e loro dovranno rendere felici se stesse.
Un internazionalismo di agency: questo è ciò che l’impegno per la libertà, la democrazia e l’uguaglianza significa in pratica. E, nel mondo come lo conosciamo, l’agency cruciale di autoaiuto è lo Stato – intendo uno Stato decente, nelle mani del suo popolo. Nessun altro attore politico può raccogliere e distribuire le risorse, offrire welfare e istruzione, regolare l’attività. imprenditoriale, proteggere i sindacalisti, far rispettare la legislazione sulla sicurezza e sulla tutela ambientale, e così via – l’elenco è lungo. Abbiamo ancora bisogno di una regolazione globale per mezzo di versioni socialdemocratiche del Fondo monetario internazionale e dell’Organizzazione mondiale del commercio; abbiamo ancora bisogno dei trasferimenti di risorse agli Stati più poveri ( come quelli che dovevano aver luogo, e qualche volta hanno avuto luogo, all’interno dell’Unione Europea). Ma i benefici di un internazionalismo redistributivo dovranno a loro volta essere distribuiti dagli Stati riceventi, e se questi Stati non sono democratici e liberi, i loro cittadini non otterranno mai una quota equa.
Gli internazionalisti di sinistra una volta immaginavano che la loro politica li avrebbe portati al di là dello Stato nazione. Forse un giorno succederà. Ma adesso essa ci porta soltanto al di là del nostro Stato nazione, a preoccuparci delle persone provenienti da altre nazioni che non sono protette da uno Stato decente, che non hanno mezzi di autoaiuto, che sono le vittime, senza sosta, di disastri naturali e di devastazione umana.
Noi siamo internazionalisti in nome loro; i nostri compagni sono quelli fra loro che mirano a liberare se stessi e a liberarsi l’un l’altro. Quei compagni possono essere lavoratori, contadini, donne e uomini che svolgono una professione, intellettuali borghesi o civil servants e burocrati. Non ci sono limiti di classe, ma ci sono limiti morali: i nostri compagni non sono líderes máximos, terroristi o oligarchi. Essi devono praticare una politica di solidarietà democratica con i propri concittadini prima che noi possiamo unirci a loro in una solidarietà di internazionalisti di sinistra.
(…) Ma gli Stati non sono gli unici attori; anche noi persone di sinistra siamo attori. Noi dobbiamo sollecitare i nostri governi a una politica internazionalista decente, ma dobbiamo anche imparare come aiutare amici e compagni all’estero che stanno lavorando per riformare o per trasformare le loro società. Noi abbiamo gli strumenti a portata di mano, le organizzazioni riconosciute della sinistra e i civil servants di sinistra che le gestiscono: i sindacati, i partiti politici, i gruppi ambientalisti e le associazioni in difesa dei diritti umani, dei prigionieri politici e dell’uguaglianza di genere.
Una brigata internazionale di combattenti per la libertà sembra adesso al di là della nostra portata, ma sono gli attivisti che lavorano per ONG liberali e di sinistra come Human Rights Watch o Amnesty International a formare le nostre brigate internazionali. Più avanti discuterò della società civile globale nella quale essi lavorano. Qui voglio soltanto descrivere il ruolo che possono giocare nel dar vita all’internazionalismo di sinistra (…).
Ma che cosa dovremmo fare esattamente? Come nel caso dell’Europa dell’Est prima del 1989, dovremmo pubblicare i lavori dei dissidenti, organizzare dimostrazioni e firmare petizioni contro i loro arresti, scrivere su e contro la tirannia che sperimentano, unirci a loro negli incontri all’estero e nei loro paesi, se possiamo entrarvi. Dovremmo chiedere loro sistematicamente quale ulteriore aiuto vogliono o di quale hanno bisogno. Per esempio, desiderano che facciamo pressione sui nostri governi per organizzare boicottaggi dell’economia dei loro paesi?
I boicottaggi economici sono spesso dolorosi per i cittadini comuni, eppure talvolta sono politicamente d’aiuto; è più probabile che a suscitare sostegno da parte di compagni all’estero siano “ sanzioni mirate” che negano rifornimenti militari ai governi tirannici. ?
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