domenica 14 giugno 2020

Statue: viscida ipocrisia della borghesia liberale, mancanza di strategia degli antagonisti

La viscida ipocrisia liberale che esulta per l'abbattimento delle statue di Lenin e deplora quello delle statue di Churchill è il classico esempio del deficit di universalismo di quella che è non la teoria della libertà e dei diritti individuali ma la teoria dell'esclusione e della discriminazione.

Ma l'ipocrisia liberale va appunto denunciata, non replicata e scimmiottata da posizioni che sono oltretutto nettamente più deboli.

Le statue che non ci piacciono si abbattono, certamente. Ma - a parte il fatto che c'è statua e statua, c'è Montanelli o il mercante di schiavi ma c'è anche la regina vittoria o George Washington, così come conta anche il luogo in cui si vive e la situazione concreta - si abbattono quando si fonda un ordine nuovo, quando si istituisce uno Stato e si apre un orizzonte storico, un'epoca.

Si abbattono, cioè, quando si è capaci di erigere nuove statue e dunque quando si fa una rivoluzione.

Quando - se mai se ne avesse l'intenzione - non si ha la forza di fondare un ordine nuovo, le statue invece si ri-semantizzano lungo le direttrici di una strategia egemonica, sempre che la sia abbia e se ne sia capaci.

Altrimenti ad ogni minimo spostamento dell'opinione pubblica - e cioè ogni quarto d'ora - vedremmo cadere prima le statue di destra e poi quelle di sinistra e così ogni volta da capo.

E se le cose alla lunga vanno male e i rapporti di forza invece di migliorare peggiorano, finiranno per cadere da ultimo anche le nostre teste, non solo le nostre statue [SGA].


Nessun commento: