domenica 25 ottobre 2020

Una scelta delle lezioni di Platone su Nietzsche

Che mummia Platone, mi tocca scaldarlo
Marco Filoni Tuttolibri 24 10 2020

«Ho avuto alcune idee fondamentali su Platone, e penso che noi due prima o poi dovremmo riscaldare e illuminare dal di dentro la storia della filosofia greca, finora così squallida e mummificata». Così Nietzsche scrive all'amico Rohde. Siamo nel dicembre 1871: il filosofo che scuoterà gli spiriti europei (con pensieri che scuoteranno Nietzsche stesso) non è ancora noto. Giovanissimo docente di filologia classica a Basilea, sta iniziando a brillare. L'aveva fatto sin da studente - era stato il suo professore Ritschl a scorgere quanto fosse geniale quel giovane, tanto da affrettarsi a farlo laureare, nel 1869, per farlo chiamare come docente a soli ventiquattro anni. Ed è in questo momento che scopre la filosofia greca, e in particolare Platone.
Ora, la questione è dibattuta da tempo: c'è chi sostiene che esista un Nietzsche filologo e uno filosofo: il primo, quello degli anni giovanili e della Nascita della tragedia, sino al 1879; il secondo, delle opere illustri e più note come Umano troppo umano, Aurora, La gaia scienza, Così parlò Zaratustra, Ecce Homo. C'è poi chi avanza un'interpretazione che tende a non scindere i due aspetti. Anzi: come ha scritto lo studioso nietzscheano Ernst Holzer rivolgendosi ai lettori del filosofo, «chi voglia comprendere e valutare Friedrich Nietzsche nella sua totalità, dovrà quanto prima disporsi a esaminare il suo rapporto con l'antichità, non tanto per verificare ciò che Nietzsche ha significato per la filologia, quanto per accertare - questo è il problema - ciò che l'antichità ha significato per Nietzsche». Quindi sono le opere della maturità che andrebbero lette tenendo presente gli scritti di Basilea.
Ritroviamo questa interpretazione (come anche la citazione dello studioso tedesco) nel bel volume Plato amicus sed. Introduzione ai dialoghi platonici, curato da Piero Di Giovanni - che torna in libreria con una nuova introduzione per l'editore Mimesis dopo quasi trent'anni (uscì nel 1991 per Bollati Boringhieri).
Le lezioni qui raccolte (una significativa scelta fra quelle che Nietzsche tenne su Platone a Basilea, in attesa della pubblicazione integrale nelle Opere adelphiane) sono interessantissime per molti motivi e val la pena leggerle con lo sguardo stupefatto che fu lo stesso di Nietzsche verso il suo autore. E fra i molti interessi anche i giudizi posteriori, non propriamente benevoli, che riserverà a Platone. «È noioso», tuonerà nel Crepuscolo degli idoli. Aggiungendo che il dialogo platonico è una «specie di dialettica spaventosamente vanitosa e puerile». Nel saggio su Socrate e la tragedia invece se la prende con il greco per aver mortificato l'arte; e così via fra molte altre occorrenze. In questo senso ha ragione Di Giovanni quando scrive che quello di Nietzsche con Platone è un «rapporto caratterizzato da un'ambivalenza che non presuppone alcuna sintesi: il giudizio di Nietzsche è contraddittorio, continuamente oscillante tra il positivo e il negativo, senza che, è importante sottolinearlo, si risolva mai definitivamente in un senso o nell'altro». Del resto soltanto così si comprende per esempio il frammento di Aurora nel quale Nietzsche lamenta la mancata «platonizzazione del Mezzogiorno europeo», considerando Platone il precursore della cultura occidentale così come Maometto lo è stato del mondo arabo: «Un paio di fortuite circostanze in meno e un paio in più - e il mondo avrebbe vissuto la platonizzazione del Mezzogiorno europeo; e posto che questo stato di cose fosse perdurato ancor oggi, presumibilmente in Platone avremmo venerato il "buon principio". Ma gli mancò il successo: e così gli restò la fama di visionario e di utopista - gli altri epiteti più aspri sono andati perduti con la vecchia Atene».
Forse a Platone mancò il successo come consigliere del tiranno a Siracusa, certo, ma dal punto di vista filosofico non avrebbe di che lamentarsi. E queste pagine lo dimostrano perché mettono in evidenza con lucente fulgore la centralità del pensiero platonico anche per Nietzsche, che ne ha fatto - scrive Di Giovanni - il suo irrinunciabile compagno di viaggio filosofico. L'aveva sottolineato già Martin Heidegger, quando scriveva che Nietzsche considerava «il suo iniziale compito di filologo come un dovere», da assolvere «soprattutto attraverso una propensione filosofica per Platone».
Insomma, siamo di fronte non soltanto a un dovere accademico, quello di esercitarsi filologicamente su un autore: con queste lezioni Nietzsche stava confrontandosi con l'origine del pensiero, stava facendo sì sollecitazione pedagogica («Leggendo il Fedone ho modo di contagiare i miei allievi con la filosofia», scriverà in una lettera di questi anni) ma stava anche formando sé stesso, stava forgiando il suo pensiero attraverso il confronto con i classici affinché «diventasse ciò che è». —
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Nessun commento: