«Ho avuto alcune idee fondamentali su Platone, e penso che noi due prima o poi dovremmo riscaldare e illuminare dal di dentro la storia della filosofia greca, finora così squallida e mummificata». Così Nietzsche scrive all'amico Rohde. Siamo nel dicembre 1871: il filosofo che scuoterà gli spiriti europei (con pensieri che scuoteranno Nietzsche stesso) non è ancora noto. Giovanissimo docente di filologia classica a Basilea, sta iniziando a brillare. L'aveva fatto sin da studente - era stato il suo professore Ritschl a scorgere quanto fosse geniale quel giovane, tanto da affrettarsi a farlo laureare, nel 1869, per farlo chiamare come docente a soli ventiquattro anni. Ed è in questo momento che scopre la filosofia greca, e in particolare Platone.
domenica 25 ottobre 2020
Una scelta delle lezioni di Platone su Nietzsche
Che mummia Platone, mi tocca scaldarlo
«Ho avuto alcune idee fondamentali su Platone, e penso che noi due prima o poi dovremmo riscaldare e illuminare dal di dentro la storia della filosofia greca, finora così squallida e mummificata». Così Nietzsche scrive all'amico Rohde. Siamo nel dicembre 1871: il filosofo che scuoterà gli spiriti europei (con pensieri che scuoteranno Nietzsche stesso) non è ancora noto. Giovanissimo docente di filologia classica a Basilea, sta iniziando a brillare. L'aveva fatto sin da studente - era stato il suo professore Ritschl a scorgere quanto fosse geniale quel giovane, tanto da affrettarsi a farlo laureare, nel 1869, per farlo chiamare come docente a soli ventiquattro anni. Ed è in questo momento che scopre la filosofia greca, e in particolare Platone.
Marco Filoni Tuttolibri 24 10 2020
«Ho avuto alcune idee fondamentali su Platone, e penso che noi due prima o poi dovremmo riscaldare e illuminare dal di dentro la storia della filosofia greca, finora così squallida e mummificata». Così Nietzsche scrive all'amico Rohde. Siamo nel dicembre 1871: il filosofo che scuoterà gli spiriti europei (con pensieri che scuoteranno Nietzsche stesso) non è ancora noto. Giovanissimo docente di filologia classica a Basilea, sta iniziando a brillare. L'aveva fatto sin da studente - era stato il suo professore Ritschl a scorgere quanto fosse geniale quel giovane, tanto da affrettarsi a farlo laureare, nel 1869, per farlo chiamare come docente a soli ventiquattro anni. Ed è in questo momento che scopre la filosofia greca, e in particolare Platone.
Ora,
la questione è dibattuta da tempo: c'è chi sostiene che esista un
Nietzsche filologo e uno filosofo: il primo, quello degli anni giovanili
e della Nascita della tragedia, sino al 1879; il secondo, delle opere
illustri e più note come Umano troppo umano, Aurora, La gaia scienza,
Così parlò Zaratustra, Ecce Homo. C'è poi chi avanza un'interpretazione
che tende a non scindere i due aspetti. Anzi: come ha scritto lo
studioso nietzscheano Ernst Holzer rivolgendosi ai lettori del filosofo,
«chi voglia comprendere e valutare Friedrich Nietzsche nella sua
totalità, dovrà quanto prima disporsi a esaminare il suo rapporto con
l'antichità, non tanto per verificare ciò che Nietzsche ha significato
per la filologia, quanto per accertare - questo è il problema - ciò che
l'antichità ha significato per Nietzsche». Quindi sono le opere della
maturità che andrebbero lette tenendo presente gli scritti di Basilea.
Ritroviamo
questa interpretazione (come anche la citazione dello studioso tedesco)
nel bel volume Plato amicus sed. Introduzione ai dialoghi platonici,
curato da Piero Di Giovanni - che torna in libreria con una nuova
introduzione per l'editore Mimesis dopo quasi trent'anni (uscì nel 1991
per Bollati Boringhieri).
Le lezioni
qui raccolte (una significativa scelta fra quelle che Nietzsche tenne su
Platone a Basilea, in attesa della pubblicazione integrale nelle Opere
adelphiane) sono interessantissime per molti motivi e val la pena
leggerle con lo sguardo stupefatto che fu lo stesso di Nietzsche verso
il suo autore. E fra i molti interessi anche i giudizi posteriori, non
propriamente benevoli, che riserverà a Platone. «È noioso», tuonerà nel
Crepuscolo degli idoli. Aggiungendo che il dialogo platonico è una
«specie di dialettica spaventosamente vanitosa e puerile». Nel saggio su
Socrate e la tragedia invece se la prende con il greco per aver
mortificato l'arte; e così via fra molte altre occorrenze. In questo
senso ha ragione Di Giovanni quando scrive che quello di Nietzsche con
Platone è un «rapporto caratterizzato da un'ambivalenza che non
presuppone alcuna sintesi: il giudizio di Nietzsche è contraddittorio,
continuamente oscillante tra il positivo e il negativo, senza che, è
importante sottolinearlo, si risolva mai definitivamente in un senso o
nell'altro». Del resto soltanto così si comprende per esempio il
frammento di Aurora nel quale Nietzsche lamenta la mancata
«platonizzazione del Mezzogiorno europeo», considerando Platone il
precursore della cultura occidentale così come Maometto lo è stato del
mondo arabo: «Un paio di fortuite circostanze in meno e un paio in più -
e il mondo avrebbe vissuto la platonizzazione del Mezzogiorno europeo; e
posto che questo stato di cose fosse perdurato ancor oggi,
presumibilmente in Platone avremmo venerato il "buon principio". Ma gli
mancò il successo: e così gli restò la fama di visionario e di utopista -
gli altri epiteti più aspri sono andati perduti con la vecchia Atene».
Forse
a Platone mancò il successo come consigliere del tiranno a Siracusa,
certo, ma dal punto di vista filosofico non avrebbe di che lamentarsi. E
queste pagine lo dimostrano perché mettono in evidenza con lucente
fulgore la centralità del pensiero platonico anche per Nietzsche, che ne
ha fatto - scrive Di Giovanni - il suo irrinunciabile compagno di
viaggio filosofico. L'aveva sottolineato già Martin Heidegger, quando
scriveva che Nietzsche considerava «il suo iniziale compito di filologo
come un dovere», da assolvere «soprattutto attraverso una propensione
filosofica per Platone».
Insomma,
siamo di fronte non soltanto a un dovere accademico, quello di
esercitarsi filologicamente su un autore: con queste lezioni Nietzsche
stava confrontandosi con l'origine del pensiero, stava facendo sì
sollecitazione pedagogica («Leggendo il Fedone ho modo di contagiare i
miei allievi con la filosofia», scriverà in una lettera di questi anni)
ma stava anche formando sé stesso, stava forgiando il suo pensiero
attraverso il confronto con i classici affinché «diventasse ciò che è». —
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