I principi generali vanno applicati in maniera generale e con obiettività, senza lasciarsi condizionare dalle preferenze personali. Bisogna allora chiamare le cose con il loro nome: quello a cui stiamo assistendo in tempo reale, intontiti dalla retorica dell'interesse nazionale, è un colpo di Stato a tutti gli effetti. E' il colpo di Stato della BCE e della grande borghesia europea, che impone la propria dittatura commissaria all'Italia, annientandone la sovranità nazionale. Solo incidentalmente questo "golpe democratico" colpisce il governo Berlusconi: esso avrebbe colpito alla stessa stregua qualunque governo in carica.
La tecnica è quella più volte sperimentata: si crea lo stato d'eccezione e da esso si trae la legittimazione per sospendere la normalità costituzionale, forzando le procedure parlamentari. Nulla allora deve contare nel giudizio politico il fatto che la vittima immediata sia l'odiato Berlusconi. Questo fatto contingente, serve semmai a coprire la sostanza degli eventi e a suscitare il consenso più vasto, creando nell'opinione pubblica l'illusione che la sospensione della democrazia sia necessaria per la salvezza del paese e per il ripristino della democrazia stessa.
Ma questo colpo di Stato è in realtà contro l'Italia e contro le classi subalterne di questo paese e il suo obiettivo consiste nell'imporre quelle misure di austerità che il ceto politico, in condizioni normali, non avrebbe la forza mettere in atto.
Non è affatto paradossale che proprio coloro che hanno combattuto il tiranno, autoproclamandosi difensori della democrazia e delle sue regole, stiano ora appoggiando gli eventi per il solo fatto che viene colpito Berlusconi. Tra i danni peggiori dell'epoca berlusconiana, si può dire, c'è proprio l'antiberlusconismo volgare: l'atteggiamento di chi accetta qualunque cosa, basta che non sia Berlusconi a farla.
Bisogna opporsi al golpe e chiedere immediatamente le elezioni politiche. A quel punto, sarà la questione fiscale, la questione della redistribuzione della ricchezza, il banco di prova delle forze politiche. Perché è questa questione che decide chi dovrà pagare la crisi.
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