Le parole di Lilin - l'idea di un "totalitarismo" putiniano, l'apologia di internet e l'esaltazione della società incivile - tolgono ogni dubbio. Il copione è sempre lo stesso [SGA].
NICOLAI LILIN Repubblica 12 dicembre 2011
Intervista a Nicolai Lilin. L’aria nuova di Mosca
«Ma io ho paura del terrorismo di Stato»
Lo scrittore russo teme i contraccolpi del regime. «La gente non crede più alle favole di Putin. Il movimento si può salvare se diventa alternativa politica» I nastri bianchi. «Non è una rivoluzione colorata, non è pilotata dagli Stati Uniti. La gente non ha più paura perché è disperata»
di Marina Mastroluca l’Unità 12.12.11 da Segnalazioni
E adesso? Centomila persone nelle strade di Mosca, i nastri bianchi scambiati come una bandiera, tra le mani il ritratto di un Putin invecchiato e la scritta: «2050, mai». Per Nicolai Lilin, lo scrittore russo di Educazione siberiana e di Il respiro del buio, appena pubblicato da Einaudi, le immagini che in questi giorni arrivano dalla Russia sono come i cristalli di un caleidoscopio: basta muovere appena il cilindro per vedere un disegno diverso, «analisi contraddittorie». «Il solo fatto che Putin abbia perso le elezioni e dico perso tra virgolette, perché ha sempre intorno al 50% mi riempie di gioia. Perché la Russia è un Paese basato sulla corruzione e sul controllo dei servizi segreti, dove i cittadini sono trattati come schiavi. E ora qualcosa si sta muovendo». Un cambiamento che fa anche paura. Perché il sistema di potere che ruota intorno all’attuale premier e prossimo presidente della Russia ha nella sua storia il suo dna. «Temo una nuova ondata di attacchi terroristici», dice Lilin.
Russia Unita, il partito di Putin, esce ridimensionato dal voto e si parla di brogli consistenti. Come legge gli avvenimenti di questi giorni?
«Il risultato del voto è solo un segnale. In Russia la gente ha creduto per anni alle favole che sentiva raccontare. Ha creduto al pericolo del terrorismo, ha creduto che i ceceni fossero criminali e che questo piccolo uomo fosse in grado da solo di garantire sicurezza, salvare le città, mantenere l’ordine. Putin in realtà non è che il risultato di un compromesso tra servizi segreti e oligarchi, per evitare una guerra civile e spartirsi quello che c’era da spartire. È un piccolo uomo, uno che ha sempre bisogno di dimostrare il contrario e per questo si fa fotografare con le tigri, o a torso nudo o con un fucile da cecchino. Non è nemmeno il meglio che possano esprimere i servizi segreti, è semmai un loro fallimento. Il voto è il segno che la gente comincia a capire, ma c’è una cosa più importante».
Che cosa?
«Le manifestazioni. Perché vogliono dire che il popolo russo ha ripreso coscienza, le persone non hanno più paura perché sono disperate. Attenzione però a dire che Putin è l’obiettivo, perché non è così. È il sistema di potere nel suo insieme: i russi hanno capito che vivono in un Paese corrotto e vogliono seguire invece una via democratica. Io sto seguendo da vicino quello che succede, sono in contatto anche con persone che sono nei servizi di sicurezza. E tutti mi dicono che forse c’è davvero un aria di cambiamento».
Perché ora? Putin è in sella dal 2000...
«È il momento storico. In piazza ci sono molti giovani, è una nuova generazione. È cresciuta la generazione giusta, quella che oggi ha 20-25 anni o poco più. E che sa muoversi su internet».
Crede che il web sia il fattore chiave delle proteste di questi giorni?
«Il web può essere buono o cattivo, dipende da chi lo usa e come. In Russia ha consentito l’accesso a fonti di informazione alternative a quelle dei canali televisivi governativi. Non so se vi sia mai capitato di guardarli. Trasmettono solo bugie, falsificazioni, una realtà mistificata».
È possibile che un ex colonnello dei servizi segreti come Putin, un uomo che ha fatto dell’intelligence il suo mestiere non abbia capito la portata delle nuove tecnologie nel diffondere informazione una volta si sarebbe detto contro-informazione? C’è un problema generazionale?
«Hanno capito benissimo. Ma che cosa possono fare per imbavagliare il web? Negli ultimi anni Putin ha fatto di tutto per reprimere qualsiasi movimento per l’alternativa. Ci sono stati giornalisti e attivisti malmenati e uccisi, c’è stata una contiguità tra governo e servizi segreti e gruppi neonazisti mandati a fare i lavori sporchi. Il web è uno strumento che riesce a rompere la censura. Solo da internet abbiamo saputo per esempio della rivolta armata contro il pagamento del pizzo per il taglio delle foreste, quelli che ho chiamato i “Robin Hood della Siberia”».
Che scenario ipotizza per il futuro?
«Dopo l’ubriacatura della manifestazione di sabato, non contrastata dalla polizia, bisogna fare molta attenzione. Quello che temo è un ritorno del terrorismo. Putin ha in mano la parte peggiore dei servizi segreti, la più corrotta, l’Fsb, che è stato il vero braccio armato degli oligarchi. Ci ricordiamo tutti come Putin è arrivato al potere, con le bombe nei condomini delle città russe. Sono loro i veri terroristi. Temo quindi nuovi attentati. Poi si darà la colpa ad altri, forse si farà una nuova guerra. Non in Cecenia, stavolta magari in Inguscezia o Daghestan».
I nastri bianchi scelti dai manifestanti sembrano evocare le rivoluzioni colorate come quella in Ucraina.
«No, è diverso. Questo non è un movimento pilotato dagli Usa. Il nastro è solo un modo per riconoscersi, come facevo anch’io con i miei compagni durante le operazioni di combattimento in guerra, per evitare il fuoco amico. Quello che spero è che la protesta diventi presto un movimento politico capace di rappresentare un’alternativa».
Ci sono però anime molto diverse...
«È vero, ma si può cercare una figura unificante, capace di mettere insieme un gruppo di intellettuali. Anche l’ex premier Kasyanov, uno in grado di mediare tra la piazza e Putin».
I trentamila di Bolotnaja
Il premier studia le proteste in vista della corsa al Cremlino. Il miliardario candidato e il blogger scatenato
di Massimo Boffa © - FOGLIO QUOTIDIANO 12 dicembre 2011
3 commenti:
Mi scusi, ma cosa intende per "il copione e' sempre lo stesso"?
Claudio Martini
1) Alcuni "esperti" occidentali prevedono un risultato elettorale in un paese considerato ostile;
2) questo risultato non si verifica: dunque ci sono stati necessariamente dei brogli;
3) la "società civile" indignata si mobilita in piazza via internet;
4) le agenzie di stampa occidentali danno risalto alle proteste sottolineando la modernità di questa forma di mobilitazione e le immense potenzialità democratiche di internet;
5) ci sono scontri, causati inevitabilmente dalla violenta repressione delle forze del regime;
6) ci scappa il morto: nuove ondate di manifestazioni e conseguenti repressioni autoritarie;
7) si forma un governo "libero" in esilio, o qualcosa di simile, che chiede la protezione della popolazione civile da parte dell'Onu
ecc. ecc.
http://it.peacereporter.net/articolo/31940/Russia%2C+un+voto+che+non+scalfisce+lo+zar
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