domenica 10 marzo 2013
Stimato normalista e accademico dei Lincei costretto dal Partito-Chiesa a umiliarsi di fronte a un comico e ai suoi ignoranti seguaci
Grillo attacca gli intellettuali che gli chiedono di sostenere un esecutivo di “liberazione”:
“E’ troppo tardi per parlare con noi, siete al servizio del Pd”
Il professore. Salvatore Settis
Pier Luigi, approfitta dei grillini per la svolta
di Antonello Caporale il Fatto 10.3.13
L’intellettuale ha una straordinaria abitudine a servire. Dall’ancien
regime alla sacra romana chiesa, al ventennio fascista (trascuro per
pietà di giungere ai nostri giorni) è tutto un testimoniare
genuflessioni. Che questa sia la verità non c’è alcun dubbio, come però
indubitabile è la fragilità, la banalità della risposta di Grillo al
nostro appello, Banale, ecco, mi sembra il giudizio più appropriato.
Rispolvera un luogo comune e si ferma lì. Deludente”. Salvatore Settis è
un biografo meticoloso delle pietre sopra le quali l’Italia è
cresciuta. Docente e poi direttore alla Normale di Pisa, decano degli
archeologi, intellettuale conosciutissimo all’estero.
Ha firmato l’appello al Movimento 5 Stelle: cambiare si deve e si può. Se non ora quando?
Grillo non mi mette in difficoltà ricordandomi che gli intellettuali
hanno servito il potere. Anzi, sono persino felice che si siano
autodelegittimati, non devono dimostrare di saperla più lunga degli
altri. E forse non la sanno più lunga degli altri. Restiamo cittadini, e
abbiamo il diritto e il dovere di interrogarci, di impegnarci.
Lei è pronto all’impegno pubblico?
Usiamo una leggerezza sconsiderata a fare l’elenco dei nomi, a indicare i
cosiddetti migliori. Trascuriamo le idee. Costoro sarebbero chiamati a
fare cosa, quale è il senso dell’impegno?
L’Italia ha bisogno di un medico che la curi, è un territorio sfinito, seviziato, devastato.
È il nostro corpo e l’abbiamo trattato con ogni impudenza. Cos’è il
paesaggio, che valore ha una veduta, un tramonto, le dune? È
inconcepibile l’ignoranza con la quale abbiamo stipato cemento, drogato,
deviato, divelto ogni profilo del nostro orizzonte. Noi umani prendiamo
cura di noi stessi, giusto? E perchè non avere lo stesso riguardo per
la nostra storia, per il territorio, che poi è il corpo sociale, il
nesso che ci lega e che ci fa riconoscere. Io partirei da qui se dovessi
iniziare a costruire un programma di governo. Partirei da questa
rivoluzione.
Sarebbe il primo punto.
Primo: coniugare in un unico dicastero le funzioni dell’ambiente, del
paesaggio, dell’agricoltura. Sono competenze indivisibili e il loro
frazionamento costruisce l’area grigia dentro cui si annidano gli
speculatori.
Secondo.
Bloccare le grandi opere. Non hanno senso, non hanno riguardo per la
coesistenza pacifica, non producono valore aggiunto. Il Tav in Val Susa,
il Tav di Firenze, il Ponte sullo Stretto. Stop, scritto a caratteri
cubitali
Qui è Bersani a non udire.
Temo anch’io e rimango stupìto. Ma ora forse possediamo la forza per fargli cambiare idea.
Terzo.
Riconvertire l’industria dell’edilizia, fermare il massacro cementizio e
devolvere ogni aiuto pubblico a sanare le ferite delle nostre mura. Il
46 per cento del territorio è ad alto rischio sismico e idrogeologico.
Ogni centesimo di euro deve andare a suturare questa ferita, a medicare
il nostro corpo sociale. L’associazione dei costruttori ha calcolato un
impegno di spesa di un miliardo e mezzo di euro per vent’anni. Ecco le
nostre grandi opere. Contemporaneamente riconvertire l’edilizia urbana,
ristrutturare, conservare, riabilitare un patrimonio oggi fatisciente e
periclitante.
È un bel programma.
Bellissimo.
Lei ci starebbe?
Ci starei io, e anche i grillini. E anche migliaia di elettori che hanno
votato Pd. E persino quelli che non si sono recati alle urne. L’aria
che si respira invoglia all’ottimismo.
Sembra invece un caos, un gorgo che avviluppa ogni corpo.
Sono più ottimista di lei. Questa esplosione del M5s ha la capacità di
restituire passione alla politica e voglia di cambiare da subito e
tanto.
Anche a lei toccherebbe di scendere dalla cattedra e di smetterla di indicare il bene e il male.
Le ho detto già: per me è un piacere, veramente una fortuna sapere che
l’intellettuale ha perso ogni particolare diritto. Da pari a pari, va
bene così?
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