martedì 21 maggio 2013
Amartya Sen critico dell'Euro
«Che sbaglio, l'euro. Invece di unirvi, vi ha diviso»
di Danilo Taino Corriere 21.5.13
LUCCA
— Amartya Sen apre una porta attraverso la quale probabilmente
passeranno in molti. Dice che «l'euro è stato un'idea orribile». Non che
la moneta unica ora vada disfatta. Ma è stata «un errore» che ha
prodotto conseguenze negative per l'Europa e ha spinto ad altri errori:
tra questi il peggiore è l'imposizione ai Paesi più deboli delle
politiche di austerità. Sen è un economista di origine indiana, Premio
Nobel, e filosofo. Insegna all'università americana di Harvard ma spesso
anche a Oxford e Cambridge perché, dice, si sente europeo, «molto
legato alla Gran Bretagna e all'Italia». In effetti, nel 1973 sposò in
seconde nozze Eva Colorni, figlia di Eugenio Colorni, uno degli
estensori del Manifesto europeista di Ventotene: con Altiero Spinelli
(un altro dei tre autori del Manifesto) ebbe rapporti frequenti. Non
parte insomma da pregiudizi anti-europei. In questa intervista —
rilasciata ieri a Lucca, dove partecipava assieme a Salvatore Veca a una
discussione su Educazione e Cittadinanza organizzata dalla Fondazione
Campus — si dice però preoccupato della dinamica politica nella Ue.
C'è in giro parecchio nazionalismo. Soprattutto in Asia.
«Non
sono sicuro che in Asia ci siano manifestazioni di nazionalismo più
forti che in passato. Mi preoccupa molto di più quello che succede in
Europa, l'effetto della moneta unica. Era nata con lo scopo di unire il
continente, ha finito per dividerlo. I greci contro i tedeschi
imperialisti, i tedeschi contro i greci fannulloni. Io vedo molto
nazionalismo in Europa, non in Asia».
Sta dicendo che l'euro è stato una cattiva idea?
«L'euro
è stato un'idea orribile. Lo penso da tempo. Un errore che ha messo
l'economia europea sulla strada sbagliata. Una moneta unica non è un
buon modo per iniziare a unire l'Europa. I punti deboli economici
portano animosità invece che rafforzare i motivi per stare assieme.
Hanno un effetto-rottura invece che di legame. Le tensioni che si sono
create sono l'ultima cosa di cui ha bisogno l'Europa. Chi scrisse il
Manifesto di Ventotene combatteva per l'unità dell'Europa, con alla base
un'equità sociale condivisa, non una moneta unica».
Cosa è successo secondo lei?
«Quando
tra i diversi Paesi hai differenziali di crescita e di produttività,
servono aggiustamenti dei tassi di cambio. Non potendo farli, si è
dovuto seguire la via degli aggiustamenti nell'economia, cioè più
disoccupazione, la rottura dei sindacati, il taglio dei servizi sociali.
Costi molto pesanti che spingono verso un declino progressivo».
Declino in che senso?
«È
successo che a quell'errore è stata data la risposta più facile e più
sbagliata, si sono fatte politiche di austerità. L'Europa ha impiegato
anni a costruire lo Stato sociale. Ora rischia di distruggerlo,
nell'Educazione, nella Sanità, nella rete di sicurezza sociale. L'Europa
ha bisogno di riforme: pensioni, tempo di lavoro, eccetera. E quelle
vanno fatte, soprattutto in Grecia, Portogallo, Spagna, Italia. Ma non
hanno niente a che fare con l'austerità, con tagli indiscriminati. È
come se avessi bisogno di aspirina ma il medico decide di darmela solo
abbinata a una dose di veleno: o quella o niente. No, le riforme si
fanno meglio senza austerità, le due cose vanno separate».
Perché questo errore?
«Credo
che derivi dall'esperienza della riunificazione tedesca. Allora
l'austerità fu necessaria. Ma attenzione, fu un'austerità fatta pagare a
chi stava meglio, alla Germania occidentale. Oggi, al contrario, la si
applica ai Paesi messi peggio».
Anche lei punta il dito contro Berlino.
«La
Germania ha sicuramente beneficiato della moneta unica. Oggi abbiamo un
euro-marco sottovalutato e una euro-dracma sopravvalutata, se così si
può dire. Ma non credo che ci sia uno spirito del male tedesco. Non ci
sono malvagi in questa cosa terribile che sta succedendo. È che hanno
sbagliato anche i tedeschi. E si è finiti con la Germania denigrata.
Finora i francesi non hanno protestato abbastanza contro questa
impostazione. E nemmeno il bravo economista Mario Monti è riuscito a
farlo».
Quindi? Quali vie d'uscita?
«Il presidente francese
Hollande ha detto cose importanti la settimana scorsa, ha proposto
un'organizzazione politica dei 27 partner, non un accordo tra un paio di
Paesi. È molto importante. Spero che l'Italia lo segua».
Basta un pò più di unità europea?
«Quella
è la strada da seguire. Inoltre, l'austerità non è irreversibile. Basta
guardare al Giappone che dopo anni ha cambiato politiche e sta
crescendo a un ritmo del 3,5% su base annua. E gli Stati Uniti, che non
hanno scelto l'austerità, crescono più dell'Europa e anche il loro
rapporto tra deficit e Prodotto interno lordo migliora perché cresce il
denominatore. Oggi serve molto pensiero politico. Per questo mi è
piaciuto Hollande».
Una domanda più generale. Perché lei dà tanta importanza all'Istruzione?
«Per
molte ragioni. Ne cito una. Le intense deprivazioni sociali in India, a
cominciare dall'Istruzione, influiscono negativamente sulla crescita
del Paese, che è prima di tutto fondata sulla qualità del lavoro. Il
successo economico dei Paesi asiatici — a cominciare dal Giappone ma
anche di Singapore, Hong Kong, Taiwan, Corea del Sud e ovviamente Cina —
ha seguito una rotta focalizzata sull'istruzione, sulla qualità del
lavoro. Dovreste tenerne conto, in Europa. Il 60% di giovani disoccupati
in Grecia fa crollare la qualità del lavoro: crescere sarà più
difficile».
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