domenica 19 maggio 2013

Castellina ricorda Luigi Pintor

Questo contributo è stato inviato al quotidiano comunista il manifesto e al seminario sul decennale della morte di Luigi Pintor promosso dal Manifesto Sardo a Cagliari giovedì 15 maggio, con la partecipazione tra gli altri di Valentino Parlato, Loris Campetti, Claudio Natoli e Marco Ligas.

Luciana Castellina il manifesto 16.05.2013

Scarica il PDF del numero del manifesto di dieci anni fa 

Dieci anni fa moriva Pintor, unodei migliori giornalisti italiani del secolo scorso
GUIDO MOLTEDO Europa 16 MAGGIO 2013

Un ricordo del giornalista scomparso dieci anni fa
Quel che ci manca di Luigi Pintor
di Valentino Parlato Repubblica 18.5.13

Luigi Pintor, che ci ha lasciato dieci anni fa, è stato più di un giornalista, ha dimostrato che un giornalista può e deve essere un soggetto culturale e politico, un signore che quasi ogni giorno dà lezioni di vita. Nel ricordarlo non si può dimenticare il fratello maggiore Giaime, che influì così decisamente sulle scelte di Luigi.
Luigi era pessimista e critico, ma il suo pessimismo non frenava il suo impegno culturale e politico. Vale qui ricordare la citazione dell’Anonimo, che presenta
La signora Kirchgessner: «Si può essere pessimisti riguardo ai tempi e alle circostanze, riguardo alle sorti di un paese o di una classe, ma non si può essere pessimisti riguardo all’uomo». L’aspro spirito critico e la fiducia nell’uomo indussero Luigi alla rottura con il Pci, alla pubblicazione della rivista il manifesto diretto da Rossanda e Magri, insieme con Aldo Natoli, Luciana Castellina, Filippo Maone, Marcello Cini e altri ancora, tra i quali anch’io che in quella stagione lavoravo al settimanale del Pci, Rinascita.
Luigi fu decisivo nella decisione di passare dal mensile al quotidiano, che il 28 aprile di quest’anno ha compiuto 42 anni segnati da continue crisi, ma sempre superate, per l’impegno di Luigi e del gruppo che ci lavorava, fatto di anziani ma anche di giovanissimi. Quello di via Tomacelli era un piccolo e straordinario mondo, del quale penso che tutti abbiano nostalgia. E Luigi non era solo un politico di spessore ma anche un maestro di giornalismo. Insisteva fortemente sulla sintesi e la brevità (i suoi editoriali non giravano mai in altra pagina). E ci diede straordinarie lezioni sull’importanza e la qualità che debbono avere le notizie a una colonna. Allora c’erano.
Luigi fu il costruttore e il primo direttore del giornale ma ebbe sempre (salvo quando si arrabbiava e ci lasciava) un ruolo di sostanziale direzione, come possono testimoniare tutti i compagni (me compreso) che in quegli anni hanno diretto il giornale. Al manifesto Luigi manca da dieci anni, anni difficili, e la sua assenza è assai pesante. I suoi editoriali avevano un peso sulla politica della sinistra di straordinario rilievo. Assolutamente da rileggere l’ultimo del 24 aprile 2003, nemmeno un mese prima di morire, e così attuale: «La sinistra italiana che conosciamo è morta. Non lo ammettiamo perché si apre un vuoto che la vita politica quotidiana non ammette... ha raggiunto un grado di subalternità e soggezione non solo alle politiche della destra, ma al suo punto di vista e alla sua mentalità nel quadro internazionale e interno...». Luigi indicava quel che oggi dovrebbe essere nella mente e nel cuore di chi ancora pensa che una sinistra sia necessaria alla vita del Paese: «Non ci vuole una svolta, ma un rivolgimento. Molto profondo... Nel nostro microcosmo ci chiamavamo compagni con questa spontaneità, ma in un giro circoscritto e geloso. Ora è un’area senza confini. Non deve vincere domani, ma operare ogni giorno e invadere il campo. Il suo scopo è reinventare la vita in un’era che ce ne sta privando in forme mai viste».
Certo, se Luigi fosse ancora al manifesto, assai più penetrante sarebbe il ruolo di questo giornale in una crisi tanto grave, tanto nuova e pericolosa. Le attuali difficoltà, anche con la sua sola presenza, le avremmo affrontate sicuramente meglio. Io e altri compagni saremmo rimasti a combattere insieme a lui: quando Luigi, parafrasando Gertrude Stein ci diceva: «Un giornale è un giornale, è un giornale» sottolineava l’impegno politico e culturale, ne sottolineava il carattere di lotta e non certo la banalità di un quotidiano. E’ proprio su questo che si è aperta una dolorosa divisione nel giornale.
Oggi che la crisi della sinistra si è aggravata, torniamo a leggere quel che Luigi ci ha lasciato: gli articoli e i concisi volumetti come Servabo o Il nespolo.
Troveremo stimolo a capire meglio il presente e, forse, anche a fronteggiarlo. Grazie Luigi.

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