Attenzione! La concentrazione di pappa del cuore idealistica in questo libro sembra superare il livello di guardia! [SGA].
Philippe Kourilsky:
Il tempo dell’altruismo, trad. di Cristina Romano, con un’introduzione di Amartya Sen, Codice, pagg. 150, euro 17
Risvolto
La crisi non è solo economica: è soprattutto sociale e politica. Per
troppi la libertà non è neppure mai una speranza, a causa della povertà
estrema in cui sono stati condannati a vivere e di malattie che in
realtà sarebbe facile prevenire e curare. Il liberalismo economico
sfrenato è sul punto di crollare sotto il peso delle insostenibili
giustizie che ha creato. Il tutto è destinato a peggiorare: lo
sfruttamento intensivo delle risorse naturali, per esempio, da tempo
saccheggiate e compromesse, si prevede aumenterà ancora per far fronte
alle necessità di crescita dei paesi in via di sviluppo, con notevoli
conseguenze anche sul clima e sull’inquinamento. Per far fronte a questa
situazione è necessario allora raccogliersi nuovamente intorno a valori
comuni condivisi. A salvarci sarà l’altruismo individuale, insieme alla
pratica politica del liberalismo altruista, di cui Philippe Kourilsky
offre in questo libro il manifesto.
Egoaltruismo
Fare del bene agli altri non ha nulla a che vedere con la generosità: è e deve essere un impulso razionale, scientifico Ecco
come Philippe Kourilsky ha ribaltato la morale comune per combattere il
darwinismo sociale del liberismo e la sua “falsa filantropia”
di Fabio Gambaro Repubblica 19.5.13
La
nostra libertà dipende sempre dalla libertà degli altri. Non solo
perché è limitata da quella. Ma perché quella contribuisce a costruire
la nostra Senza di essa, la nostra libertà non esiste
L’atteggiamento
caritatevole è un atto nobile. Prendete Bill Gates. Ma è variabile e
discrezionale. Occorre costruire un sistema solido, fondato sul dovere e
non sul sentimentalismo
L’altruismo è la deliberata attenzione
prestata da un individuo alle libertà individuali dell’altro, con la
deliberata intenzione di difenderle e svilupparle ulteriormente.
Philippe Kourilsky definisce così il centro di una riflessione teorica
che, prendendo le mosse dall’ambito della scienza, ha investito il
terreno della filosofia, dell’economia e della politica. La novità di
questa riflessione — che si è concretizzata nelle pagine del Manifesto
dell’altruismo, cui oggi viene ad aggiungersi Il tempo dell’altruismo
(Codice, pagg. 150, euro 17, trad. di Cristina Romano, con
un’introduzione di Amartya Sen) — è racchiusa nell’aggettivo
“deliberata”. L’attenzione e l’intenzione devono essere volontarie e
soprattutto razionali, totalmente scevre da ogni impulso di generosità o
tensione emotiva: l’altruismo deve essere un puro atto dettato da
considerazioni intellettuali, un altruismo “scientifico”.
Professore
d’immunologia molecolare al Collège de France, membro dell’Accademia
delle Scienze e presidente onorario dell’Institut Pasteur, Kourilsky
ricorda che, di fronte alle immense sfide che ci attendono, non ci si
salva mai da soli, motivo per cui l’altruismo diventa un principio
indispensabile e irrinunciabile. La sua è una difesa intelligente e
appassionata di una prospettiva fondata sulla cooperazione
solidaristica, che vuole rimettere in discussione l’individualismo degli
ultimi decenni. Un individualismo egoisticamente aggressivo frutto di
una visione del pensiero liberale sottratta a ogni progettualità
collettiva e abbandonata alla tirannide del darwinismo sociale. Per
questo nella tensione critica tra l’io e gli altri, Kourilsky fa
dell’altruismo un imperativo categorico, un dovere etico, la cui
attuazione non si risolva solo in atti di generosità. Per l’immunologo,
solo ripartendo da un altruismo razionale, scientifico e anaffettivo,
sarà possibile non farsi travolgere dalle minacce economiche, sociali ed
ecologiche prodotte dalla crisi. Come Amartya Sen o Joseph Stiglitz,
egli ricorda che l’economia non può fare a meno di una dimensione etica e
invoca un “liberalismo altruista” in grado di superare la competizione a
tutti i costi, la centralità dell’homo oeconomicus e la redditività
come metro di ogni relazione umana. Lo studioso, che viaggia di continuo
tra Parigi e Singapore, dove ha creato un istituto internazionale di
ricerca sull’immunologia, è oggi alla Fiera del libro di Torino, dove
partecipa a un dibattito su questi temi.
«Per Auguste Comte», spiega,
«l’altruismo è una forma d’amore disinteressato capace d’investire
l’ambito della morale come quello della politica. Tale concezione
dell’altruismo fa però appello alla generosità, all’empatia e più in
generale ai sentimenti. Io invece difendo una definizione razionale,
che, a prescindere da ogni sentimento, fa dell’altruismo un dovere per
ogni individuo».
L’altruismo un dovere?
«La nostra libertà dipende
sempre dalla libertà degli altri. Non solo perché la libertà di
ciascuno è limitata da quella altrui, ma soprattutto perché la libertà
degli altri contribuisce a costruire la nostra libertà. Senza la libertà
di chi ci sta attorno, la nostra libertà non esiste. A che serve essere
liberi di comprare il pane se non c’è un panettiere che è libero di
sfornarlo? Se la mia libertà dipende da quella degli altri, è mio
interesse contribuire alla libertà altrui. È, appunto, un dovere».
Quindi l’altruismo è cosa diversa dalla generosità?
«La
generosità è sempre discrezionale. Si colloca nell’ambito delle
libertà. L’altruismo è dovere accompagnato dal criterio della
proporzione. Se le mie libertà sono più sviluppate di quelle di un
altro, il mio dovere d’altruismo dovrà essere sviluppato di
conseguenza».
Perché diffidare della generosità?
«L’economia
ultraliberale fa appello alla generosità per ridimensionare lo stato
sociale. La usa come un alibi. Ma non si può fondare un sistema sociale
sulla generosità individuale, dato che questa è sempre variabile e
dipendente dall’emotività. Si parla spesso della generosità di Bill
Gates che ha finanziato campagne di vaccinazione. Ma se Bill Gates, come
François Pinault, avesse investito in opere di artisti contemporanei,
cosa sarebbe successo ai bambini senza le vaccinazioni? La generosità è
un atto nobile, ma è una libertà che possiamo scegliere di esercitare o
meno. Per costruire un sistema solido occorre fare appello
all’altruismo, un dovere che, lontano da ogni sentimentalismo, nasce da
un’analisi razionale della realtà e delle nostre relazioni con gli
altri».
Fare appello all’altruismo significa sottolineare l’importanza della responsabilità individuale?
«Certo.
Quando si parla della libertà come costruzione sociale, si pensa di
solito alla società che crea lo spazio e le condizioni della libertà di
ciascuno. È invece importante sottolineare la partecipazione di ogni
individuo che deve assumersi le proprie responsabilità. Ognuno deve
essere capace di valutare da solo il proprio grado d’altruismo. Più c’è
libertà, più è necessaria la responsabilità».
Lei auspica l’avvento di un “liberalismo altruista” in opposizione all’ultraliberalismo darwiniano.
«La
nozione di libertà che fonda il liberalismo non contempla il dovere
dell’altruismo. Ed è molto grave. Negli ultimi due secoli, questo vizio
di fondo è stato in parte mascherato dalla presenza della cultura
religiosa, che si è fatta carico dell’attenzione agli altri. Un
individualismo fattosi più aggressivo va messo in relazione al venir
meno dell’influenza religiosa. Oggi viviamo in una realtà molto più
laica. Ed è solo un bene. Ma la conseguenza è che l’attenzione per gli
altri è diminuita. È necessario che liberalismo integri l’altruismo.
L’homo oeconomicus che pensa solo alla redditività immediata e alla
relazione costi/benefici non può continuare ad essere il centro della
nostra visione del mondo».
La crisi contribuisce a rimettere in discussione il dogma ultraliberale?
«Può
favorire una presa di coscienza, ma anche spingere a una concorrenza
sfrenata. Inoltre di fronte alle incertezze della democrazia, c’è il
rischio che l’esempio cinese — un sistema non democratico ma vincente
sul piano economico — possa essere percepito come un modello da
imitare».
Ma come convincere gli scettici della necessità di un atteggiamento altruistico?
«Razionalmente,
se non si adotta una politica altruistica, capace d’immaginare una
cooperazione responsabile, rischiamo di trovarci di fronte a problemi
insormontabili. E tutti ne subiremo le conseguenze, compresi coloro che
finora si sono illusi di essere al riparo dai problemi altrui. Purtroppo
l’argomento più efficace per molti resta la paura, il che ci fa uscire
dall’ambito della riflessione razionale».
Se l’utile individuale diventa quello collettivo
Le radici filosofiche, da Kant a Bentham e Mill
ROBERTO ESPOSITO, la Repubblica
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19 Maggio 2013
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