mercoledì 22 maggio 2013

Un sincero difensore dell'Occidente Herrenvolk



Dalla guerra d'Algeria alla Nuova Destra
Lo storico militante che ammirava i samurai
di Antonio Carioti Corriere 22.5.13

Come storico prediligeva le cause degli sconfitti, Dominique Venner, forse perché lui stesso veniva da un'esperienza del genere. Figlio di un collaborazionista, si era arruolato giovanissimo nell'esercito e poi si era battuto per l'Algeria francese contro la scelta gollista della decolonizzazione, tanto da finire in carcere un anno e mezzo per la sua appartenenza al movimento armato Oas.

Non a caso s'intitola Il bianco sole dei vinti uno dei suoi libri tradotti in italiano (Akropolis, 1980): una storia della guerra di Secessione americana vista dalla parte dei sudisti, presentati come i difensori di una visione aristocratica della vita di fronte all'avanzare della società industriale di massa, fondata sul primato del profitto. E anche il suo saggio Baltikum (Ciarrapico, 1978) racconta le vicende di combattenti sconfitti: i reduci tedeschi della Prima guerra mondiale che andarono a formare i Corpi franchi di estrema destra (molti poi finirono al fianco di Hitler) per contrastare in primo luogo i comunisti, ma anche democratici come il ministro degli Esteri Walther Rathenau, assassinato nel 1922.

In Venner convivevano lo spirito del militante politico e la vocazione del narratore di storia. In gioventù aveva prevalso il primo aspetto, che nel libro Pour une critique positive lo aveva visto teorizzare la necessità, per la destra nazionalista, di imitare i modelli organizzativi dei comunisti e anche la strategia egemonica gramsciana. Poi si era dedicato soprattutto alla storiografia, con una produzione copiosa: non era un frequentatore di archivi, ma era dotato di una scrittura limpida e coinvolgente, capace di tenere inchiodato il lettore. Il bimestrale da lui fondato nel 2002, La Nouvelle Revue d'Histoire, gode di una discreta popolarità ed esce anche in edicola.
Venner era un fervido appassionato di armi e di caccia, su cui aveva scritto molto. Per esempio un altro dei suoi libri editi in Italia è Un certo signor… Colt (Ciarrapico, 1973), una biografia dell'uomo che inventò la pistola più famosa del West. Sarebbe però sbagliato considerarlo soltanto un divulgatore, perché ad alcuni suoi lavori è stato riconosciuto un rilevante valore scientifico: con un saggio sulla guerra civile russa seguita alla rivoluzione bolscevica aveva vinto nel 1981 il premio Broquette-Gonin dell'Académie française. Ma i suoi studi, soprattutto quelli sulla Resistenza e Vichy, erano stati anche oggetto di forti critiche per la loro impostazione ideologica.
D'altronde Venner non aveva mai nascosto le posizioni che ne avevano fatto uno degli ispiratori della Nuova Destra francese. Le aveva esposte nella sua autobiografia intellettuale Le coeur rebelle, uscita nel 1994 presso il prestigioso editore Les Belles Lettres, mentre è atteso in giugno un altro volume che sarà una sorta di testamento spirituale. Il titolo, Un samourai d'Occident, richiama l'ammirazione di Venner per il Sol Levante e per Yukio Mishima, scrittore giapponese morto anch'egli suicida nel 1970.

L’intervista. De Benoist: “La morte volontaria di Venner? La più conforme all’etica dell’onore”

Pubblicato il 23 maggio 2013 da Nicholas Gauthier (traduzione di Maurizio Cabona) barbadillo.it

Nessun commento: