lunedì 3 giugno 2013

Ancora critiche a Luzzatto


«Partigia». Una storia della resistenzaCavaglion contro Luzzatto: una grave lacuna nel libro su Primo Levidi Antonio Carioti Corriere 3.6.13

Il rimprovero è pesante, specie se rivolto da uno storico a un collega. Alberto Cavaglion, sulla «Stampa» di ieri, ha accusato Sergio Luzzatto di aver trascurato nel suo libro Partigia (Mondadori), recensito sul «Corriere» il 16 aprile da Paolo Mieli, una fonte essenziale per ricostruire la breve militanza resistenziale di Primo Levi. Fra l'altro si tratta di un testo facilmente reperibile, che sembra fornire indicazioni di rilievo proprio sull'episodio più scottante della vicenda: la fucilazione di due giovani membri della banda partigiana cui apparteneva Levi, eliminati dai loro stessi compagni per colpe che Luzzatto non individua e che, a suo avviso, potrebbero essere state di entità non molto grave.

La fonte citata da Cavaglion è il diario pubblicato nel 1970 da Adolphe Barmaverain, curato del paese valdostano di Brusson, il quale riferisce che nella zona del Col de Joux, il 17 dicembre 1943, venne ritrovato il cadavere di una profuga ebrea sessantacinquenne, Elsa Polkorny, «suicidatasi in seguito alle vessazioni e alle minacce subite dai partigiani». Si disse allora, aggiunge Barmaverain, che i responsabili «sarebbero stati fucilati dal loro comandante venuto a conoscenza di queste vessazioni».

Pare insomma, ne deduce Cavaglion, che i due giovani non ancora ventenni passati per le armi, Fulvio Oppezzo e Luciano Zabaldano, si fossero macchiati di una «non lieve colpa», come l'avrebbe definita in una poesia del 1952 (ma pubblicata nel 1984) lo stesso Primo Levi. Il quale del resto, nel libro Il sistema periodico (1975), avrebbe scritto a proposito della fucilazione: «Eravamo stati costretti dalla nostra coscienza ad eseguire una condanna».

Tuttavia l'ipotesi che proprio Oppezzo e Zabaldano avessero spinto Elsa Polkorny al suicidio lascia perplessi per una questione di date. I due vennero uccisi il 9 dicembre, mentre il cadavere della donna, sostiene il sacerdote, fu ritrovato il 17 dicembre, quando Levi e i suoi compagni erano già stati catturati, il giorno 13, dai fascisti della Rsi. E il corpo della signora suicida non fu rinvenuto in qualche luogo isolato, bensì in casa di Cécile Révile, nel paese di Fontaines. Era in quell'abitazione da oltre una settimana e nessuno si era accorto di nulla, fuorché i partigiani? Di primo acchito non sembrerebbe molto plausibile.

Interpellato dal «Corriere», Luzzatto respinge le accuse: «Conoscevo benissimo il diario del curato e la tragica vicenda della profuga ebrea suicida, ma dalle mie approfondite ricerche sull'argomento risulta che i fatti non andarono come Cavaglion ritiene di aver scoperto e comunque non ebbero alcun rapporto con l'esecuzione di Oppezzo e Zabaldano. Ho preferito non parlarne nel libro, perché la documentazione di cui dispongo ha un carattere privato e mi è stata fornita in via riservata, sulla base di un rapporto fiduciario. Si tratta di una vicenda molto delicata, che a mio avviso rimane irrisolta e non andava buttata in pasto al pubblico». Comunque l'autore di Partigia preannuncia un'ampia risposta nel merito sulle colonne della «Stampa».
Cavaglion attende la replica senza deflettere dalla sua posizione: «Anche se il cadavere della signora suicida — osserva — fu ritrovato il 17, il decesso poteva essere antecedente. Non do per certo che responsabili della sua morte fossero Oppezzo e Zabaldano, ma mi fa specie che il diario del parroco non sia neppure menzionato in un libro che si sofferma anche su minimi particolari della lotta partigiana in Val d'Aosta. Luzzatto non gli dedica neppure una noticina, anzi non cita mai il curato. Adesso forse demolirà quella fonte come inutile nella sua replica, ma è un po' tardi, dopo che gli è stata rinfacciata la lacuna».
Dura la conclusione di Cavaglion: «Luzzatto ha allestito un processo indiziario per dimostrare che i due ragazzi vennero uccisi per futili motivi, ignorando non solo la testimonianza del curato, ma anche quella del medico condotto, che ora sta venendo fuori. Il suo è un libro a tesi, scritto con l'obiettivo di gettare un'ombra su Levi».

Cavaglion: ma la “voce” raccolta
dal curato è realistica

Alberto Cavaglion La Stampa 04/06/2013
La replica a Luzzato : ecco la chiave del “segreto”di Primo Levi

Primo Levi, quel suicidio
non si lega ai partigiani

Sergio Luzzatto La Stampa      04/06/2013
Sergio Luzzatto replica a Cavaglion: la chiave del “segreto brutto” non sta nei sentito dire del parroco. L’anziana ebrea viennese si tolse la vita dopo la fucilazione dei due giovani e il nesso fra gli episodi è improbabile

06/06/2013
Prosegue la polemica storiografica nata in questi giorni sulle pagine de «La Stampa». Una lettera dei famigliari di uno dei due partigiani fucilati dai compagni nel 1943 in Valle d’Aosta: “Ucciso per coprire le colpe di altri”
Il segreto brutto non è solo di LeviRedazione - il Giornale Ven, 07/06/2013
Lo chiamano «il segreto brutto di Primo Levi» e come è successo ancora ieri su La Stampa scatena litigi fra storici e interventi risentiti da parte dei parenti delle vittime. Alla fine le cose che sappiamo con chiarezza sono poche. Due ragazzi Fulvio Opezzo e Luciano Zabaldano vennero fucilati dai loro compagni partigiani nel 1943, al Col de Joux. Tra chi decise la fucilazione, senza regolare processo, ci fu Primo Levi. Erano davvero colpevoli di violenze verso una vecchia ebrea come ritiene lo storico Alberto Cavaglion? Avevano fatto delle requisizioni illegali come sembra pensare Sergio Luzzatto? Sono accuse campate per aria come ritengono i parenti di Zabaldano? Quello che è certo è che dopo la guerra su questi episodi della Resistenza agli italiani è stata raccontata una storia completamente falsa ed edulcorata. E che ancora adesso parlarne provoca polemiche levate di scudi. Forse resta questa la questione più importante.
Leggi anche qui

Così i partigiani ammazzarono il papà dei fratelli PontiggiaLuigi Mascheroni - il Giornale Sab, 08/06/2013 

“Partigia” e i misteri di Primo Levi
di Furio Colombo il Fatto 10.6.13

Arriva un libro duro e difficile sulla Resistenza (Partigia, di Sergio Luzzatto, Mondadori) e non appartiene alla serie “adesso ti faccio vedere che anche i partigiani erano canaglie”. “Partigia” è un libro importante, ben documentato che si vale della buona scrittura del suo autore e dell’impianto solido del ricercatore scientifico. Contiene un evento teoricamente noto (nel senso che c’è una lapide in un cimitero) ma mai svelato: esistenza, tormento e morte per suicidio di una anziana signora ebrea di origine asburgica (dice Luzzato) in fuga da Vienna, finita in Val d’Aosta vicino al luogo in cui operava il gruppo partigiano di cui faceva parte Primo Levi. Il suicidio (se è stato un suicidio) avviene poco prima o poco dopo la fucilazione, ordinata ed eseguita da partigiani, di due compagni per ragioni gravi o futili, proprio mentre un rastrellamento fascista nella zona disperde la banda, arresta Primo Levi, e comincia la parte di storia che sappiamo.
PERCHÉ la signora, che si chiama Pokorni, si è uccisa? Che cosa c’entrano i due fucilati la cui esecuzione ha sconvolto Primo Levi e forse lo ha reso preda più facile dei rastrellatori fascisti? Sono eventi legati da cause ed effetti (per esempio i due giovani ribelli tormentavano la donna ebrea credendola danarosa) o sono le vicende maledette del caos feroce che insanguinava le terre sfortunate della repubblica di Salò?
Un altro storico, Alberto Cavaglion pensa di poter dare delle risposte e di ritoccare i materiali di Luzzato sul punto rovente “partigiani che fucilano partigiani, profuga ebrea che si uccide”. Lo fa utilizzando carte nel frattempo ritrovate, memorie non sempre precise di un parroco, ritrovate dal figlio del medico condotto del tempo. Stupisce, anche per il livello della sua reputazione accademica, la risposta violenta (pubblicata da La Stampa il 4 giugno) di Sergio Luzzato, docente di Storia a Torino, contro Caviglion, docente a Firenze. L’accusa è “falso scoop”, “incapacità di distinguere”, “se almeno Caviglion si fosse dato la pena di... ”.
È un peccato, perché una storia così importante si sfalda in una polemica segnata del tipico scontro accademico. Per quanto mi riguarda, però, La Stampa, in quella pagina, è stata sul punto di rivelare un altro scoop, a proposito di Primo Levi. Pubblica infatti le immagini di tre ritratti del grande scrittore italiano ad opera di Larry Rivers, uno dei grandi pittori della Pop Art americana. Al momento i tre grandi quadri sono al Museo Ebraico di Roma, ma appartengono alla collezione Gianni e Marella Agnelli alla Pinacoteca del Lingotto. C’è dunque un rapporto fra Primo Levi, Larry Rivers e Gianni Agnelli (che ha comprato i tre quadri alla Malborough Gallery di New York nel 1987 ). Ma la didascalia de La Stampa non lo spiega.

2 commenti:

donadriano ha detto...

Dal Bollettino parrocchiale di Cavaglià risulta che Fulvio Oppezzo è stato sepolto a Cavaglià il maggio del 1946 a cura del CLN che gli ha reso gli onori militari
don bregolin adriano parroco

donadriano ha detto...

Dal Bollettino parrocchiale di Cavaglià risulta che Fulvio Oppezzo è stato sepolto a Cavaglià il maggio del 1946 a cura del CLN che gli ha reso gli onori militari
don bregolin adriano parroco