mercoledì 13 novembre 2013
Un nuovo libro di Emanuele Severino
Che poi è sempre lo stesso [SGA].
Emanuele Severino: La potenza
dell’errare. Sulla storia dell’Occidente, Rizzoli, pp. 358, e 19
Risvolto
Alle
radici della storia dell'Occidente, in concetti come azione, volontà,
potenza, si trova l'alienazione più profonda della verità, ossia
l'estremo disfarsi della verità: nel senso in cui ci si libera di una
ricchezza rimanendo impoveriti. A questo principio cruciale della
filosofia di Emanuele Severino è dedicato questo libro che, parlando di
arte, cristianesimo, politica, diritto, economia, mostra in azione
l'essenza del nichilismo, il più potente dei meccanismi dell'errare.
"Quando si parla di "nichilismo"" scrive l'autore "si intende per lo più
il crollo dei valori tradizionali. Inoltre, solitamente, il nichilismo è
una crisi soltanto descritta, ossia è presentato come un fatto che
accade, ma che sarebbe potuto o potrebbe non accadere." Queste pagine ci
esortano invece a prestare ascolto alla spinta che ha provocato
l'inevitabile accadere della resa al nulla. Da Dante e Leopardi fino
allo stato-azienda e ai governi tecnici, la riflessione di Severino
svela il meccanismo oscuro che culmina nel rovesciamento del mezzo in
scopo. Il risultato è un'analisi che porta allo scoperto come lo
"scambio delle parti" derivi dall'origine di ogni alienazione del
destino della verità e che dimostra - con nuovi scorci e riferimenti -
come "la malattia nascosta 'il culmine dell'errare' sia la persuasione
che le cose siano nulla, e il viverle come un nulla".
Il potere scientifico dell’Occidente è nell’aver rinunciato alla verità
Emanuele Severino: «In questo abisso ci sono nulla e alienazione»
di Armando Torno Corriere 13.11.13
Emanuele
Severino pubblica presso Adelphi le sue opere teoretiche e da Rizzoli
quelle dedicate a un pubblico più vasto. Da quest’ultimo editore egli
ama raccogliere — ripensando, aggiungendo, sistemando — saggi o
interventi nati in diverse occasioni. Ma il suo nuovo libro, La potenza
dell’errare. Sulla storia dell’Occidente (Rizzoli, pp. 358, e 19),
rappresenta un’eccezione. Non è una semplice raccolta, ché numerose sono
le pagine inedite; non è nemmeno un nuovo libro come La morte e la
terra oppure Intorno al senso del nulla (Adelphi 2011 e 2013), giacché
in esso Severino ritorna, o meglio riapprofondisce alcuni momenti topici
del suo pensiero. Non a caso la terza e ultima sezione è dedicata alle
postille sulla prima parte, ove si trovano temi quali «democrazia e
tecnica» o «l’essenza del nichilismo», vale a dire note problematiche
severiniane sulle quali è ancora aperto un dibattito. Insomma, La
potenza dell’errare è un libro divulgativo che offre un soddisfacente
sguardo teoretico sul pensiero di un filosofo unico nel panorama
attuale.
Non è facile parlare con Severino di quest’opera, giacché
egli tende ad approfondire ulteriormente le questioni messe in gioco. Ma
basta, per esempio, fissare l’attenzione sulle parole di titolo e
sottotitolo per cogliere la portata del contenuto: potenza, errare,
storia, Occidente. Lo stesso pensatore ci confidava: «Incominciamo dalle
ultime due. Occidente significa storia dell’Europa e della sua
espansione nel mondo: marxismo, capitalismo, democrazia, individualismo,
dimensione planetaria, soprattutto tecnica. Esse si rivolgono agli
storici: c’è un sottinteso dialogo con loro, ché praticano ormai lo
specialismo così com’è applicato nelle scienze della natura; va detto
che si sono anch’essi arroccati nell’atteggiamento specialistico. Qui il
dialogo sottinteso con le ricognizioni storiche di ogni tipo è che
l’anima delle res gestae dell’Occidente è filosofica. Giustifichiamola
rapidamente: si agisce in relazione al significato che ha il mondo per
chi agisce: l’agire di un taglialegna è conformato in un certo modo, e
non in un altro, perché egli crede di avere dinanzi un albero e non un
sasso o un cane; il significato in cui consiste essere albero determina
il suo agire». Il pensiero filosofico ha portato alla luce quella
fondamentale rete di fondo di significati: ogni forma di azione di ciò
che è in rapporto a quei significati, è diventata storia dell’Occidente.
E il suo carattere filosofico «è l’anima del pianeta, ovvero il punto
di riferimento imprescindibile di ogni storia, indipendentemente dalla
coscienza che gli storici ne hanno».
Poi abbiamo sottoposto alla sua
attenzione «errare» e «potenza». Severino replica: «Si tratterebbe di
capire che avere potenza è essere nell’errore. Viceversa, essere nella
verità significa trovarsi in una posizione diversa da quella della
potenza. Questo non vuol dire che l’impotente è colui che è nella
verità, perché l’impotente è il fallimento del potente (non ho scritto
un’apologia dell’impotenza). Tale concetto può essere chiarito dicendo
che oggi la tecnoscienza ha rinunciato a essere verità assoluta (lo
dichiara esplicitamente) e lo ha fatto perché la verità assoluta, che
era la l’oggetto essenziale della tradizione filosofica, impediva
l’acquisizione di quelle verità che lo sviluppo dell’esperienza era in
grado di fornire e che per altro smentivano (e ancora smentiscono) gli
schemi fissi della pretesa di possedere un sapere definitivo. La
tecnoscienza è potente proprio per aver rinunciato alla verità. Da qui
il titolo La potenza dell’errare».
Ma a questo punto emerge il
tratto più in salita, più nascosto: e cioè che l’agire si fonda sulla
persuasione della trasformabilità del mondo. «A partire dai greci —
prosegue Severino — la trasformazione è intesa come un andare dal nulla
all’essere; ed è proprio questo andare la radice di fondo dell’errare,
dove l’errare di cui si sta parlando è qualcosa di essenzialmente più
decisivo di qualsiasi colpa originaria o peccato delle origini: è
l’abisso più profondo di ogni altro in cui l’uomo può venire a trovarsi,
nel quale egli vive e pensa le cose come un nulla».
Dicevamo che la
struttura del libro è divisa in tre sezioni. Ciò ha consentito a
Severino di puntualizzare ulteriormente, approfittando di tale
caratteristica. Per esempio, la prima di esse è intitolata «Scambio
delle parti e alienazione della verità». «Alienazione della verità»
significa per il filosofo essersi trovati nell’abisso già ricordato: la
verità autentica non è più quella della tradizione filosofica, di cui il
pensiero scientifico si è liberato. «Ma — aggiunge — anche la filosofia
del nostro tempo si è liberata dalla verità della tradizione e per
questo si trova in quell’abisso, cioè nell’alienazione della verità
autentica». E che dire dello «Scambio delle parti»? Per il pensatore è
uno dei fenomeni emergenti dell’alienazione della verità e consiste nel
rovesciamento per cui il mezzo, grazie al quale l’agire raggiunge il
proprio scopo, è destinato a diventare lo scopo di questo agire. Ci
offre un esempio: «Nel cristianesimo la prassi poetica ha come scopo la
glorificazione di Dio. Accade già nella poesia cristiana, già in Dante
che passa la sua vita a poetare: la glorificazione di Dio diventa il
mezzo per la realizzazione del canto poetico, che da mezzo si trasforma
in scopo».
In sintesi diremo che Severino vede alla radice della
storia dell’Occidente, in concetti quali azione, volontà, potenza,
l’alienazione più profonda della verità, o meglio l’estremo disfarsi
della verità. Il verbo disfarsi va inteso come nel caso in cui ci si
disfa di una ricchezza e si resta impoveriti. O forse: disfatti.
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