giovedì 6 febbraio 2014
Alessandro Barbero sull'uso del corpo di Carlo Magno
L’annuncio di un gruppo di scienziati tedeschi, dopo uno studio di 26 anni: le ossa conservate ad Aquisgrana sono davvero quelle dell’imperatore. Ma la tentazione di acquistare notorietà grazie ai resti regali dura da un millennio, con scene da film horror
Alessandro Barbero La Stampa 6 febbraio 2014
Il 28 gennaio di quest’anno, anniversario della morte di Carlo Magno, gli scienziati tedeschi che da ben 26 anni studiano lo scheletro ritrovato in un sarcofago ad Aquisgrana hanno annunciato che sono quasi sicuri: le ossa «molto probabilmente» sono davvero quelle dell’imperatore. Siccome le sfumature trovano poco posto nell’informazione, la notizia che le ossa di Carlo Magno sono state finalmente identificate ha fatto il giro del mondo. Ma come stanno le cose veramente?
La tentazione di acquistare notorietà a spese dei resti di Carlo Magno è vecchia di un millennio. Il giorno di Pentecoste dell’anno Mille, l’imperatore Ottone III fece spaccare il pavimento della basilica di Aquisgrana per cercare la tomba, che dopo due secoli nessuno sapeva più dove fosse. Ottone III aveva appena diciannove anni, e un progetto, rinnovare l’impero romano. Questo ideale è stato giudicato di volta in volta stupido o grandioso, ma come osserva uno dei più grandi medievisti viventi, Chris Wickham, «“stupido” è più adatto»: Ottone «viveva in un sogno a occhi aperti». Ma proprio per questo, ritrovare i resti mortali di Carlo Magno e proclamarsi continuatore della sua missione aveva un’enorme importanza pubblicitaria per il giovanissimo imperatore. Quando dallo scavo emerse il cadavere di Carlo, Ottone s’impadronì della croce che aveva sul petto e d’una parte delle sue vesti, non ancora decomposte, prima di riseppellire ciò che restava con tutti gli onori.
Così, almeno, racconta un testimone, il vescovo Tietmaro di Merseburg; ma la notizia, come accadeva allora, s’ingigantì e si deformò passando di bocca in bocca. Il monaco piemontese che scrisse la Cronaca della Novalesa garantisce che uno che era presente gliel’ha raccontata così: quando fu aperta la tomba, si vide che il cadavere di Carlo non giaceva sdraiato, ma stava seduto sul trono come se fosse ancora vivo. Aveva la corona in testa e lo scettro in mano; portava i guanti, ma le unghie avevano continuato a crescere, bucandoli. Il corpo era intatto, e spandeva intorno un acuto profumo; Ottone III s’inginocchiò davanti a lui e gli rese onore, poi lo rivestì di paramenti candidi e gli tagliò le unghie. Poiché al cadavere mancava la punta del naso, l’imperatore la fece rifare in oro; infine cavò un dente dalla bocca del morto, per conservarlo come una reliquia, e fece richiudere la cripta.
Questo racconto che a noi evoca un film dell’orrore, col morto vivente seduto in trono e le unghie che continuano a crescere nell’oscurità, per un ascoltatore medievale evocava piuttosto la santità, perché sono i corpi dei santi che miracolosamente non si corrompono, ed emanano un profumo soave - l’odore di santità, appunto. Non per niente Federico Barbarossa ottenne che Carlo Magno fosse canonizzato, anche se oggi il culto è ammesso solo ad Aquisgrana. In ogni caso, dopo l’incursione di Ottone III le ossa di Carlo Magno vennero lasciate in pace fino al 1861, quando la tomba venne riaperta a fini, stavolta, scientifici. Si era nell’Ottocento miscredente e positivista e quel che interessava agli studiosi era misurare: si scoprì che il cadavere, banalmente sdraiato in un sarcofago, era alto un metro e 90.
Questa misura provocò un generale compiacimento: quello era proprio Carlo Magno. Il biografo dell’imperatore, Eginardo, afferma che era alto sette piedi, il che farebbe più di due metri, ma bisogna pur lasciare spazio a un po’ di esagerazione. Sennonché Eginardo commenta questa misura osservando che Carlo era «di statura alta ma non eccezionale», commento che ha sempre esasperato gli storici: che Eginardo ci stia prendendo in giro? È vero che nel Medioevo la gente non era così piccola come ripete un pregiudizio popolare. Studi recenti, comparando tutti i dati finora accumulati dagli archeologi, sostengono che la statura media maschile in epoca romana era intorno a 1,69, e crebbe fino a 1,72 con le invasioni barbariche. Da lì a due metri, o anche solo un metro e 90, però, ce ne corre. La spiegazione che ci diamo di solito è un’altra: Carlo Magno aveva mangiato carne per tutta la vita, a tutti i pasti; carne arrosto o allo spiedo, come si addice a un sovrano, tanto che in vecchiaia, racconta Eginardo, litigava coi medici, i quali volevano convincerlo a passare al bollito. Non era forse una dieta fatta per vivere a lungo, benché Carlo abbia passato i settant’anni, che all’epoca erano molti; però può benissimo averlo fatto crescere fino a quella statura erculea.
Fin qui le misurazioni ottocentesche; ma nel 1988 il sarcofago è stato di nuovo riaperto, e da allora un team di scienziati ha studiato quei resti, per vedere di scoprire ancora qualcosa. A dire la verità, i risultati divulgati il 28 gennaio non sono poi così sbalorditivi, e c’è da chiedersi se valeva la pena di lavorare 26 anni per questo. Ci aspettavamo analisi scientifiche innovative, ad esempio quella del Dna, anche se pare che a distanza di così tanto tempo il margine di errore sia troppo alto; in ogni caso i risultati pubblicati non ne fanno cenno. Quello che si è accertato definitivamente è che lo scheletro appartiene davvero a un uomo anziano, con problemi al ginocchio e al tallone che confermano il racconto di Eginardo, secondo cui Carlo negli ultimi anni zoppicava un po’.
La novità principale riguarda la statura: l’uomo misurava, secondo quanto risulterebbe adesso, un metro e 84. Si è un po’ accorciato, ma rimane decisamente alto per l’epoca. Come è morto? Eginardo racconta che prese freddo andando a caccia, si mise a letto con una fitta nel petto, che indicherebbe una pleurite, e non si rimise più; ma gli scienziati non sono in grado di confermarlo. In compenso hanno accertato che mancano alcune ossa, evidentemente portate via da cacciatori di reliquie o da collezionisti di souvenir in una delle tante occasioni in cui il sonno dell’imperatore è stato disturbato. È un po’ poco: i commenti sulla rete sono comprensibilmente delusi. Gli unici contenti sono quelli che credono di discendere da Carlo Magno e si rallegrano che «uncle Charlie» sia stato finalmente identificato. Gli altri per lo più protestano, e come dargli torto? Alla fin fine, erano meglio le unghie lunghe e il naso d’oro di Ottone III.
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1 commento:
salve
vorrei segnalare gli studi di GIOVANNI CARNEVALE
ci sono enormi e non trascurabili scoperte da approfondire
GRAZIE
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