sabato 1 febbraio 2014

Anatomia filosofica

ORGANI VITALI. ESPLORAZIONI NEL NOSTRO CORPO
Francisco González Crussí: Organi vitali. 
Esplorazioni nel nostro corpo, Adelphi, pp. 340, e 18

Risvolto

In un indimenticato film di fantascienza degli anni Sessanta, Viaggio allucinante, un manipolo di scienziati-eroi, sottoposto a un processo di miniaturizzazione che lo riduce a dimensioni microscopiche, intraprende un periglioso viaggio, a bordo di un sottomarino, all'interno di un corpo umano vivente. Qualcosa di simile ci offre questo libro di González-Crussí. E non sarà solo un percorso attraverso i mondi strabilianti della nostra anatomia, ma anche un itinerario, fitto di sorprese, nella storia della cultura - tra medicina e filosofia, letteratura e psicologia -, accompagnati da un autore capace di regalarci a ogni passo aneddoti irresistibili (Spallanzani che per dimostrare la validità delle proprie teorie sui succhi gastrici ricorre all'empirismo più radicale: ficcandosi due dita in gola), racconti ai limiti dell'incredibile (il rude trapper che, quasi sventrato da un colpo di fucile, diventa una preziosissima cavia per l'indagine diretta del processo digestivo), osservazioni sul filo dell'ironia (per almeno cinque secoli i teologi si arrovellarono intorno a questo dilemma: quando il Cristo incarnato assunse la natura umana, proprio tutte le funzioni corporali divennero attributo della divina persona?).

Il fascino (in)discreto dei nostri organi vitali
Fegato, cuore, stomaco, intestino: un libro affascinante racconta le tappe nella conoscenza del corpo umanoMassimiliano Parente - il Giornale Mar, 18/02/2014


L’uomo, oggetto delle meraviglie tra pezzi unici e magiche reliquieDal corpo di Napoleone come feticcio ai trapianti d’organidi Marco Missiroli Corriere 31.1.14


Quando Napoleone morì a Sant’Elena il suo corpo rimase incustodito per un tempo decisivo: il pene sparì. Fu trafugato, si suppone, durante l’autopsia visto che la tumulazione risultò a prova di ladro e pervertiti. Il membro di Bonaparte arrivò nelle mani di collezionisti e studiosi fino a un professore di urologia di New York che si prestò a mostrare il cimelio. Qual era il movente dello scempio? La probabile speculazione del medico che seguì il Generale al confino: un giovinastro che capiva ben poco di medicina e che venne referenziato dallo zio di Napoleone per quel lavoro privilegiato. Nel periodo dell’incarico a Sant’Elena si vantò della sua posizione per rincorrere le ragazze e combinare disfatte tra cui la diagnosi mancata del tumore allo stomaco che causò la morte di Bonaparte. La carne dell’imperatore di Francia, bistrattata e venduta, torbida: è solo una delle vertigini che Francisco González Crussí, medico patologo messicano, esplora nel suo incredibile Organi vitali (Adelphi, pp. 340, e 18). 
Se Napoleone è il punto più basso, anche anatomicamente, di quanto gli uomini si maltrattano, una giovane partoriente è l’emblema di come un’autopsia possa riscattare l’istinto di profanazione. È l’apparato respiratorio a custodire l’aneddoto di Anne Greene, ventenne del XVII secolo, che diventò la governante di un potente aristocratico, Sir Thomas Read. Sta di fatto che Anne si invischiò in una relazione con il nipote di Sir Thomas partorendo un figlio illegittimo. La condanna fu esemplare: impiccagione. Quando Anne salì sul patibolo, al Foro Boario di Oxford il 14 dicembre 1650, le fu concesso il tempo di pregare. Poi il suo corpo cadde dalla botola e rimase a penzoloni a lungo, prima di essere trasportato all’università per uno studio anatomico. L’autopsia fu condotta da due medici trentenni che rischiarono l’infarto appena videro miss Greene risvegliarsi di colpo. Fu assistita e curata. In un mese si riprese del tutto, impressionando a tal punto le autorità superiori che le concessero la grazia. La vicenda permise di approfondire i meccanismi della respirazione riprogettando possibili soffocamenti. Furono ristabilite norme per l’altezza del patibolo e per il peso dell’impiccato, la nuova equazione avrebbe evitato spiacevoli resurrezioni. 
Corpo riparato e corpo strappato a Dio: González Crussí sfida la morte e la materia che ci compone. Dalla testa ai piedi, l’occhio ironico dell’autore messicano si addentra e sposta l’angolo della conoscenza attraverso aneddoti storici e anatomie inusuali, chirurgie sorprendenti e alchimie invisibili. C’è il soma, e c’è la psiche. C’è il Caso, che portò alla scoperta della respirazione bocca a bocca dopo l’incidente di un minatore di carbone, assistito attraverso quel bacio rivoluzionario da un medico fantasioso che passava di lì. Il minatore si salvò e orizzonti di cura grandiosi si aprirono nel pronto soccorso. Il limite scientifico era stato valicato, traslocando le Colonne d’Ercole dell’umano: è «il potere immaginifico» su cui González Crussí fonda il suo libro, lo stesso che guidò il medico William Beaumont ad accorrere un giovane vagabondo, Alexis St. Martin, ridotto a un colabrodo da un colpo di moschetto. Lo sparo è avvenuto a bruciapelo e la ferita, orribile, è grande quanto una mano e attraversa il ventre di lato. Beaumont presta i primi soccorsi e il paziente viene portato in ospedale in condizioni disperate. È robusto, nerboruto, di grande vitalità. Sono le tre condizioni che lo porteranno a una prodigiosa guarigione. E a una posizione a dir poco curiosa: se lo stomaco ha ritrovato le sue funzionalità complete, il buco del proiettile rimarrà perennemente aperto, facendo balenare a Beaumont prospettive di studio insolite. Comprerà Alexis St. Martin per 400 dollari all’anno, più vitto e alloggio, trasformandolo nella cavia perfetta: attraverso il «foro eterno» il medico analizzerà a occhio nudo i movimenti gastrici, le secrezioni acide e altri marchingegni digestivi del povero St. Martin. Gli organi come avanscoperta, meraviglia, rivoluzione. González Crussí costruisce la sua traversata corporale rivelando i simboli della fisiologia: il valore divino della scatologia, quello sacro del cardiovascolare, la spinta biblica del sistema riproduttivo e quella sentimentale del cervello. Si passa dalla tesi dell’auto-avvelenamento dovuto ai microbi intestinali, alla moda dei clisteri nelle corti francesi, fino alla volontà di Nerone di toccare con mano l’utero che l’aveva messo al mondo scoprendo di essere un comune mortale. Antichi romani e greci sono qui, la gente comune è qui, Dio e gli dèi anche: abitano tutti un libro capace di legare Pirandello all’influenza spagnola, Simone de Beauvoir al riscatto delle ovaie, Thomas Mann alla potenza mestruale, Chopin alla creatività respiratoria fino ad arrivare al mistero dei trapianti. Come può una persona innamorata di un’altra persona ricevere un cuore estraneo e continuare ad amarla? Forse non è il muscolo cardiaco il forziere della passione, ma il cervello. Se la testa racchiude l’identità amorosa, nel petto risiede l’uguaglianza degli uomini. Il 1967 è la data che lo ha dimostrato, il Sud Africa l’area geografia: in piena terra di apartheid un bianco riceve il cuore di un nero e non muore. Il rigetto non avviene. Così l’organo vitale per eccellenza smaschera l’odio per eccellenza. Il chirurgo che ha operato solleva la grande domanda retorica: «Se a un bianco è permesso servirsi del cuore di un nero defunto, i due non dovrebbero, da vivi, poter sedere insieme in tutti i luoghi pubblici dai quali le persone di colore sono generalmente bandite?». 
È l’ennesima risposta che González Crussí affida alla carne, segnando una delle tappe decisive di questo viaggio viscerale: «Per quanto si idealizzino gli organi del nostro corpo, alla fine emerge l’incontestabile verità: non vi sono gerarchie tra le parti componenti dell’organismo. Il corpo è uno». Immaginifico, democratico, prodigioso. 

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