Francisco González Crussí: Organi vitali.
Esplorazioni nel nostro corpo, Adelphi, pp. 340, e 18
Risvolto
In un indimenticato film di fantascienza degli anni
Sessanta, Viaggio allucinante, un manipolo di scienziati-eroi,
sottoposto a un processo di miniaturizzazione che lo riduce a dimensioni
microscopiche, intraprende un periglioso viaggio, a bordo di un
sottomarino, all'interno di un corpo umano vivente. Qualcosa di simile
ci offre questo libro di González-Crussí. E non sarà solo un percorso
attraverso i mondi strabilianti della nostra anatomia, ma anche un
itinerario, fitto di sorprese, nella storia della cultura - tra medicina
e filosofia, letteratura e psicologia -, accompagnati da un autore
capace di regalarci a ogni passo aneddoti irresistibili (Spallanzani che
per dimostrare la validità delle proprie teorie sui succhi gastrici
ricorre all'empirismo più radicale: ficcandosi due dita in gola),
racconti ai limiti dell'incredibile (il rude trapper che, quasi
sventrato da un colpo di fucile, diventa una preziosissima cavia per
l'indagine diretta del processo digestivo), osservazioni sul filo
dell'ironia (per almeno cinque secoli i teologi si arrovellarono intorno
a questo dilemma: quando il Cristo incarnato assunse la natura umana,
proprio tutte le funzioni corporali divennero attributo della divina
persona?).
Il fascino (in)discreto dei nostri organi vitali
Fegato, cuore, stomaco, intestino: un libro affascinante racconta le tappe nella conoscenza del corpo umanoMassimiliano Parente
- il Giornale
Mar, 18/02/2014
L’uomo, oggetto delle meraviglie tra pezzi unici e magiche reliquieDal corpo di Napoleone come feticcio ai trapianti d’organidi Marco Missiroli Corriere 31.1.14
Quando
Napoleone morì a Sant’Elena il suo corpo rimase incustodito per un
tempo decisivo: il pene sparì. Fu trafugato, si suppone, durante
l’autopsia visto che la tumulazione risultò a prova di ladro e
pervertiti. Il membro di Bonaparte arrivò nelle mani di collezionisti e
studiosi fino a un professore di urologia di New York che si prestò a
mostrare il cimelio. Qual era il movente dello scempio? La probabile
speculazione del medico che seguì il Generale al confino: un giovinastro
che capiva ben poco di medicina e che venne referenziato dallo zio di
Napoleone per quel lavoro privilegiato. Nel periodo dell’incarico a
Sant’Elena si vantò della sua posizione per rincorrere le ragazze e
combinare disfatte tra cui la diagnosi mancata del tumore allo stomaco
che causò la morte di Bonaparte. La carne dell’imperatore di Francia,
bistrattata e venduta, torbida: è solo una delle vertigini che Francisco
González Crussí, medico patologo messicano, esplora nel suo incredibile
Organi vitali (Adelphi, pp. 340, e 18).
Se Napoleone è il punto più
basso, anche anatomicamente, di quanto gli uomini si maltrattano, una
giovane partoriente è l’emblema di come un’autopsia possa riscattare
l’istinto di profanazione. È l’apparato respiratorio a custodire
l’aneddoto di Anne Greene, ventenne del XVII secolo, che diventò la
governante di un potente aristocratico, Sir Thomas Read. Sta di fatto
che Anne si invischiò in una relazione con il nipote di Sir Thomas
partorendo un figlio illegittimo. La condanna fu esemplare:
impiccagione. Quando Anne salì sul patibolo, al Foro Boario di Oxford il
14 dicembre 1650, le fu concesso il tempo di pregare. Poi il suo corpo
cadde dalla botola e rimase a penzoloni a lungo, prima di essere
trasportato all’università per uno studio anatomico. L’autopsia fu
condotta da due medici trentenni che rischiarono l’infarto appena videro
miss Greene risvegliarsi di colpo. Fu assistita e curata. In un mese si
riprese del tutto, impressionando a tal punto le autorità superiori che
le concessero la grazia. La vicenda permise di approfondire i
meccanismi della respirazione riprogettando possibili soffocamenti.
Furono ristabilite norme per l’altezza del patibolo e per il peso
dell’impiccato, la nuova equazione avrebbe evitato spiacevoli
resurrezioni.
Corpo riparato e corpo strappato a Dio: González
Crussí sfida la morte e la materia che ci compone. Dalla testa ai piedi,
l’occhio ironico dell’autore messicano si addentra e sposta l’angolo
della conoscenza attraverso aneddoti storici e anatomie inusuali,
chirurgie sorprendenti e alchimie invisibili. C’è il soma, e c’è la
psiche. C’è il Caso, che portò alla scoperta della respirazione bocca a
bocca dopo l’incidente di un minatore di carbone, assistito attraverso
quel bacio rivoluzionario da un medico fantasioso che passava di lì. Il
minatore si salvò e orizzonti di cura grandiosi si aprirono nel pronto
soccorso. Il limite scientifico era stato valicato, traslocando le
Colonne d’Ercole dell’umano: è «il potere immaginifico» su cui González
Crussí fonda il suo libro, lo stesso che guidò il medico William
Beaumont ad accorrere un giovane vagabondo, Alexis St. Martin, ridotto a
un colabrodo da un colpo di moschetto. Lo sparo è avvenuto a bruciapelo
e la ferita, orribile, è grande quanto una mano e attraversa il ventre
di lato. Beaumont presta i primi soccorsi e il paziente viene portato in
ospedale in condizioni disperate. È robusto, nerboruto, di grande
vitalità. Sono le tre condizioni che lo porteranno a una prodigiosa
guarigione. E a una posizione a dir poco curiosa: se lo stomaco ha
ritrovato le sue funzionalità complete, il buco del proiettile rimarrà
perennemente aperto, facendo balenare a Beaumont prospettive di studio
insolite. Comprerà Alexis St. Martin per 400 dollari all’anno, più vitto
e alloggio, trasformandolo nella cavia perfetta: attraverso il «foro
eterno» il medico analizzerà a occhio nudo i movimenti gastrici, le
secrezioni acide e altri marchingegni digestivi del povero St. Martin.
Gli organi come avanscoperta, meraviglia, rivoluzione. González Crussí
costruisce la sua traversata corporale rivelando i simboli della
fisiologia: il valore divino della scatologia, quello sacro del
cardiovascolare, la spinta biblica del sistema riproduttivo e quella
sentimentale del cervello. Si passa dalla tesi dell’auto-avvelenamento
dovuto ai microbi intestinali, alla moda dei clisteri nelle corti
francesi, fino alla volontà di Nerone di toccare con mano l’utero che
l’aveva messo al mondo scoprendo di essere un comune mortale. Antichi
romani e greci sono qui, la gente comune è qui, Dio e gli dèi anche:
abitano tutti un libro capace di legare Pirandello all’influenza
spagnola, Simone de Beauvoir al riscatto delle ovaie, Thomas Mann alla
potenza mestruale, Chopin alla creatività respiratoria fino ad arrivare
al mistero dei trapianti. Come può una persona innamorata di un’altra
persona ricevere un cuore estraneo e continuare ad amarla? Forse non è
il muscolo cardiaco il forziere della passione, ma il cervello. Se la
testa racchiude l’identità amorosa, nel petto risiede l’uguaglianza
degli uomini. Il 1967 è la data che lo ha dimostrato, il Sud Africa
l’area geografia: in piena terra di apartheid un bianco riceve il cuore
di un nero e non muore. Il rigetto non avviene. Così l’organo vitale per
eccellenza smaschera l’odio per eccellenza. Il chirurgo che ha operato
solleva la grande domanda retorica: «Se a un bianco è permesso servirsi
del cuore di un nero defunto, i due non dovrebbero, da vivi, poter
sedere insieme in tutti i luoghi pubblici dai quali le persone di colore
sono generalmente bandite?».
È l’ennesima risposta che González
Crussí affida alla carne, segnando una delle tappe decisive di questo
viaggio viscerale: «Per quanto si idealizzino gli organi del nostro
corpo, alla fine emerge l’incontestabile verità: non vi sono gerarchie
tra le parti componenti dell’organismo. Il corpo è uno». Immaginifico,
democratico, prodigioso.
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