giovedì 20 febbraio 2014
La marginalizzazione della filosofia dall'insegnamento pubblico in Italia
Appello
La crisi non cancelli le cattedre di Filosofia
l’Unità 20.2.14
QUESTO, PER LA FILOSOFIA E PER LA CULTURA UMANISTICA IN GENERALE, È
UN MOMENTO NON FACILE. Prevale un’ideologia tecnocratica, per la quale
ogni conoscenza dev’essere finalizzata a una prestazione, le scienze di
base sono subordinate alle discipline applicative e tutto, alla fine,
dev’essere orientato all’utile. Lo stesso sapere si riduce a una
procedura, e procedurali e organizzative rischiano di essere anche le
modalità della sua costruzione e valutazione. Un conoscere è valido solo
se raggiunge specifici risultati. Efficacia ed efficienza sono ciò che
viene chiesto agli studiosi: anche nell’ambito delle discipline
umanistiche.
In questo quadro non stupiscono, per restare
nell’ambito filosofico, l’eliminazione della Filosofia teoretica da
molti corsi universitari di Scienze dell’educazione, nonché, per quanto
riguarda le scuole secondarie, l’idea di ridurre a due anni la
formazione filosofica, a seguito del progetto per ora sperimentale di
abbreviare il ciclo a quattro anni. Allo stesso modo non sorprende il
fatto che, nonostante il diffondersi negli ultimi decenni delle etiche
applicate (come la bioetica, l’etica ambientale, l’etica economica,
l’etica della comunicazione) a tutt’oggi la bioetica è considerata nelle
declaratorie una disciplina che rientra ufficialmente nei settori
disciplinari della medicina e del diritto piuttosto che della filosofia.
Con la conseguenza che viene privilegiato per questa materia un
insegnamento di carattere procedurale, piuttosto che una formazione
volta a fare chiarezza sui motivi di certe scelte per aiutare a prendere
decisioni responsabili.
Ma tutto questo è la punta di un iceberg. È
il segno che, privilegiando un pensiero unico modellato sulle procedure
tecnologiche, abbiamo rinunciato alla nostra tradizione, alle
molteplici espressioni della nostra umanità, e siamo diventati tutti più
poveri nella riflessione e nella capacità critica. Si tratta di un
problema che interessa anzitutto la dimensione educativa. Ma più in
generale ne va del ruolo che, nel nostro Paese, può giocare la
dimensione della cultura.
È necessario cambiare rotta. È necessario
contrastare questa deriva. Lo si può fare anzitutto bloccando i progetti
che riducono o addirittura eliminano lo spazio della filosofia
nell’istruzione secondaria e nell’insegnamento universitario. Lo si può
fare chiedendo al nuovo governo impegni precisi: non solo per
l’ammodernamento delle strutture scolastiche e universitarie, ma
anzitutto per il sostegno e il rilancio di una cultura autenticamente
umanistica, come sfondo all’interno del quale anche la ricerca
scientifica e tecnologica acquista significato.
È questo il modo in
cui può trovare rilancio anche un’azione politica intesa come
responsabilità del pensiero nei confronti della dimensione pubblica e
del mondo. È questo il modo in cui il nostro paese può essere fedele al
suo passato. È questo il modo in cui esso può trovare una vera
collocazione nel presente e nel futuro dell’Europa. Promotori: Roberto
Esposito, Adriano Fabris, Giovanni Reale Primi firmatari: Massimo
Adinolfi, Luigi Alici, Dario Antiseri, Luisella Battaglia, Franco
Biasutti, Remo Bodei, Laura Boella, Francesco Botturi, Giuseppe
Cantillo, Dino Cofrancesco, Raimondo Cubeddu, Fulvio De Giorgi, Maurizio
Ferraris, Mariapaola Fimiani, Piergiorgio Grassi, Enrica Lisciani
Petrini, Eugenio Mazzarella, Salvatore Natoli, Giuseppe Nicolaci, Luigi
Papi, Luciano Pazzaglia, Paola Ricci Sindoni, Giuseppe Riconda, Leonardo
Samonà, Emanuele Severino, Giusi Strummiello, Gianni Vattimo, Carmelo
Vigna. Il testo dell’appello può essere sottoscritto sul sito
www.lascuola.it
La materia eliminata dai corsi di laurea in Pedagogia e Scienze dell’Educazione. L’insegnamento nei licei ridotto di un anno
Corriere
Chi vuole abolire la filosofia da scuola e università
Esiste un progetto ministeriale che limiterebbe lo studio della materia nei licei a soli due anni
Roberto Esposito Repubblica 16 febbraio 2014
Il piccolo,
ma agguerrito, mondo della filosofia italiana - quella che con
qualche ridondanza si denomina "teoretica" - è in comprensibile
fermento. In base ad una recente normativa tale materia è stata
eliminata dalle tabelle disciplinari di vari corsi di laurea, come
quelli di Pedagogia e di Scienze dell'Educazione, con la singolare
motivazione che si tratta di una disciplina troppo specialistica. E che
dunque dove si educano gli educatori non c'è alcun bisogno di essa. Ma
c'è di peggio. Sta prendendo corpo il progetto, già sperimentato in
alcuni licei, di abbreviare il ciclo delle scuole secondarie a quattro
anni, con la conseguente riduzione dell'insegnamento della filosofia a
due. L'idea, del resto, non è nuova. Già alla fine degli anni Settanta
si pensò di cancellare lo studio della filosofia dalle scuole,
sostituendola con le scienze umane. Ci volle la ribellione dei
professori di filosofia dei licei - molti dei quali preparati e
motivati - per scongiurare simile, sconcertante, trovata.
Che tali progetti siano solo disegni degli staff di funzionari del
Ministero dell'Istruzione può essere. Sta di fatto che segnalano, ancora
una volta, la spaventosa carenza culturale di coloro che sono preposti
all'organizzazione della cultura in Italia. L'intenzione di ridurre il
rilievo della filosofia, schiacciandola ai margini dei programmi
scolastici e universitari, è la punta di un attacco generalizzato al
sapere umanistico in Italia. Ma in essa c'è qualcosa di ancora più
grave. Si vuole così occludere lo spazio dove si forma lo spirito
critico. Indebolire ogni resistenza a un diffuso realismo in base a cui,
qui o altrove, non c'è da prefigurare nulla di diverso da quello che
abbiamo sotto gli occhi.
Tale progetto è sbagliato per più di un motivo. Intanto perché la
filosofia, oltre che indispensabile di per sé, lo è nei confronti degli
altri saperi. Non perché, come a volte si dice, li collega in un unico
orizzonte, ma, al contrario, perché definisce le loro differenze, misura
la tensione che passa tra i vari linguaggi. In quanto sapere critico,
la filosofia impedisce la sovrapposizione di questioni eterogenee,
delinea i confini dentro i quali esse assumono significato. Ma il suo
ruolo non si esaurisce in una procedura metodologica. Tutt'altro che
chiusa su di sé, essa è sempre aperta al mondo - alle sue potenzialità
e ai suoi conflitti. Tale è la sua funzione. La capacità, e anche il
desiderio, di aprire un confronto, in qualche caso uno scontro, rispetto
a ciò che esiste a favore di una diversa disposizione delle cose.
In questo senso la filosofia - anche e forse soprattutto quella che si
definisce "teoretica" - ha sempre un'anima politica. Non, certo, nel
senso di fornire prescrizioni o indicazioni su cosa fare o come agire.
Ma perché è situata lungo il confine tra il reale e l'immaginario, il
necessario e il possibile, il presente e il futuro. Perciò essa è sempre
in rapporto con la storia. Non parlo solo della storia della filosofia
- pure indispensabile. Ma della storia nella filosofia. Il pensiero
non solo ha, ma è storia, perché consapevole del nostro limite. Di
quanto abbiamo, ma anche di quanto ci manca, dell'assenza che taglia
ogni presenza, della scissione che attraverso ogni unità.
È un'idea, questa, che congiunge tutti i grandi pensatori, da Platone a
Hegel e oltre. Il motivo per il quale, nonostante l'apparente inutilità
che spesso le viene rinfacciata, si continua a praticare filosofia sta
proprio nella coscienza che il suo compito è inesauribile. Che restano
sempre spazi inediti da aprire, vie nuove da imboccare, opzioni diverse
da sondare. Quando si è supposto che così non fosse, che la verità era
stata raggiunta e il percorso compiuto, allora la filosofia è stata
messa a tacere e i filosofi sono stati banditi dalla città. Con i
risultati che sappiamo.
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4 commenti:
“L’insegnamento della filosofia”
“Nella nostra epoca esiste il pericolo, (io parlo di … per quello che conosco un po’ meglio),
cioè l’insegnamento in Spagna. Ma credo anche in altri paesi, la situazione sia simile.
C’è la tendenza a sopprimere gli studi che non hanno una relazione immediata con l’esercizio di funzioni lavorative. La filosofia viene allora considerata come qualcosa di troppo astratto,
di troppo vago, e si tende ad accantonarla negli studi di base e a ridurla semplicemente a una possibilità di carriera per quelle persone che sono chiamate a esprimerla.
Credo che sia una grande perdita, credo che ciò rappresenta una perdita perché in una società in cui la religione ormai non svolge più la funzione organizzatrice e portante che è stata nell’epoca del passato; e in cui non esiste alcuna visione dell’insieme, restino soltanto;
da un lato la scienza e dall’altro lato magari la banalità della televisione o il fatto che si priva lo studente di una responsabile visione dell’insieme degli assunti umani.
Dell’insieme di quello che significa per l’uomo lo stesso vivere – degli strumenti critici – che gli consentono di difendersi dalle superstizioni ideologiche –
e credo che tutto questo sia una grave perdita.
Credo l’allontanamento, l’accantonamento della filosofia dagli studi di base – per lasciare spazio all’interesse d’introdurre più materie scientifiche, più materie tecniche, più materie positive
……. bene io credo che sia grave, un pericoloso attentato a quella che è
la formazione di individui veramente liberi.
Non fatti esclusivamente per il lavoro ,
non fatti esclusivamente per la produzione.
Sempre di più ci stiamo accorgendo che il problema del nostro mondo
non è la produzione ad oltranza.
Il problema del nostro mondo è forse la distribuzione ,
ma anche l’impiego del tempo libero ;
l’impiego del tempo non destinato esclusivamente a produrre.
Oggi il tempo libero è nelle mani della grandi industrie del divertimento.
Pure il tempo libero viene venduto.
Pure il tempo libero diventa in una certa misura un lavoro,
in quanto ha un rendimento economico.
Ma quanto più una persona è colta,
in quanto più sostanza intima ha : tanto meno ha bisogno di denaro,
per occupare il tempo libero.
La persona che non ha sostanza personale ,
che non ha sostanza propria,
che si presenta più o meno vuota;
ha bisogno di riempirsi con oggetti esteriori.
Una persona del genere ha bisogno sempre di più denaro,
per trascorrere il suo sabato sera e la domenica,
per riempire tutti i vuoti della sua vita.
Nel momento in cui non è impegnato a produrre a inglobare ;
dovrà essere impegnato ad acquistare,
a comprare in continuazione con cose esterne ,
il suo vuoto interno, per poter passare il suo tempo,
in momenti che non sa riempire in altro modo.
Al contrario se una persona ha un contenuto interiore,
ha una energia (ergon) interiore,
e vede le sua vita come una avventura spirituale ,
come una avventura intellettuale , come un’incertezza:
ha insieme un’incertezza gioiosa come un’incertezza che domanda
che si interroga sul mondo che si interroga sulle cose,
che si apre alla curiosità verso le cose,
che si apre anche all’osservazione e alla gioia del presente,
del reale, di ognuna delle cose che ci ruotano attorno .
Una persona del genere può occupare in maniera molto meno
dispendiosa e scialacquatrice , e molto più creativo il proprio tempo libero.
la filosofia insegna a riflettere al meglio in tutte le occasioni di studio e di avoro
la filosofa Ipazia è stata massacrata perché i potenti non gradivano che insegnasse a pensare.
oggi i potenti politici-mercanti vogliono impedire l'insegnamento della filosofia perché insegna a pensare ragionare giudicare
Io sono meno fiducioso sulle virtù emancipatrici della filosofia. Ma non c'è dubbio che sarà un colpo notevole per il pensiero critico.
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