martedì 4 febbraio 2014

"Manca la dimen­sione della polis": quando anche il pensiero che vuol essere critico diventa edificazione



Edificazione idealistica: chissà com'è che "cit­ta­di­nanza e uma­nità" sono a rischio? Forse perché "è finito l’amore per la sapienza e il sapere"? E a tutto ciò si risponde "Con la buona filo­so­fia"?
E' interessante la critica all'essenzialismo differenzialista. Ma quando si affronta il terreno politico, sembra di stare al bar [SGA].


La ricerca della verità oltre il potere dei “sapienti” 

Intervista. La filosofia nella polis mediatica. Parla la studiosa italiana Nicla Vassallo

Ernesto Milanesi, il Manifesto 4.2.2014 

Rime­dio alle trap­pole della sedu­zione media­tica, «per­ché con la reto­rica delle ideo­lo­gie si fini­sce per pen­sare in modo inde­gno». Disci­plina che per­mette a tutti la libertà «di ana­liz­zare a fondo il pre­sente gra­zie ad uno sguardo pulito e cri­tico». È la filo­so­fia secondo Nicla Vas­sallo, cinquant’anni, pro­fes­sore ordi­na­rio di Filo­so­fia teo­re­tica all’Università di Genova. Spe­cia­liz­za­tasi al King’s Col­lege Lon­don, si è dedi­cata alla ricerca nei set­tori dell’epistemologia, della filo­so­fia della cono­scenza, della meta­fi­sica e dei gen­der stu­dies. Nel 2011 ha vinto il pre­mio di filo­so­fia Viag­gio a Sira­cusa. Ha pub­bli­cato e curato oltre un cen­ti­naio di saggi e volumi, fra cui Filo­so­fia delle donne (con Pie­ranna Gara­vaso, Laterza, 2007), Per sen­tito dire (Fel­tri­nelli, 2011), Rea­son and ratio­na­lity (Ontos Ver­lag, 2012). 


«È sem­pre con­ve­niente dare per morta la filo­so­fia, in una società, in cui cono­scenza e ragione ven­gono sot­to­va­lu­tate, se non addi­rit­tura minate — sostiene Vas­sallo — Dov’è finito l’amore per la sapienza e il sapere? Dove sono finite le buone argo­men­ta­zioni? In luo­ghi inac­ces­si­bili a più, abi­tati da poche élite intel­let­tuali, che rifiu­tano l’imbarbarimento. Oggi, a danno della nostra cit­ta­di­nanza e uma­nità, insulti e vol­ga­rità domi­nano, men­tre ven­gono disprez­zate la libertà di pen­siero e d’espressione, libertà che non equi­val­gono a ’penso ciò che voglio’ e ’dico ciò che voglio’, bensì a ’penso sulla base di buone ragioni’ e sem­pre ’sulla base di buone ragioni mi esprimo’. Come rea­gire? Con la buona filo­so­fia per ana­liz­zare il pre­sente gra­zie a con­cetti chiari, per far emer­gere i nostri errori, per uscire dalle trap­pole in cui si è precipitati». 

Riflet­tere con filo­so­fia rap­pre­senta anche un anti­doto alle «ideo­lo­gie» della poli­tica sem­pre più flebile? 

Nel nostro paese, e non solo, manca la dimen­sione della polis, dimen­sione essen­ziale per la poli­tica one­sta. Basti osser­vare i con­te­nuti sten­tati dei com­por­ta­menti e del lin­guag­gio della mag­gio­ranza dei nostri cosid­detti rap­pre­sen­tanti, sog­gio­gati dalla manìa del potere indi­vi­dua­li­sta e dispo­tico. Quando si fa poli­tica nella con­vin­zione che occorra stre­gare i cit­ta­dini con ideo­lo­gie fab­bri­cate ad hoc, quando pure valori fal­sati ven­gono impie­gati per cat­tu­rare con­sensi, il risul­tato non può non con­si­stere in una dure­vole cor­ru­zione delle menti. O, meglio, in un’allucinazione di cui si è al con­tempo pro­ta­go­ni­sti e vit­time. La filo­so­fia, pur­ché – ripeto — buona filo­so­fia, costi­tui­sce un ottimo anti­doto, se non fosse altro nel rimar­care il signi­fi­cato della verità. 

Ha appena pub­bli­cato con la casa edi­trice Mime­sis «Orlando in ordine sparso», rac­colta di versi che spa­zia in un arco di tempo che va dal 1983 al 2013. Per­ché la poe­sia? È l’altra fac­cia della meda­glia del «lavoro» filosofico? 

Filo­so­fia e poe­sia devono rima­nere atti­vità distinte. Men­tre in filo­so­fia occorre chie­dersi «cos’è la verità?» e «cos’è la cono­scenza?», que­ste domande non appar­ten­gono al poe­tare. Per di più, in poe­sia è pos­si­bile espri­mere la pro­pria sog­get­ti­vità; la filo­so­fia aspira invece all’oggettività, senza cadere in quei rovi­nosi rela­ti­vi­smi, che hanno obnu­bi­lato i diritti e doveri di troppi. Se la vita del poeta emerge spesso nei suoi versi, il filo­sofo deve invece igno­rare l’autobiografia, la pro­pria sto­ria per­so­nale, la pro­pria appar­te­nenza ses­suale, di genere, di classe sociale, poli­tica, reli­giosa, e così via. Detto ciò, Orlando in ordine sparso rimane un omag­gio all’«Orlando» di Vir­gi­nia Woolf, ove, tra l’altro, viene sot­to­li­neato il pro­blema dell’identità per­so­nale, pro­blema che la filo­so­fia affronta da sem­pre, insieme a quello, insi­sto, della cono­scenza: ari­sto­te­li­ca­mente par­lando, quando non aspi­riamo a cono­scere, ces­siamo di appar­te­nere agli esseri umani. 

Dal Festi­val di Modena alle «lezioni» fuori dal recinto acca­de­mico: la filo­so­fia ritorna ad appas­sio­nare le nuove generazioni? 

Nono­stante la loro mol­ti­pli­ca­zione e, a tratti, bana­liz­za­zione, alcuni luo­ghi garan­ti­scono un alto livello della divul­ga­zione. Que­sto per­ché lì le lezioni magi­strali ven­gono affi­date a intel­let­tuali retti, con un’importante pre­pa­ra­zione spe­cia­li­stica, senza cui la buona divul­ga­zione sarebbe impossibile. 

Le nuove gene­ra­zioni accor­rono, con la loro sete di cono­scenza, sete tra­dita non solo dai tanti social net­work, ma anche da decenni di disin­for­ma­zione, inco­scienza, oscu­ran­ti­smo che i gio­vani intel­li­genti ora rifiu­tano con riso­lu­tezza. Evi­tano così i pseudo-intellettuali dilet­tanti, nar­cisi che indot­tri­nano, che par­lano senza sapere, in modo incom­pren­si­bile. La buona filo­so­fia appas­siona quei gio­vani che mirano a pen­sare in modo vir­tuoso, senza ideo­lo­gie, filo­so­fie ideo­lo­gi­ste e popu­li­ste incluse. Con le ideo­lo­gie di qual­siasi matrice si pensa in modo indegno. 

Lei man­tiene anche un punto di vista dif­fe­rente rispetto alla filo­so­fia fem­mi­ni­sta ita­liana. Perché? 

Per­ché è filo­so­fia, per l’appunto, ideo­lo­gica nell’assumere che esi­stano dif­fe­renze signi­fi­ca­tive tra i due sessi (fem­mina e maschio) e tra i due generi (donna e uomo). Tocca alla scienza, non alla filo­so­fia, sta­bi­lire la realtà e por­tata di que­ste dif­fe­renze, bio­lo­gi­che e cogni­tive, sem­pre che i sessi e i generi siano solo due. 

Per di più, l’idea che si dia un’essenza fem­mi­nile e un’essenza maschile non pro­duce alcun­ché di posi­tivo: un pre­giu­di­zio genera solo altri pre­giu­dizi por­ta­tori di inci­viltà. Così il nostro paese con­ti­nuerà a rima­nere maschi­li­sta, come atte­sta il Glo­bal Gen­der Gap 2012 che lo clas­si­fica all’80/mo posto, pre­ce­duto per esem­pio da Cipro, Perù, Botswana, Bru­nei, Hon­du­ras, Repub­blica Ceca, Kenya, Repub­blica Slo­vacca e dalla Cina al 69/mo posto. 

Senza poi ram­men­tare il fatto che decre­tare l’esistenza di due sessi e due generi tra loro dif­fe­renti crea il «giu­sto» humus per aval­lare l’assoluta, ben­ché assurda, com­ple­men­ta­rietà tra donna/femmina e maschio/uomo, per fomen­tare, quindi, ete­ro­ses­si­smo e omo­fo­bia, e negare senza ragione il diritto ai matri­moni same-sex. E, infine, la ric­chezza dell’identità per­so­nale ne esce distrutta. Ognuno di noi è unico; nes­suno si riduce insi­pi­da­mente a una femmina/donna o a un maschio/uomo. Ha per­duto il pro­prio sé chi si ostina a pen­sare e agire solo da femmina/donna o da maschio/uomo.

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