lunedì 10 marzo 2014
Il nonno della decrescita: Ivan Illich tra modernità e antimodernismo
RisvoltoOggi
sono in molti a richiamarsi al pensiero di Ivan Illich, ma spesso
ignorando la sua complessità e il dubbio sistematico che caratterizzava
la sua opera. Illich è stato un critico spietato di tutte le istituzioni
- scuola, medicina, professioni, sistema del lavoro, coppia - e delle
invenzioni automobili, televisione, media, computer - che rendono l'uomo
dipendente e schiavo di sistemi totalizzanti. Sempre scomodo, Illich ha
costruito un pensiero radicale che può essere compreso solo se lo si
conosce nella sua interezza e lo si pone accanto alla vicenda umana del
pensatore. In questo ritratto che di lui delinea chi gli è stato vicino
per più di vent'anni come amico, come allievo indisciplinato, Franco La
Cecla, ne ricostruisce la figura umana, la passione e la forza di
critico devastante e il mondo di relazioni che Illich aveva creato e a
volte disfatto.
Ivan Illich Eredità
di pensiero
di Lucetta Scaraffia Il Sole Domenica 9.3.14
La Cecla gli è stato accanto a intermittenza, vivendo momenti di collaborazione
e altri di conflitto. Per questo sa di dovergli molto, ma al tempo stesso
riesce a prendere le distanze dalla sua ingombrante personalità, come dimostra
questo ritratto vivo e acuto di quel pensatore scomodo e arrabbiato, efficace e
radicale.
Centrale nel pensiero di Illich è il rapporto con la sofferenza. Per lui il
problema della modernità era legato alla sparizione dell'arte di vivere, di cui
l'arte di soffrire era una parte integrante. Egli riconosceva che la sofferenza
fa parte della natura umana: in questo senso era pervaso da un senso profondo
della sofferenza cristiana, che lo portò a elaborare quello che è stato il suo
libro più conosciuto, Nemesi medica, critica serrata della medicina moderna,
che vuole curare dalla vita e dalle sue caratteristiche piuttosto che dalle
malattie: insomma, guarire gli esseri umani dalla fisicità e dalla finitezza
che li caratterizzano.
Ma la critica di Illich alla modernità si estese poi a tanti altri aspetti,
rivelando uno dei pochi pensatori capaci di mettere in dubbio un modello che
veniva considerato assoluto. La modernità viene da lui vista come una
corruzione del messaggio cristiano, che porta a una mostruosa società in cui
l'umanità è resa sempre più dipendente. Egli aveva intuito – scrive giustamente
La Cecla – che la storia del cristianesimo è la storia dell'occidente.
Punto centrale di questa analisi è il rapporto con la Chiesa, di cui Illich si
sente sempre figlio, pur criticandone con severità il pensiero. Un
allontanamento rispettoso e un «silenzio – scrive ancora La Cecla – scelto come
testimonianza di un deserto da attraversare per poter ridare un giorno dignità
al pensiero cristiano».
Uno dei fili narrativi di questo libro è la storia del rapporto fra uno dei
pochi maestri dei nostri tempi con un allievo, che diventa amico, in tempi di
antiautoritarismo e di ribellione, raccontato con grande sincerità e anche
pietà nei confronti di entrambi i protagonisti di questo legame importante, ma
difficile e tormentato. Un bilancio ricco di frutti, che vuole finire con una
restituzione. E questa sta non solo in questo libro, ma nella richiesta finale
che Illich sia studiato come uno dei grandi pensatori della modernità, pur
continuando a considerarlo – anche dopo che le sue previsioni si sono avverate
– un pensatore scomodo.
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