lunedì 10 marzo 2014

Utopia e realtà: la mostra sull'arte sovietica a Graz

El Lissitzky – Ilya und Emilia Kabakov. Sujet

Su El Lissitzky vedi anche qui


El Lissitzky e Ilya ed Emilia Kabakov. Utopie und Realitaet



Graz, Kunsthaus, fino al 10 maggio
www.museum-joanneum.at/de/kunsthaus

Utopie russe a confronto
Alla Kunsthaus una rassegna affianca le opere di El Lissitzky e Ilya ed Emilia Kabakov
di Flavia Foradini Il Sole Domenica 9.3.14
Sia la disposizione delle opere nello spazio della Kunsthaus, sia il titolo della mostra aperta a Graz fino al 10 maggio – «El Lissitzky e Ilya ed Emilia Kabakov. Utopia e realtà» – sottolineano programmaticamente che non di un dialogo tra importanti esponenti dell'arte russa del ventesimo secolo si tratta, bensì semmai di una contrapposizione fra l'afflato idealistico dell'avanguardia che accompagnò l'ascesa del comunismo da un lato, e dall'altro la frustrante, drammatica realtà vissuta fino alla Perestrojka dagli artisti non allineati al regime.

L'idea di fare incontrare sotto lo stesso tetto uno degli entusiastici sostenitori della Rivoluzione Russa, El Lissitzky, e un disallineato e disincanatato quale Ilya Kabakov, classe 1933, riuscito ad espatriare solo nella seconda metà degli anni 80, è nata in seno al Van Abbemuseum di Eindhoven, che ha vinto i numerosi dubbi dei Kabakov sull'iniziativa, coinvolgendoli fortemente nella scelta delle opere da giustapporre in una mostra ad una quarantina di lavori di El Lissitzky.
In Olanda «Utopia e realtà» si è chiusa nella primavera dell'anno scorso, mentre due ulteriori tappe sino alla fine del 2013 all'Hermitage di San Pietroburgo e al Mamm di Mosca, hanno via via modificato l'assetto dell'esposizione, marcando sempre più le differenze sia temporali che poetiche dei due discorsi artistici e ideologici. Ora, alla Kunsthaus austriaca, dove gli stessi Kabakov firmano in prima persona la curatela, la distanza da El Lissitzky pare definitivamente suggellata.
La lunga scala mobile che sale al primo piano del peculiare edificio a forma di mollusco, sbocca davanti ad un enorme angelo caduto, riverso a terra, vittima di un volo temerario che gli ha spezzato le ali, o forse di un sogno infranto. Creata dai Kabakov nel 1997, la statua rivestita d'azzurro come nella più popolare iconografia, è posta di fronte alla ricostruzione di un'installazione celebrativa tesa verso il cielo, ideata da El Lissitzky nel 1927. Tra questi due poli il visitatore deve scegliere se immergersi prima nelle opere dell'avanguardista e poi in quelle dei Kabakov, oppure se zigzagare fra le sei sezioni.
Nonostante lo sviluppo espositivo in parallelo, El Lissitzky e Ilya Kabakov hanno molto in comune: le stesse radici ebraiche, la stessa carriera come illustratori di libri, lo stesso interesse per grandi installazioni e per l'architettura teatrale, una forte vicinanza alla cultura tedesca, il saper spaziare in diversi generi.
Tuttavia, fanno notare i Kabakov, «Lissitzky credeva davvero nella possibilità di cambiare il mondo, e si pone all'inizio di un percorso, fatto di fiducia nel futuro e nel tentativo di perseguire l'ideale di una società egualitaria, capace di soppiantare le drammatiche asimmetrie dello zarismo. Noi siamo alla fine di quello stesso percorso, ma ciò che lui vedeva come un sogno, per noi è stato una tragedia».
Così, se da un lato campeggia il dinamico Uomo nuovo di Lissitzky del 1923, e si allineano paradigmatici esempi dalla fondamentale serie Prouns con cui Lissitzky prefigurava i valori della nuova collettività sovietica, dall'altro si materializzano povere cucine di condominii popolari del dopoguerra, e campionari di ordinaria spazzatura, ordinatamente appesi come un bucato.
Alle illustrazioni di riviste e libri propagandistici degli anni 20 fanno da contraltare i fantasiosi disegni di Ilya Kabakov in pubblicazioni per l'infanzia: immagini che invitano alla fuga verso mondi solo immaginati.
Se da un lato nel 1920 Lissitzky guardava con fervida ammirazione a Lenin e creava una svettante tribuna per i suoi discorsi, dall'altro i Kabakov paiono rispondere nel 2005 con il Monumento al tiranno: un piedistallo da cui è sceso uno Stalin intabarrato in un cappottone e totalmente deprivato di qualsiasi aura eroica.
Agli studi e ai modelli di Lissitzky di cellule abitative minime ma funzionalmente efficienti, datate 1927, pare rispondere l'ironica e amara installazione di Ilya Kabakov del 1985, L'uomo che dalla sua stanza volò nel cosmo: una stanzetta disordinata e sporca, da cui qualcuno, sfondando il soffitto si è catapultato verso il cielo, proiettandosi verso orizzonti ignoti.
Un'azione fulminea ma maturata e cullata nell'intimo per molto tempo, proprio come fu per lo stesso Kabakov, che nel 1987 si lanciò verso Occidente grazie ad un invito come artista in residence proprio in quel di Graz e non fece più ritorno in patria.
Dal capoluogo stiriano, Kabakov si trasferì in Germania e in Francia e quindi con un altro grande balzo si trapiantò negli Stati Uniti, dove ritrovò la lontana cugina Emilia e la sposò. L'unione divenne anche una coppia artistica dall'inizio degli anni 90, che da allora firma congiuntamente opere e installazioni, esposte nei maggiori musei del mondo.

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