sabato 28 giugno 2014

Postmodernismo e quistione meridionale: da Gramsci... a Deleuze


a cura di Orizzonti Meridiani: Briganti o emigranti. Sud e movimenti tra conricerca e studi subalterni, ombre corte

Risvolto
In modi diversi, i contributi raccolti in questo volume gettano uno sguardo assolutamente originale sulla condizione del Meridione d'Italia. Ne interrogano, anzi, l'esistenza stessa, a partire da una comune, autonoma temporalità, dal sentimento del luog
o e del movimento che ne costituisce la specificità. Sono esercizi di decostruzione delle vecchie categorie concettuali sulle quali per anni si è fondata la tradizionale "questione meridionale": la coppia sviluppo/sottosviluppo, dispositivo di governo che attraversa tutta la storia del Mezzogiorno, sancendone la presunta "arretratezza"; i discorsi di inferiorizzazione, spesso esplicitamente razzisti, che hanno avuto ampia parte nella costruzione della subalternità del Sud; le retoriche dello stato d'eccezione e della perpetua "emergenza". Allo stesso tempo, sondano le nuove pratiche del comune, della riappropriazione, degli esperimenti di welfare dal basso, che animano le lotte della società meridionale.
In queste pagine - che nascono dall'esperienza di Orizzonti meridiani, una rete che collega ricercatori ed esperienze militanti, e che prova da qualche anno a sperimentare un simile "materialismo geografico" - Gramsci incontra i Subaltern Studies e le prospettive postcoloniali, per una cartografia delle lotte, delle resistenze, delle insorgenze che, da Sud, tracciano un'alternativa altermoderna, oltre la crisi del modello lineare e omologante di sviluppo imposto dal neoliberismo.

gli autori Adalgiso Amendola, Francesco S. Caruso, CS Anomalia, CSA Depistaggio, CS ExKarcere, Anna Curcio, Girolamo De Michele, Francesco Festa, Francesco Ferri, L.S.A. Assalto, Lab. soc. Bancarotta 2.0 - Lido Pola liberato, Lab. soc. Quarto Mondo, Giorgio Martinico, Sandro Mezzadra, Caterina Miele, Carmine Pace, Antonello Petrillo, Marta Petrusewicz, Ugo Rossi, Nicola Savoia, CSOA Tempo Rosso, Zer081 - Zona di esperienze ribelli

il curatore
Orizzonti meridiani è una rete e un percorso di autoformazione, inchiesta sociale e conricerca, promosso da alcuni collettivi politici e centri sociali del Sud d'Italia, il cui intento è affrontare la rappresentazione che viene data "dei" sud dal pensiero dominante e di farne una "pratica teorica" per intervenire nei movimenti sociali, di cui le realtà promotrici sono parte attiva.



La logica del ricordo 
Tempi presenti. «Briganti o emigranti», un lavoro collettivo di ricercatori e studiosi, pubblicato da ombre corte. Un'analisi sulla memoria meridionale come antidoto all'immaginario nazionale egemonico e gerarchico

 Miguel Mellino, il Manifesto 20.6.2014 

Il rap­porto tra ricordo e memo­ria è sem­pre con­flit­tuale. Ce lo ricor­dava anche un berg­so­niano come Gil­les Deleuze nel suo lavoro sul cinema: la memo­ria è ciò che il ricordo non rie­sce a con­te­nere. La memo­ria, al con­tra­rio del ricordo, è un flusso informe e incon­trol­la­bile; un magma imper­so­nale e col­let­tivo, esterno a noi, inca­pace di scor­rere tran­quillo entro argini arti­fi­ciali. La memo­ria è agita dal desi­de­rio, non tol­lera quindi alcuna condizione-Stato: non ha essenza né tempo né ori­gine, poi­ché è sem­pre riat­ti­vata dal pre­sente; irrompe quindi come rot­tura, come con­flitto verso tutto ciò che le si oppone.
Que­sta con­trap­po­si­zione deleu­ziana torna utile per inqua­drare il recente Bri­ganti o emi­granti (ombre corte), a cura di Oriz­zonti meri­diani, una rete che col­lega ricer­ca­tori e diverse sog­get­ti­vità poli­ti­che dedita alla con­ri­cerca, all’inchiesta teorico-politica mili­tante. Si può dire infatti che Bri­ganti o emi­granti, sin dal titolo, sia un pro­dotto di un (eterno) dirom­pente ritorno della memo­ria subal­terna del Sud tra le crepe di un ricordo nazio­nale ita­liano sem­pre meno «ege­mo­nico» e sem­pre più in rovine, ovvero sem­pre più vuoto, rituale, isti­tu­zio­nale e auto­ri­ta­rio.
Un ricordo che può certo ancora usu­fruire del potere inter­pel­lante di quelli che Althus­ser chia­mava gli «appa­rati ideo­lo­gici dello stato», ma che non rie­sce più ad addo­me­sti­care una memo­ria meri­dio­nale popo­lare e ribelle; una memo­ria che si è fatta sem­pre più insi­sten­te­mente resi­stenza attiva e insor­genza, lotte di riap­pro­pria­zione dal basso, come mostrano le mobi­li­ta­zioni sul ciclo dei rifiuti o quelle più recenti con­tro il «bio­ci­dio»; si tratta di un’intelligenza col­let­tiva che alcuni saggi del volume pro­pon­gono di inter­pre­tare, a par­tire da quello che pos­siamo chia­mare il Gram­sci fou­caul­tiano e meri­diano di Par­tha Chat­te­r­jee, come una vera e pro­pria «poli­tica dei governati». 

Con­fini e flussi 
Sta qui uno dei prin­ci­pali ele­menti di inte­resse di que­sto lavoro col­let­tivo: nel pro­porre una let­tura dei nume­rosi movi­menti che hanno attra­ver­sato in que­sti anni le terre del Sud come effetti di una «memo­ria meri­dio­nale alter­mo­derna», di un’alternativa poli­tica meri­diana, espres­sione della coo­pe­ra­zione sociale tipica del meri­dione e della sua ric­chezza sog­get­tiva, del tutto inca­pace di abi­tare quella «sala d’attesa della sto­ria» – per ripren­dere qui il noto enun­ciato cri­tico di Cha­kra­barty – in cui l’ha con­fi­nata dal momento stesso dell’unificazione il discorso (del ricordo) ege­mo­nico nazio­nale. Tut­ta­via, porre i movi­menti meri­dio­nali sul flusso della memo­ria, non signi­fica qui alcuna nostal­gia del pas­sato: anzi, signi­fica soprat­tutto spez­zare l’ordine gerar­chico impo­sto dalla costru­zione discor­siva della «que­stione meri­dio­nale», sma­sche­rare il suo archi­trave con­cet­tuale e poli­tico – pas­sato e pre­sente – come mera «vio­lenza epi­ste­mica» a danno del meri­dione stesso.
Nella (ri)lettura meri­diana e post­co­lo­niale del pas­sato e del pre­sente del mez­zo­giorno che ci pro­pone Bri­ganti o emi­granti que­sto punto emerge con asso­luta chia­rezza: la «que­stione meri­dio­nale» come dispo­si­tivo di governo del Sud non è stata che una variante locale o nazio­nale dell’immaginario sto­ri­ci­stico del colo­niale occi­den­tale.
La memo­ria dello ster­mi­nio del bri­gan­tag­gio, del raz­zi­smo anti­me­ri­dio­nale costi­tu­tivo dello stato uni­ta­rio e post-unitario, dello stato d’eccezione per­ma­nente come stra­te­gia neces­sa­ria di «inci­vi­li­mento» e «moder­niz­za­zione» del meri­dione, delle lotte di resi­stenza delle popo­la­zioni meri­dio­nali, non appare qui rivolta all’indietro, ma lan­ciata verso il futuro, ovvero come imma­gi­na­zione teo­rica e poli­tica di un altro modo di stare e abi­tare il mondo; come un’immaginazione «altra» e alter­na­tiva non sol­tanto al tra­di­zio­nale regime sta­tale svi­lup­pi­sta di rego­la­zione delle con­dotte, bensì all’attuale gover­nance neo­li­be­ri­sta delle sog­get­ti­vità, delle cul­ture, dei saperi e dei ter­ri­tori.
Al di là della plu­ra­lità di sguardi che lo com­pon­gono, dun­que, Bri­ganti o emi­granti può essere cer­ta­mente inse­rito, a pieno titolo, nel sem­pre più folto campo degli «studi post­co­lo­niali sull’Italia».
Tut­ta­via, è bene pre­ci­sare, se guar­diamo a que­sta par­ti­co­lare cor­renti di studi, che si tratta di un lavoro in un certo senso ati­pico. In effetti, buona parte dell’originalità del testo sta soprat­tutto, oltre che nell’offrire un’intera sezione dedi­cata a casi spe­ci­fici di «inchie­sta politica-territoriale» a carico di diversi col­let­tivi ed espe­rienze mili­tanti, nel suo pren­dere corpo a par­tire da una com­bi­na­zione assai sin­go­lare di diverse pro­spet­tive teo­ri­che: il mar­xi­smo gram­sciano (non tanto nella sua ver­sione più tra­di­zio­nale in Ita­lia, bensì nella tra­du­zione pro­po­sta da autori come Guha, Stuart Hall e Chat­te­r­jee), ope­rai­smo e post-operaismo (inte­res­sante la ripresa e riat­tua­liz­za­zione di un clas­sico come Stato e sot­to­svi­luppo (1972), di Fer­rari Bravo e Sera­fini), gli studi fou­caul­tiani sulla gover­na­men­ta­lità e la bio­po­li­tica, gli studi post­co­lo­niali (in par­ti­co­lare Orien­ta­li­smo di Said), e gli studi subal­terni indiani.
È pre­ci­sa­mente que­sta sin­go­lare com­bi­na­zione di sguardi a dare al testo una certa uni­for­mità sot­ter­ra­nea, con­sen­ten­do­gli allo stesso tempo di andare oltre uno dei limiti più mar­cati degli studi post­co­lo­niali, ita­liani e non: il loro ecces­sivo situarsi su una dimen­sione pret­ta­mente este­tica e/o let­te­ra­ria, la loro affe­renza a quello che pos­siamo chia­mare il mero «campo delle rap­pre­sen­ta­zioni».
Dalla let­tura di Bri­ganti o emi­granti, al con­tra­rio, emerge un approc­cio all’ordine del discorso, per dirla con Fou­cault, non sol­tanto in quanto mero «sistema di rap­pre­sen­ta­zioni», bensì come «insieme di poli­ti­che mate­riali» di governo. Mi pare che è pro­prio a par­tire da que­sta con­ce­zione che possa essere inter­pre­tata la pro­po­sta di un nuovo «mate­ria­li­smo geo­gra­fico», come metodo di deco­stru­zione e rico­stru­zione delle sog­get­ti­vità meri­diane, pre­sente in alcuni dei saggi del volume. In que­sto senso, si può dire Bri­ganti o emi­granti lanci un nuovo pro­gramma di ricerca teo­rica e poli­tica post­co­lo­niale sul mezzogiorno. 

Pro­spet­tive rovesciate 
Ma se la ricerca di un oriz­zonte poli­tico meri­diano alter­mo­derno non sta a signi­fi­care, come si è detto, alcuna nostal­gia per il pas­sato, essa non inse­gue nem­meno la riven­di­ca­zione di un qual­siasi par­ti­co­la­ri­smo locale, regio­nale o iden­ti­ta­rio.
Su que­sto punto Bri­ganti o emi­granti trac­cia un con­fine più o meno netto con la pro­spet­tiva pro­mossa, ad esem­pio, dal «pen­siero meri­diano» di Franco Cas­sano e altri. Porre gli attuali movi­menti del Sud lungo la trac­cia di una «memo­ria meri­diana alter­mo­derna» signi­fica schiu­dere la poli­tica di riap­pro­pria­zione inte­grale della vita che li sot­tende alla costru­zione mate­riale del comune; sot­to­li­neare l’inflessione meri­diana di que­ste nuove sog­get­ti­vità poli­ti­che ter­ri­to­riali non equi­vale, dun­que, a pro­muo­vere alcuna chiu­sura regio­na­li­stica, bensì a met­tere in luce il rove­scia­mento dei dispo­si­tivi di sfrut­ta­mento del capi­ta­li­smo neo­li­be­rale attuato dalle lotte dei movi­menti del Sud a par­tire da una sin­go­la­rità sto­rica spe­ci­fica. Si tratta di una stra­te­gia che assume un’importanza «ricom­po­si­tiva» del tutto par­ti­co­lare alla luce del con­flitto sem­pre più aspro tra la Ue dell’austerity, della pre­ca­riz­za­zione e della raz­zia­liz­za­zione dei Pigs e i movi­menti del Sud dell’Europa.
Come a dire che il con­tri­buto poli­tico dell’Europa medi­ter­ra­nea alla riso­lu­zione della crisi euro­pea non può pas­sare attra­verso spinte auto­no­mi­ste o loca­li­ste, bensì dalla ripresa del discorso sull’Europa a par­tire da quello che pos­siamo chia­mare una «rot­tura meri­diana» impron­tata al comune. 

Saperi «irre­go­lari» 
Come sug­ge­rito dal Deleuze da cui siamo par­titi, la memo­ria porta con sé la stessa imma­nenza sov­ver­siva del moderno. L’irruzione della memo­ria inter­rompe la linea­rità cro­no­lo­gica del tempo, apre a tem­po­ra­lità sin­cro­ni­che e mol­te­plici e fini­sce così per dis­sol­vere o disat­ti­vare il ricordo con­te­nuto e tra­smesso dagli archivi. La memo­ria, prima o poi, fini­sce per far vacil­lare ogni sem­biante. Se negli archivi sto­rici non tro­viamo alcuna trac­cia della subal­ter­nità, come avver­tiva Gaya­tri Spi­vak nel suo sag­gio più noto, que­sto accade per­ché essi – i saperi domi­nanti – sono gover­nati dalla logica del ricordo. La memo­ria, invece, come sug­ge­ri­sce Guha, è sem­pre subal­terna, poi­ché apre alla sto­ri­cità (allo spazio-tempo reale e auto­nomo dei subal­terni) e chiude alla Sto­ria (dello Stato-nazione).
Nel suo La Sto­ria ai limiti della Sto­ria del Mondo (2002), per esem­pio, egli si chie­deva come stare den­tro la sto­ria intesa come sto­ri­cità, ovvero non come sto­ria dello Stato ma delle mas­seo della gente comune? Era pro­prio a par­tire da que­sto inter­ro­ga­tivo che la cate­go­ria gram­sciana di subal­terno aveva comin­ciato a cari­carsi di senso in India, fino a sfo­ciare nella «poli­tica dei gover­nati» di Chat­te­r­jee. 
Bri­ganti o emi­granti sem­bra aver rac­colto anche que­sta sfida posta dagli sto­rici dei subal­tern stu­dies ai saperi colo­niali occi­den­tali, get­tan­done i primi linea­menti in Ita­lia: si tratta di una sfida cru­ciale per l’ulteriore svi­luppo di una pro­spet­tiva mar­xiana degli studi post­co­lo­niali italiani.

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