domenica 15 giugno 2014
Vi piaceresse! Speranze e illusioni sulla Nuova Cina
Ronald Coase e Ning Wang: Come la Cina è diventata un Paese capitalista, IBL Libri, Torino, pagg. 400, € 22
Risvolto
Come la Cina è diventata un paese capitalista racconta lo
straordinario viaggio che la Cina ha compiuto nel corso degli ultimi
trent’anni. Negli anni Settanta, quella cinese era un’economia di stampo
socialista, chiusa e basata sull’agricoltura; oggi è una delle maggiori
potenze economiche.
Alla
luce della storia economica cinese e di un’attenta analisi delle
riforme avvenute dopo la morte di Mao, Ronald Coase (uno dei maggiori
economisti del Novecento) e Ning Wang sostengono che i riformatori
cinesi hanno accettato la “lezione” proveniente dall’Occidente liberista
seguendo il tradizionale principio pragmatico cinese del “cercare la
verità a partire dai fatti”.
Per
gli autori, il potenziale di crescita della Cina è ancora enorme,
tuttavia può essere ostacolato dalla propensione dei leader del partito
unico a controllare e indirizzare non solo l’economia, ma anche le idee e
la vita delle persone.
Ronald Coase
(1910-2013) è stato uno dei maggiori economisti del Novecento. Premio
Nobel per l’economia nel 1991 è stato autore di pochi saggi - sulla
natura dell’impresa, sul faro e i beni pubblici, sulle esternalità - ma
tutti di fondamentale importanza. Il suo lavoro sul “problema del costo
sociale” è il saggio più citato di analisi economica del secolo scorso.
Ning Wang
è Assistant Professor presso la Facoltà di Scienze Politiche e Studi
Globali della Arizona State University. È stato un importante
collaboratore di Coase e oggi è Senior Fellow del Ronald Coase Institute.
Corriere della sera, 19 aprile 2014: «Dal maoismo alla Borsa, così l'onda capitalista ha sommerso la Cina» di Giovanni Stringa
Il Foglio, 10 maggio 2014: «È Coase l’anti-Piketty» di Francesco Forte
La Provincia di Como, 4 giugno 2014: «Piazza Tienanmen, il sogno non è svanito» di Carlo Lottieri
Cina, una lezione di umiltà
di Ronald Coase il Sole24ore domenica 15.6.14
La riforma economica della Cina non ebbe mai la finalità di smantellare il
socialismo e spostare il paese verso il capitalismo. Il suo scopo era piuttosto
la modernizzazione socialista; un'altra Lunga Marcia per realizzare quello
sviluppo economico che Mao non era riuscito ad attuare. Dal momento che il
comunismo afferma che il suo destino sia la sconfitta del capitalismo,
normalmente si ritiene che il Partito comunista sia incompatibile con il
mercato. Ma non dovremmo commettere l'errore di eguagliare un'organizzazione
politica (il Partito comunista) con la sua ideologia politica (il comunismo).
Ogni individuo ha diverse identità (per esempio, può essere maschio,
professore, marito, economista e ammiratore di Adam Smith). Allo stesso modo,
le organizzazioni politiche hanno identità multiple e fluide. L'incapacità di
separare il Partito comunista dal comunismo ha fatto sì che molti fossero
propensi ad assumere un approccio fuorviante nei confronti della transizione
economica. Ha fatto nascere la convinzione che le riforme di mercato fossero
impossibili in un paese socialista, a meno che l'intero sistema comunista,
comprese l'ideologia e l'organizzazione politica, non venisse prima spazzato
via. Una rottura chiara e netta con il passato comunista era ritenuta un
prerequisito assoluto per una transizione verso l'economia di mercato. Molti
economisti che erano anche consiglieri politici confidavano che la loro
padronanza dell'economia moderna avrebbe consentito la costruzione dal nulla di
un'economia di mercato solamente se fosse stata completamente persa qualsiasi
traccia di socialismo. Ma la convinzione che un'economia di mercato potesse
essere progettata razionalmente ricadeva in quella che Hayek chiamava «la
presunzione fatale» del razionalismo costruttivista. Molti decenni prima, nel
suo discorso di accettazione del premio Nobel, Hayek aveva avvertito che:
«Agire nella convinzione di avere la conoscenza e il potere che ci permettono
di modellare i processi della società interamente a nostro piacere, conoscenza
che in realtà non possediamo, probabilmente ci porterà ad arrecare molti
danni». La Cina fu fortunata a sfuggire a questa presunzione fatale per puro
caso. All'epoca in cui fu avviata la riforma economica la Cina non contemplava
(e forse non avrebbe nemmeno potuto contemplare) uno sradicamento del comunismo
e un nuovo inizio e quindi, invece di immaginare un progetto completamente
nuovo, cominciò dall'adattare il sistema preesistente.
(…) La caratteristica più straordinaria della riforma cinese è forse il fatto
che il Partito comunista sia sopravvissuto, e in effetti ha prosperato, nei tre
decenni della transizione al mercato. Ciò attesta chiaramente la flessibilità
organizzativa e l'adattabilità del Partito in seguito al fallimento
dell'esperimento socialista – e non la sua invincibilità, né la superiorità del
socialismo stesso. Ma ciò che è ancora più straordinario è che la riforma
pensata per salvare il socialismo ha inavvertitamente trasformato la Cina in
un'economia di mercato. Il cavallo di Troia di questo racconto straordinario è
l'insegnamento cinese di «cercare la verità a partire dai fatti», che Deng
Xiaoping definì erroneamente «l'essenza del marxismo». Quando la Cina divenne
un gigantesco laboratorio economico, le forze della concorrenza furono in grado
di mettere in atto la loro magia. Nel processo sperimentale di scoperta, le
risorse furono dirette verso il loro utilizzo più proficuo ed emersero
istituzioni e strutture organizzative migliori che facilitarono l'apprendimento
collettivo. La Cina si ritrovò trasformata in un'economia di mercato dopo
trent'anni di riforme che erano state concepite come strumento per salvare il
socialismo.
(…) I villaggi di contadini affamati ritornarono all'agricoltura privata e le
imprese di distretto e di villaggio superarono in prestazioni le aziende
statali. Nelle città cinesi l'introduzione del lavoro autonomo e
dell'imprenditoria privata portò maggiore vitalità all'economia urbana rispetto
a quanto avessero fatto le riforme dell'impresa guidate dallo Stato. Quella
della riforma economica cinese è una storia di ostinata imprenditoria privata,
di esperimenti sociali audaci, ma graduali, e di umiltà e perseveranza nella
lotta dell'uomo per una vita migliore.
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