giovedì 25 settembre 2014
Il sogno di un islam americanista
La coscienza degli arabi
«Sono incapaci di
affrontare i gruppi che praticano la violenza, l’estremismo, le
decapitazioni, e non perché siano svogliati o procrastinatori, ma perché
condividono tutti quella medesima ideologia », ha scritto al-Hamad.
«Come potrebbero dunque contrastare una dottrina che loro stessi
condividono e che rientra nel loro modo di pensare?».
di Thomas L. Friedman Repubblica 25.9.14
NEL
cuore della campagna del presidente Barack Obama contro lo Stato
Islamico si annida una tensione. Ed essa spiega perché gli risulti così
difficile formulare e concretizzare la sua strategia. In termini
semplici, si tratta della tensione tra due obbiettivi cruciali.
IL
primo è promuovere l’«esame di coscienza » che l’affermarsi dello Stato
Islamico ha innescato nel mondo arabo- musulmano, l’altro è procedere
all’«individuazione» e all’«annientamento » del gruppo estremista nelle
sue roccaforti in Siria e in Iraq.
Sarà meglio abituarsi all’idea,
perché questa tensione non sparirà dalla sera alla mattina. Obama dovrà
sapersi barcamenare in mezzo a essa. Una buona notizia c’è: l’ascesa
dello Stato Islamico, ha dato il via a un processo di riflessione, un
«esame di coscienza» — da tempo atteso e atrocemente schietto — da parte
di arabi e musulmani su come abbia potuto emergere in mezzo a loro un
culto sunnita della morte di così vasta portata e così violento. Del
resto, è sufficiente pensare a pochi esempi, a cominciare dall’articolo
intitolato “I barbari a casa nostra” scritto da Hisham Melhem, direttore
a Washington di Al-Arabiya, il canale satellitare arabo, e pubblicato
su “Politico” la settimana scorsa.
«Con la sua decisione di fare
ricorso alla forza contro gli estremisti violenti dello Stato Islamico,
il presidente Obama […] mette ancora una volta piede — con comprensibile
enorme riluttanza — nel caos di un’intera civiltà al collasso. La
civiltà araba, così come la conoscevamo, è pressoché scomparsa. Il mondo
arabo oggi è violento, instabile, frammentario e spinto dall’estremismo
— l’estremismo di chi comanda e di chi è all’opposizione — , molto più
che in qualsiasi altro periodo da cent’anni a questa parte, quando
crollò l’Impero ottomano».
«Tutte le speranze della storia araba
moderna sono andate tradite», ha aggiunto Melhem. «La promessa del
conferimento di poteri politici, le conquiste della politica, il
ripristino della dignità umana sbandierata dalla stagione delle
Primavere arabe nei primi tempi… Ogni cosa ha lasciato il posto a guerre
civili, a lacerazioni etniche, settarie e regionali, alla
riaffermazione dell’assolutismo, sia nella sua forma militare sia in
quella atavica… I jihadisti dello Stato Islamico, in altre parole, non
sono spuntati fuori dal nulla. Si sono arrampicati su un guscio vuoto
marcescente — tutto ciò che restava di una civiltà collassata».
L’analista
saudita progressista Turki al-Hamad ha risposto sul quotidiano
“Al-Arab” che ha sede a Londra all’invito a contrastare l’ideologia
dello Stato Islamico formulato dal re Abdullah ai leader religiosi
sauditi. «Come possono farlo?», si è chiesto al-Hamad. «Abbracciano
tutti la medesima ideologia sunnita wahabita anti-pluralistica e
puritana che l’Arabia Saudita ha diffuso, in patria e all’estero, nelle
moschee che hanno incoraggiato lo Stato Islamico».
In un
intervento pubblicato in agosto sul sito libanese “Now”, lo scrittore
sciita libanese Hanin Ghaddar ha scritto: «Per combattere lo Stato
Islamico e altri gruppi radicali, per scongiurare l’ascesa di nuovi
despoti assolutistici, dobbiamo assumerci la responsabilità dei
fallimenti collettivi che hanno generato questi atroci tiranni e i
fanatici. Responsabili dei mostri che abbiamo contribuito a generare
sono i nostri media, i nostri sistemi della pubblica istruzione…Dobbiamo
insegnare ai nostri figli come imparare dai nostri stessi errori, e non
come padroneggiare l’arte del diniego. Quando i nostri educatori e i
nostri giornalisti inizieranno a comprendere il significato dei diritti
dell’individuo, e ammetteranno che abbiamo fallito, che non siamo
cittadini, allora potremo iniziare a sperare nella libertà, anche se la
si raggiungerà lentamente».
Promuovere e incoraggiare questo esame di
coscienza è una componente essenziale — e intelligente — della
strategia di Obama. Decidendo di impegnare l’America esclusivamente in
una campagna di bombardamenti aerei contro gli obbiettivi dello Stato
Islamico in Siria e in Iraq, Obama di fatto ha dichiarato che la guerra
sul terreno dovrà essere combattuta dagli arabi e dai musulmani, non
solo perché questa è la loro guerra e dovrebbero essere loro a sostenere
l’impatto più grave delle perdite, ma anche perché l’atto stesso di
organizzarsi tra di loro, tra sciiti, sunniti e curdi, e superare le
loro debilitanti divergenze politiche e settarie — fattore
indispensabile per sconfiggere lo Stato Islamico sul terreno — è
l’ingrediente necessario per la creazione di un qualsiasi tipo di
governo dignitoso, frutto di consenso, che sarebbe in grado di
sostituire lo Stato Islamico in modo auto-sostenibile.
La tensione
nasce dal fatto che lo Stato Islamico è una macchina omicida, e ne
occorrerà un’altra per cercare di snidarla e annientarla sul terreno. È
impossibile che i siriani “moderati” che stiamo addestrando riescano da
soli a combattere il gruppo militante e contemporaneamente il regime
siriano. Anche l’Iraq e la Turchia, anche i vicini stati arabi dovranno
schierare i loro combattenti.
Dopo tutto, questa è una guerra civile
che si combatte sia per il futuro dell’Islam sunnita, sia per quello del
mondo arabo. Certo, noi possiamo scalfire e svilire lo Stato Islamico
bombardandolo dall’alto — e sono contento che in Siria abbiamo colpito
questi psicopatici — , ma soltanto gli arabi e i turchi potranno
annientare lo Stato Islamico sul terreno. In questo stesso momento il
presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan sta incoraggiando il
despotismo, le intimidazioni alla stampa, il capitalismo clientelare e
il tacito sostegno agli islamisti, incluso lo Stato Islamico. Non ci
autorizza neppure a utilizzare la nostra base in Turchia per colpire lo
Stato Islamico dall’alto. Che cosa ha in mente? Che cosa hanno in mente i
regimi arabi che sono pronti a unirsi a noi nel bombardare dal cielo
gli estremisti in Siria, ma escludono di fare intervenire le loro truppe
di terra? Questa è una civiltà al collasso e, a meno che essa non si
decida ad affrontare direttamente le patologie che hanno dato vita al
mostro dello Stato Islamico, qualsiasi vittoria riusciremo a conseguire,
dal cielo o sul terreno, sarà solo momentanea.
( Traduzione di Anna Bissanti) © 2-014 New York Times News Service
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