
François Dosse:
Castoriadis. Une vie, La Découverte, pp. 532, euro 24
Risvolto
Ce livre est la première biographie consacrée à l'une des plus grandes figures intellectuelles et politiques du XXe
siècle : Cornelius Castoriadis (1922-1997). Jeune résistant grec
révolutionnaire menacé de mort par les staliniens, il arrive en France à
l'âge de vingt-trois ans, alors que l'engouement pour l'URSS est à son
zénith. Il contribue alors à créer, avec Claude Lefort et Jean-François
Lyotard, l'une des branches les plus vivaces de la gauche radicale, «
Socialisme ou Barbarie », qui deviendra ensuite une revue mythique et
l'une des grandes influences de Mai 68, notamment par sa critique de
gauche des régimes dits « communistes ».
Économiste, philosophe,
psychanalyste, militant politique, Castoriadis est l'auteur d'une oeuvre
essentielle pour quiconque s'intéresse à la question de l'institution
hors du cadre de l'État, dont il traite dans ce que l'on peut considérer
comme l'un des maîtres ouvrages du XXe siècle, L'Institution imaginaire de la société
(1975). Il n'a en effet cessé, en croisant l'analyse historienne et
l'approche psychanalytique, de s'attacher à penser la conquête de
l'autonomie comme condition de l'approfondissement démocratique.
Fruit d'une enquête menée auprès d'une centaine de témoins, cet ouvrage
permet enfin de lever le voile sur cette figure hors norme et trop
méconnue, qui est restée marginale jusqu'au bout, malgré son élection
comme directeur d'études à l'EHESS au début des années 1980. Celui en
qui Pierre Vidal-Naquet voyait un « génie », et Edgar Morin un « Titan
de l'esprit », est pourtant très certainement appelé, en ces temps de
grandes turbulences des souverainetés établies, à devenir l'un des
penseurs-clés du XXIe siècle.
Castoriadis, il ribelle che ispirò i liberali francesi
Filosofo radicale, psicanalista, economista: una biografia in Francia rivaluta un pensatore influente e misconosciuto
di Massimiliano Panarari La Stampa 31.10.14
Cornélius Castoriadis, chi era costui? A riscoprire una delle più
interessanti (e misconosciute) figure di intellettuale del secondo
Novecento (anche se lui per primo rigettava l’etichetta di intellò) ci
pensa la sua prima biografia appena uscita in Francia. E anche il fatto
che sia stato necessario attendere tanto tempo, persino nel Paese dove
l’originale (e per certi tratti visionario) filosofo dell’«immaginario
sociale» e del «fare pensante» ha vissuto e scritto, prima dell’uscita
di un volume che ne ricostruisse integralmente esistenza e pensiero
molto ci dice della sua «irregolarità».
A colmare tale lacuna, e a raccontare quanto, al di là delle apparenze,
questo eccentrico pensatore di origini greche sia stato importante per
la scena culturale transalpina, ci pensa nel suo Castoriadis. Une vie
(La Découverte, pp. 532, euro 24) lo storico delle idee François Dosse.
Castoriadis (1922-1997) fu filosofo e psicanalista (disciplina che
esercitò anche professionalmente), lavorò come economista al
segretariato internazionale dell’Ocse ed ebbe (alla fine) riconoscimenti
accademici rilevanti (negli anni Ottanta divenne directeur d’études
all’École des Hautes Études di Parigi), ricevendo gli apprezzamenti di
protagonisti importanti del mondo scena culturale come Edgar Morin (che
lo definiva un «titano dello spirito») e Pierre Vidal-Naquet (che lo
considerava un «genio»). Ma rimase sempre marginale perché troppo «fuori
dalle righe»: quindi una sorta di eminenza grigia (o, meglio,
rossissima) della sinistra eterodossa, la cui influenza fu sotterranea e
carsica, e assai meno evidente di quella dei filosofi-star della French
Theory (da Foucault a Derrida, passando per Lacan). E che, però, si
rivelò durevole e, soprattutto, trasversale, arrivando a toccare
intellettuali politicamente molto distanti dalla matrice delle sue
concezioni. Che era quella del socialismo di sinistra novecentesco e del
filone dell’autogestione e delle repubbliche dei consigli, ovvero quel
peculiare intreccio di marxismo libertario e anarchismo che aveva messo
al centro della propria teoria e (difficoltosissima) prassi una certa
nozione di autonomia, nella quale il pensiero di Castoriadis troverà il
proprio fulcro. Ed era precisamente quella che gli attirò appunto
l’interesse, a partire dagli anni Ottanta, della pattuglia di
intellettuali liberali (e social-liberali) che avrebbero riorientato la
battaglia delle idee in Francia, da François Furet a Pierre Nora, da
Bernard Manin a Marcel Gauchet, da Jacques Julliard a Luc Ferry e Alain
Renaut. E, in primis, del filosofo politico Claude Lefort che ebbe nel
corso degli anni una «conversione» liberaleggiante e con cui Castoriadis
aveva condiviso una giovanile militanza trotzkista e fondato, nel 1947,
la rivista Socialisme ou barbarie, alla quale questo libro attribuisce
una rilevanza addirittura superiore, nella preparazione del clima
intellettuale del Sessantotto, a quella del situazionismo.
Il testo di Dosse si incarica innanzitutto di ricostruire le ragioni di
questo mancato riconoscimento pubblico in seno a una nazione che ai suoi
intellettuali «impegnati» ha sempre eretto monumenti (trasformandoli
pure in merce di esportazione). E di svelare il «mistero» di un
pensatore che, pur essendosi collocato su prospettive politiche assai
lontane, entrò tuttavia in sintonia profonda e venne riconosciuto come
riferimento a cui guardare proprio dagli artefici della revanche del
liberalismo. La ragione – secondo lo studioso – consiste nella
ricollocazione al centro del dibattito (e delle discipline) di quella
filosofia politica (seppur, in qualche modo, rivisitata e contaminata)
che il «Sessantotto pensiero» e il post-strutturalismo avevano
emarginato. Nonché, la critica serrata e intransigente (da sinistra) di
Castoriadis al socialismo reale e al totalitarismo comunista, che si
affiancò a quella dei nouveaux philosophes e della deuxième gauche e
circolò moltissimo tra gli esponenti della rinnovata cultura politica
liberale, cementando, a suo modo, una «comunità di pensiero».
D’altronde, la stessa idea di rivoluzione, così centrale nelle sue
teorizzazioni, nulla ha a che fare con la violenza politica, ma
costituisce l’accelerazione di quel progetto di «auto-trasformazione
esplicita» delle istituzioni da parte della società (e, dunque, in nome
dell’autonomia) che, a ben guardare e mutatis mutandis, non poteva
dispiacere al gruppo di intellettuali che avrebbe contribuito
all’affermazione del neoliberalismo in Francia.
Sliding doors, per così dire. Ben differenti da quelle, molto solide e
tanto tipiche di un certo gusto architettonico, dell’appartamento di
Castoriadis a rue de l’Alboni, nel XVI arrondissement della capitale,
che, a inizio anni Settanta, Bernardo Bertolucci trasformò in set
ambientandovi il suo celeberrimo Ultimo tango a Parigi.
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