venerdì 31 ottobre 2014

Una biografia di Cornelius Castoriadis


François Dosse: Castoriadis. Une vie, La Découverte, pp. 532, euro 24

Risvolto
Ce livre est la première biographie consacrée à l'une des plus grandes figures intellectuelles et politiques du XXe siècle : Cornelius Castoriadis (1922-1997). Jeune résistant grec révolutionnaire menacé de mort par les staliniens, il arrive en France à l'âge de vingt-trois ans, alors que l'engouement pour l'URSS est à son zénith. Il contribue alors à créer, avec Claude Lefort et Jean-François Lyotard, l'une des branches les plus vivaces de la gauche radicale, « Socialisme ou Barbarie », qui deviendra ensuite une revue mythique et l'une des grandes influences de Mai 68, notamment par sa critique de gauche des régimes dits « communistes ».
Économiste, philosophe, psychanalyste, militant politique, Castoriadis est l'auteur d'une oeuvre essentielle pour quiconque s'intéresse à la question de l'institution hors du cadre de l'État, dont il traite dans ce que l'on peut considérer comme l'un des maîtres ouvrages du XXe siècle, L'Institution imaginaire de la société (1975). Il n'a en effet cessé, en croisant l'analyse historienne et l'approche psychanalytique, de s'attacher à penser la conquête de l'autonomie comme condition de l'approfondissement démocratique.
Fruit d'une enquête menée auprès d'une centaine de témoins, cet ouvrage permet enfin de lever le voile sur cette figure hors norme et trop méconnue, qui est restée marginale jusqu'au bout, malgré son élection comme directeur d'études à l'EHESS au début des années 1980. Celui en qui Pierre Vidal-Naquet voyait un « génie », et Edgar Morin un « Titan de l'esprit », est pourtant très certainement appelé, en ces temps de grandes turbulences des souverainetés établies, à devenir l'un des penseurs-clés du XXIe siècle.
       


Castoriadis, il ribelle che ispirò i liberali francesi
Filosofo radicale, psicanalista, economista: una biografia in Francia rivaluta un pensatore influente e misconosciuto

di Massimiliano Panarari La Stampa 31.10.14
Cornélius Castoriadis, chi era costui? A riscoprire una delle più interessanti (e misconosciute) figure di intellettuale del secondo Novecento (anche se lui per primo rigettava l’etichetta di intellò) ci pensa la sua prima biografia appena uscita in Francia. E anche il fatto che sia stato necessario attendere tanto tempo, persino nel Paese dove l’originale (e per certi tratti visionario) filosofo dell’«immaginario sociale» e del «fare pensante» ha vissuto e scritto, prima dell’uscita di un volume che ne ricostruisse integralmente esistenza e pensiero molto ci dice della sua «irregolarità».
A colmare tale lacuna, e a raccontare quanto, al di là delle apparenze, questo eccentrico pensatore di origini greche sia stato importante per la scena culturale transalpina, ci pensa nel suo Castoriadis. Une vie (La Découverte, pp. 532, euro 24) lo storico delle idee François Dosse.
Castoriadis (1922-1997) fu filosofo e psicanalista (disciplina che esercitò anche professionalmente), lavorò come economista al segretariato internazionale dell’Ocse ed ebbe (alla fine) riconoscimenti accademici rilevanti (negli anni Ottanta divenne directeur d’études all’École des Hautes Études di Parigi), ricevendo gli apprezzamenti di protagonisti importanti del mondo scena culturale come Edgar Morin (che lo definiva un «titano dello spirito») e Pierre Vidal-Naquet (che lo considerava un «genio»). Ma rimase sempre marginale perché troppo «fuori dalle righe»: quindi una sorta di eminenza grigia (o, meglio, rossissima) della sinistra eterodossa, la cui influenza fu sotterranea e carsica, e assai meno evidente di quella dei filosofi-star della French Theory (da Foucault a Derrida, passando per Lacan). E che, però, si rivelò durevole e, soprattutto, trasversale, arrivando a toccare intellettuali politicamente molto distanti dalla matrice delle sue concezioni. Che era quella del socialismo di sinistra novecentesco e del filone dell’autogestione e delle repubbliche dei consigli, ovvero quel peculiare intreccio di marxismo libertario e anarchismo che aveva messo al centro della propria teoria e (difficoltosissima) prassi una certa nozione di autonomia, nella quale il pensiero di Castoriadis troverà il proprio fulcro. Ed era precisamente quella che gli attirò appunto l’interesse, a partire dagli anni Ottanta, della pattuglia di intellettuali liberali (e social-liberali) che avrebbero riorientato la battaglia delle idee in Francia, da François Furet a Pierre Nora, da Bernard Manin a Marcel Gauchet, da Jacques Julliard a Luc Ferry e Alain Renaut. E, in primis, del filosofo politico Claude Lefort che ebbe nel corso degli anni una «conversione» liberaleggiante e con cui Castoriadis aveva condiviso una giovanile militanza trotzkista e fondato, nel 1947, la rivista Socialisme ou barbarie, alla quale questo libro attribuisce una rilevanza addirittura superiore, nella preparazione del clima intellettuale del Sessantotto, a quella del situazionismo.
Il testo di Dosse si incarica innanzitutto di ricostruire le ragioni di questo mancato riconoscimento pubblico in seno a una nazione che ai suoi intellettuali «impegnati» ha sempre eretto monumenti (trasformandoli pure in merce di esportazione). E di svelare il «mistero» di un pensatore che, pur essendosi collocato su prospettive politiche assai lontane, entrò tuttavia in sintonia profonda e venne riconosciuto come riferimento a cui guardare proprio dagli artefici della revanche del liberalismo. La ragione – secondo lo studioso – consiste nella ricollocazione al centro del dibattito (e delle discipline) di quella filosofia politica (seppur, in qualche modo, rivisitata e contaminata) che il «Sessantotto pensiero» e il post-strutturalismo avevano emarginato. Nonché, la critica serrata e intransigente (da sinistra) di Castoriadis al socialismo reale e al totalitarismo comunista, che si affiancò a quella dei nouveaux philosophes e della deuxième gauche e circolò moltissimo tra gli esponenti della rinnovata cultura politica liberale, cementando, a suo modo, una «comunità di pensiero». D’altronde, la stessa idea di rivoluzione, così centrale nelle sue teorizzazioni, nulla ha a che fare con la violenza politica, ma costituisce l’accelerazione di quel progetto di «auto-trasformazione esplicita» delle istituzioni da parte della società (e, dunque, in nome dell’autonomia) che, a ben guardare e mutatis mutandis, non poteva dispiacere al gruppo di intellettuali che avrebbe contribuito all’affermazione del neoliberalismo in Francia.
Sliding doors, per così dire. Ben differenti da quelle, molto solide e tanto tipiche di un certo gusto architettonico, dell’appartamento di Castoriadis a rue de l’Alboni, nel XVI arrondissement della capitale, che, a inizio anni Settanta, Bernardo Bertolucci trasformò in set ambientandovi il suo celeberrimo Ultimo tango a Parigi. 

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