domenica 30 novembre 2014
Ancora su "Comunismo Ermeneutico" di Vattimo-Zabala
Ricordo ancora una volta che di questo libro, come del confronto tra ermeneutica e nuovo realismo e
più in generale delle tendenze in corso nella filosofia italiana e
delle loro ricadute politiche, parlo ampiamente nella terza parte del
mio libro Democrazia Cercasi. Il comunismo di Vattimo è ovviamente un "comunismo" che Gianni chiama, en passant, anche "vero liberalismo" e in altri dieci o quindici modi [SGA].
Marx più Heidegger. Ecco il comunismo 2.0
È
uscito il saggio di Gianni Vattimo e Santiago Zabala sull’idea d’una
società alternativa. A differenza dal passato però la violenza
rivoluzionaria è esplicitamente rifiutata
di Franca D’Agostini La Stampa 28.11.14
Comunismo
ermeneutico, di Gianni Vattimo e Santiago Zabala, è un libro che è
necessario leggere, per chiunque sia interessato alla filosofia, alla
politica, e ai rapporti tra l’una e all’altra. Non perché sia
ineccepibile (al contrario avrei da eccepire a diverse tesi presentate
dai due autori) ma per un’altra ragione, più seria e profonda.
Dal
punto di vista ideologico-politico viviamo in un’epoca di morti viventi:
teorie già morte e finite, che però continuano a fare danno (si possono
tralasciare gli esempi: chiunque potrebbe citare due o tre casi, da
destra o da sinistra). Ma viviamo anche in un’epoca di sepolti vivi:
teorie e ipotesi che sono state affrettatamente tumulate, prima che
riuscissero a svilupparsi pienamente e a manifestare i loro meriti e le
loro ragioni. E uno di questi sepolti vivi è precisamente, io credo,
quella variante dell’ermeneutica che Vattimo pensò come «pensiero
debole»: una posizione filosofica che è stata troppo rapidamente
liquidata, quando aveva ancora qualcosa da dire, o anzi (mia opinione)
non aveva ancora incominciato a dire il meglio di quel che doveva-poteva
dire.
Uno degli aspetti centrali del debolismo ermeneutico era la
sua ricaduta politica, e in particolare l’idea che l’ermeneutica (la
filosofia dell’interpretazione elaborata da Hans Georg Gadamer, Paul
Ricoeur, Luigi Pareyson) potesse configurarsi non tanto come «pensiero
debole», ma come «pensiero dei deboli»: voce delle parti più sfortunate
della società, e parola pronunciata in loro difesa. Questo aspetto
legava il pensiero debole di Vattimo al Cristianesimo, creando l’idea
paradossale ma plausibile di un Gesù «nichilista», pronto a mettere in
discussione le (false) verità degli scribi, dei sacerdoti, dei farisei.
In
Comunismo ermeneutico i due autori non sviluppano molto le basi
filosofiche della loro prospettiva. E non c’è molto, nel libro, delle
posizioni originarie di Vattimo. C’è invece una rapida liquidazione
delle problematiche della verità, del realismo, della metafisica,
semplicemente identificati come i tre costituenti della «politica delle
descrizioni» che secondo gli autori starebbe alla base del capitalismo. E
per tutto il libro con ostinazione si ripete che «l’imposizione della
verità e la difesa del realismo» sono i grandi nemici della giustizia
globale. L’ermeneutica, in quanto pensiero interpretativo e non
descrittivo, si contrapporrebbe a tali nemici, in una guerra che è la
nostra attuale «emergenza», secondo gli autori. Si tratta allora di
contrastare il ferreo ordine capitalistico mondiale con un pensiero che
non aspira né alla verità né all’oggettività, e neppure alla forza
rivoluzionaria, ma si concede libero al conflitto delle interpretazioni.
Non
so se davvero il capitalismo in questa fase storica terminale debba
davvero descriversi (interpretarsi) come «politica delle descrizioni».
Non so se i nemici che i poveri del mondo devono combattere siano
davvero la metafisica, il concetto di verità, o quella astrazione che
gli autori chiamano «realismo», e che a me sembra una specie di
caricatura del cosiddetto «realismo ingenuo». Dubito che sia così.
Inoltre, i due autori citano la politica di Chávez come «la grande
novità della politica mondiale». Ma ci chiediamo: davvero il «nuovo» di
Chávez, e di Morales, Correa, Mujica e dei Kirchner, e «persino Papa
Bergoglio» ha come sfondo filosofico il rifiuto della verità e il
contrasto tra descrizioni e interpretazioni? L’aggancio tra
l’ermeneutica debolista e il decisionismo forte, veritativo e
descrittivo, necessario per una politica concreta (specie di stampo
comunista) sembra delineato nel libro in modo piuttosto vago.
Ma è
ovvio che Vattimo e Zabala lavorano in un linguaggio speciale, che hanno
ereditato da interpretazioni e reinterpretazioni di Rorty, Derrida,
Heidegger, Nietzsche; e per capire la loro proposta occorre entrare in
questo linguaggio, e condividerne le regole. Per esempio, ciò che unisce
Marx e Heidegger, dicono, è la critica della metafisica, ma
«metafisica» non è la disciplina filosofica che ha questo nome, bensì un
modo di vedere la realtà funzionale agli interessi dei potenti della
Terra. Ciò che chiamano «descrizioni» non è il semplice descrivere cose
più o meno reali o immaginate, ma la pretesa «oggettivistica» di
catturare il mondo «dall’alto», con le parole i discorsi i concetti, e
imprigionare in tale cattura anche le libere esistenze dei singoli
umani. E il comunismo a cui pensano Vattimo e Zabala non è ciò che
canonicamente si può intendere per comunismo ma il principio della
comunanza, quale si esprime nel vangelo di Matteo: «Dovunque due o tre
sono radunati nel nome mio, quivi son io in mezzo a loro». E «nel nome
mio», spiegano gli autori, significa «nel nome della giustizia, della
fraternità, e della solidarietà».
Iniziamo dunque a vedere la ragione
per cui occorre leggere Comunismo ermeneutico: per riprendere il
discorso sul rapporto tra filosofia e «pensiero dei deboli», e se mai
confermare che la filosofia (anche nella variante quasi
«anti-filosofica» delineata da Vattimo e Zabala) in definitiva è sempre
stata e dovrebbe continuare a essere, come diceva Jean-François Lyotard,
la force des faibles.
Vattimo “Uno, cento, mille conflitti sociali contro la democrazia bloccata dall’alto”
intervista di Claudio Gallo La Stampa 28.11.14
Professor
Vattimo, secondoComunismo ermeneutico, l’attuale democrazia sarebbe
l’ultimo bastione di quella metafisica che una parte cruciale della
filosofia del Novecento ha dichiarato inconsistente: è per questo che la
chiamate democrazia bloccata?
«La chiamiamo democrazie bloccata
perché è condizionata da di un sistema di equilibri internazionali
dominati dall’alto. Come sempre, non pensiamo che la situazione politica
dipenda da un qualche errore filosofico, ma semplicemente ci sembra che
la filosofia, in questo caso l’ultima sopravvivenza della metafisica,
faccia parte della situazione politica e non la determini».
Talvolta il libro sembra suggerire una società anarchica piuttosto che comunista
«Una
politica “anarchica” sembra oggi l’unica possibilità di emancipazione e
quindi anche di preparazione di una futura società comunista.
Realisticamente non possiamo pensare a una rivoluzione comunista a breve
scadenza. Disturbare il sistema capitalistico avviato al suicidio è per
ora il solo modo di combatterlo, “hagan lio”, fate casino, come dice il
Papa».
E’ curioso che pur individuando enormi disagi sociali nelle
società capitalistiche poi diciate di voler evitare una prospettiva
rivoluzionaria, di mutamento radicale.
«Anche qui è questione di
realismo. La prospettiva rivoluzionaria è in questo momento velleitaria o
avventuristica. Uno cento mille conflitti sociali sono la sola cosa a
cui possiamo realisticamente mirare per spingere i governi a una
politica meno disumana».
Nel marxismo il cambiamento verso una
società più giusta era spinto delle contraddizioni del capitalismo che
avrebbero dovuto portare gli sfruttati a rovesciare i rapporti di
classe: qual è il motore del comunismo ermeneutico?
«Il motore è lo
stesso. L’ermeneutica lavora di più per limitare l’influenza
addormentante dei mass media che sono il vero oppio di cui parlava
Marx».
Come mai questo libro, che pure è stato molto tradotto all’estero, arriva in Italia tre anni dopo l’edizione inglese?
«Dipende
un po’ dalla scelta di averlo pubblicare anzitutto in Inglese, “colpire
il centro del impero.” Il resto dipende dal normali scelte editoriali».
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento