venerdì 7 novembre 2014

Fiabe 1 / Un Perrault illustrato


Charles Perrault: I Racconti di Mamma Oca, illustrazioni di Desideria Guicciardini, Piemme

Risvolto
Tra fate e sortilegi, lupi famelici, gatti con gli stivali, orchi con la barba blu, bimbi non più grandi di un pollice, scarpette di cristallo e zucche che si trasformano in splendide carrozze, I Racconti di Mamma Oca raccolgono nella versione integrale, completa della morale finale, le fiabe che Charles Perrault pubblicò per la prima volta nel 1697.

Cenerentola alla corte di Re Sole 

Arianna Di Genova, 7.11.2014
Il pros­simo undici novem­bre, arriva nelle libre­rie anche I rac­conti di Mamma Oca per le edi­zioni Piemme (pp. 160, euro 14). Un’edizione che rac­co­glie nella ver­sione inte­grale, com­pleta della morale finale, le fiabe che Char­les Per­rault pub­blicò per la prima volta nel 1697. Ci si potrà di nuovo adden­trare nel bosco cupo di Cap­puc­cetto Rosso (che pagherà la sua avven­ta­tezza con la morte, anche se la ver­sione più cono­sciuta oggi è quella tra­man­data dai fra­telli Grimm), si andrà al ballo con Cene­ren­tola che cal­zerà la sua scar­petta di cri­stallo (è è pro­ba­bile che la nascita di que­sto oggetto diven­tato un fetic­cio sim­bo­lico, fosse dovuta a un errore di tra­du­zione, attra­verso lo scam­bio della parola «vair», una pel­lic­cia con cui si face­vano le scarpe medie­vali, con «ver», ossia «verre» in fran­cese, vetro, quindi cri­stallo) e si inor­ri­dirà di fronte al rien­tro improv­vi­sato di Bar­ba­blù a casa, pronto a punire la disub­bi­diente moglie.

Le atmo­sfere cruente e spesso hor­ror, per nulla adatte a un audi­to­rio infan­tile che poi ne divenne in realtà il prin­ci­pale desti­na­ta­rio (il pub­blico pre­scelto all’inizio dallo scrit­tore stesso era quello adulto) sono riprese mira­bil­mente in que­sto volume dalla illu­stra­trice Desi­de­ria Guic­ciar­dini, che cor­reda le pagine con un tratto che s’impenna fra ghi­ri­gori dal sapore gotico mixato al gusto liberty. Il valore aggiunto alle cele­ber­rime fiabe lo costi­tui­scono pro­prio i suoi dise­gni, una pozione magica per gli occhi.
Que­sta edi­zione dei «Rac­conti di Mamma Oca» (Le Histoi­res ou con­tes du temps passé, avec des mora­li­tés, meglio noti come Con­tes de ma mère l’Oye), per non essere da meno rispetto al com­pu­ter dalle fun­zioni mul­ti­ta­sking e all’immaginario vir­tuale cui la tec­no­lo­gia ci ha abi­tuati, «apre» per i let­tori alcune fine­stre late­rali che danno infor­ma­zioni sull’epoca in cui ven­nero scritte le fiabe, la sto­ria e gli usi e i costumi del vivere quo­ti­diano.
Sap­piamo così che Char­les Per­rault (Parigi, 1628–1703), che fu uomo di potere, rico­prendo inca­ri­chi nell’amministrazione pub­blica durante il regno di Luigi XIV, tende a sim­bo­leg­giare la ric­chezza non sol­tanto con oro argento e pie­tre pre­ziose, ma anche con car­rozze e raf­fi­nate tap­pez­ze­rie, allu­dendo al lusso della corte del Re Sole, nella reg­gia di Ver­sail­les.
Scrive Sil­via Vegetti Finzi, nella sua intro­du­zione, che «se pos­siamo leg­gere con par­te­ci­pa­zione e pia­cere tanto le fiabe che Char­les Per­rault ambienta in un ipo­te­tico Medio Evo fran­cese, quanto le novelle orien­tali de Le mille e una notte o le leg­gende afri­cane e sibe­riane, è per­ché gli ele­menti comuni supe­rano di gran lunga le dif­fe­renze».
Pub­bli­cate alla fine del Sei­cento, le fiabe dell’accademico di Fran­cia ave­vano spo­po­lato alla corte di Re Sole. Non poteva essere altri­menti: erano state tra­scritte in una lin­gua colta ed ele­gante, attin­ge­vano al reper­to­rio popo­lare, ma erano rin­for­zate da crea­zioni in pro­prio. In Ita­lia, ven­nero tra­dotte da Carlo Collodi.

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