lunedì 24 novembre 2014

Unica democrazia o Stato razziale nascente?




“Cittadino di Serie B”. Su Facebook la protesta contro la legge su Israele nazione ebraica
A scatenare la rivolta sui social la designer arabo-israeliana Sana Jammalieh che ha postato un’immagine contro un’iniziativa «discriminatoria». E centinaia di giovani vogliono seguirla

di Maurizio Molinari La Stampa 29.11.14

Netanyahu e lo Stato degli ebrei
Israele ha votato una legge sull’«identità nazionale». Cosa significa?
di Maurizio Molinari La Stampa 24.11.14
Con 14 voti contro 7 il governo di Benjamin Netanyahu ha approvato la «legge fondamentale» che definisce Israele come lo «Stato Nazione del popolo ebraico» innescando una polemica al vetriolo sull’identità collettiva e lacerando la maggioranza in maniera tale da aprire la strada a nuove elezioni. La legge approvata è frutto di due testi presentati da deputati del Likud e di Israel Beytenu, il partito del ministro degli Esteri Avigdor Lieberman, ed è stato votato da tutti i ministri di questi partiti (tranne un’astensione) come anche di Ha Bayt Ha-Yehudì di Naftali Bennet: diventa così il punto di incontro delle forze politiche di centro-destra della coalizione. A votare contro sono stati invece tutti i ministri di Yesh Atid, il partito di Yair Lapid, più il titolare della Giustizia Tzipi Livni, del vecchio Kadima: sono le forze di centro-sinistra accomunate ai laburisti di Yizhak Herzog dal condannare una legge che «penalizza le minoranze e non sarebbe stata mai stata approvata da Ben Gurion, Menachem Begin e Zeev Jabotinsky» assicura Lapid, citando i padri fondatori dello Stato. La contrapposizione fra gli schieramenti è netta, su una questione che ha a che vedere con la definizione dell’identità nazionale. Netanyahu vuole un testo che esalta il carattere ebraico di Israele - facendo venir meno l’equiparazione fra lingua ebraica ed araba - per «difendere la nazione da movimenti autonomisti in Galilea e nel Negev che ne minano l’identità ebraica». Ovvero: l’affermarsi di gruppi islamici fra gli arabo-israeliani del Nord e le tribù beduine del Sud ha bisogno di una risposta legislativa. Ma Lapid e Livni obiettano che così vengono lesi i diritti delle minoranze, inclusi drusi, circassi, arabo-israeliani e beduini che servono nell’esercito. Per questo Lapid va a trovare la famiglia di Zidan Saif, l’agente druso morto nel contrastare gli attentatori di Har Nof, accusando il premier di volerli trattare da «cittadini di serie B». Per i leader del centrosinistra la priorità è definire Israele come «democrazia», per i leader del centro-destra conta di più il «carattere ebraico». Il consigliere legale del governo solleva dubbi sul testo e Netanyahu promette: «Armonizzeremo le posizioni». Ma Lapid ritiene che abbia altro in mente: «Sfruttare la legge per vincere le primarie del Likud e portare il Paese a votare».



Il premier Benyamin Netanyahu ha sottoposto all'esecutivo la nuova legge secondo la quale i legislatori dovranno ispirarsi al diritto ebraico. Il ministro delle Finanze Lapid pronto a passare all'opposizione: "È una norma cattiva"

Repubblica 24.11.14

Israele “Nazione ebraica” per legge, il governo si spacca

di Fabio Scuto Repubblica 24.11.14
GERUSALEMME . Con una mossa che rischia di infiammare ulteriormente le tensioni con i cittadini arabi d’Israele, il governo del premier Benjamin Netanyahu ha approvato un disegno di legge che definisce giuridicamente Israele come «lo Stato della nazione ebraica». La decisione è arrivata al termine di un tumultuoso consiglio dei ministri che ha diviso il governo (14 favorevoli, 6 contrari) e che rischia di mettere in crisi la fragile maggioranza su cui poggia. I ministri di due partiti della coalizione e i loro leader — Tzipi Livni, ministro della Giustizia, e Yair Lapid, ministro del Tesoro — hanno votato contro quella che nelle intenzioni della destra sarà “la legge fondamentale” per lo Stato ebraico.

Israele si è sempre definito come “Stato ebraico” fin dalla dichiarazione d’indipendenza del 1948, ma il nuovo testo istituzionalizza la legge ebraica come fonte del diritto e che in futuro la legislazione e le sentenze dei giudici dovranno ispirarsi maggiormente ai valori ebraici. Lo Stato sosterrà maggiormente l’educazione ebraica, mentre le minoranze potranno sviluppare — in maniera autonoma — i propri valori e la propria cultura. Una legge che così formulata «è un attacco alla natura democratica di Israele», ha già sentenziato il procuratore generale Yehuda Weinstein.
Lo scontro all’interno del governo e della maggioranza riflette le divisioni e le tensioni del Paese e rischia di riaccendere le violenti proteste della popolazione araba che scuotono il Paese da settimane. Netanyahu ha difeso il provvedimento sostenendo che «si tratta di una risposta ai critici arabi di Israele che mettono in discussione l’esistenza di Israele». Netanyahu ha da tempo chiesto che i palestinesi riconoscano il carattere ebraico di Israele come condizione per qualsiasi accordo di pace. Ma sia i palestinesi che i loro “fratelli” arabi d’Israele sono convinti che ciò nuocerebbe ai diritti civili di questa minoranza — 1,5 milioni che già si considerano “cittadini di serie B”. «Oggi nemmeno Menachem Begin, il leader storico della Destra, si troverebbe a suo agio in questo Likud», ha tuonato contro il premier Yair Lapid, leader dei partito laico Yesh Atid. Il capo dei laburisti Yitzhak Herzog definisce la decisione come «irresponsabile ». Dopodomani la “legge fondamentale” affronta il primo passaggio in aula alla Knesset. Se al momento del voto i ministri Livni, Lapid e i loro colleghi “ribelli” decideranno di lasciare l’aula o votare contro, Netanyahu potrebbe decidere il loro siluramento.


“Patria Ebraica, ultimo trucco di Netanyahu”
Il giornalista Gideon Levy: “E’ una legge strumentale, il premier vuole sia i voti della destra che quelli dei coloni”
intervista di Roberta Zunini il Fatto 25.11.14
Quella del governo è stata una decisione populista e irresponsabile”. Gideon Levy, giornalista di Haaretz da sempre in prima linea contro l’occupazione e le colonie ebraiche in Cisgiordania, è netto nel condannare l’approvazione domenica da parte DI Netanyahu di una controversa proposta di legge che, se venisse avallata domani dalla Knesset, il Parlamento, trasformerebbe lo status del Paese da “stato ebraico e democratico” in “patria nazionale del popolo ebraico”. Trattandosi della modifica di una “ Legge Fondamentale”, cioè di una normachehacaratterecostituzionale-Israele non ha una costituzione -, avrà bisogno del voto favorevole dei deputati e anche dei 6 ministri che l’hanno bocciata (il consiglio dei ministri si era chiuso con 6 contrari e 14 favorevoli), tra i quali il ministro della Giustizia Tzipi Livni, del Tesoro Yair Lapid e della cultura e sport Limor Livnat, quest’ultima dello stesso partito del premier, il conservatore Likud. Se questi non la voteranno uscendo dall’aula o la bocciassero nuovamente, il premier potrebbe silurarli, inasprendo il clima politico; se passasse, le relazioni con la massiccia minoranza arabo-israeliana, il 20% dell’intera popolazione israeliana, peggiorerebbero.
Israele fin dalla dichiarazione di indipendenza del 1948 si è definito come Stato ebraico.
Ma il testo della legge istituzionalizzerà la legge ebraica come base del diritto. Non è vero quindi che ribadisce ciò che era stato già stabilito. E se fosse stata solo un replica, che bisogno ci sarebbe stato di suscitare questo vespaio?
Significa che, se passasse, la legislazione e i verdetti dei giudici dovranno ispirarsi principalmente ai valori ebraici?
Esatto, e come ha detto il procuratore generale Yehuda Weinstein, la legge formulata in questo modo non è altro che un attacco alla natura democratica di Israele. Siccome Netanyahu vuole vincere a tutti i costi le primarie di gennaio, se ne frega della democrazia pur di strappare voti all’ala destra del suo partito.
Vuol dire che è una legge strumentale?
Sì, da una parte mira a prendere i voti della destra del suo partito, ma tende anche a rabbonire il “portavoce dei coloni”, l’ultranazionalista-religioso Naftali Bennett (leader di “Focolare ebraico”, votato dai coloni) ministro dell’Economia e degli Servizi Religiosi, che gode di ampio consenso tra gli elettori del Likud.
E per quanto riguarda gli arabi-israeliani, verrà tolta la piena cittadinanza di cui godono?
No, perché la legge salvaguarda i diritti dei singoli cittadini dello Stato d’Israele, quindi anche di quelli arabo-iraeliani, ma è evidente che crea un clima di discriminazione culturale. Lo Stato non riconoscerà più di fatto la minoranza arabo-israeliana, un milione e mezzo di persone, come entità a cui spettano i diritti accordati alle minoranze. L’ebraico diverrà l’unica lingua ufficiale e i fondi per le scuole arabe verranno ufficialmente diminuiti (come già accade), così come diminuiranno i permessi concessi agli arabo-israeliani per costruire case”. Secondo Levy, il populismo di Netanyahu ha toccato il fondo.

Moni Ovadia “Gli arabo-israeliani costretti all’apartheid”
di Rob. Zun. il Fatto 25.11.14
Che Moni Ovadia sia a corto di aggettivi per definire la legge intitolata “Israele, lo stato nazionale del popolo ebraico”, sembra incredibile. “Sono allibito, non trovo le parole per descrivere questo schifo e il disastro a cui questa legge, se venisse approvata dal Parlamento, condannerà Israele. Ma dopo una pausa, ecco la sintesi: “Siamo alla fascistizzazione dell’ebraismo”. Secondo l’artista e intellettuale ebreo, non c’è altro modo per descriverla. “Questa legge non solo discriminerà la cospicua minoranza arabo-israeliana, che è costituita da un milione e mezzo di persone su una popolazione di dieci milioni di abitanti, ma avvalora una visione distorta dell’ebraismo che è una religione aperta, dialettica, senza un Papa, proprio perché la Torah può venire interpretata in modi diversi ”. L’ebraismo non può essere ridotto alla visione degli ultranazionalisti religiosi di destra, a suo avviso. “Anche gli arabo-israeliani, pur avendo la piena cittadinanza, finiranno per vivere in uno stato di apartheid, brutalità che stanno già sperimentando i palestinesi in Cisgiordania . Se poi prevale questa linea, come sembrerebbe dalla radicalizzazione costante e incessante degli ebrei israeliani, Israele perderà definitivamente la sua caratteristica di unica democrazia del Medio Oriente”. Anzi, per l’intellettuale, la democrazia in Israele è già parziale “fino alla linea verde” ma finirà per sparire anche dentro i confini riconosciuti dalla comunità internazionale. “Che non ha fatto niente per bloccare le violazioni di Israele alle numerose risoluzioni. Ora che anche il presidente Obama ha dimostrato di non essere in grado di contrastare l’arroganza dell’establishment israeliano, Netanyahu e i suoi si sentono liberi di fare quello che vogliono, con il supporto dei repubblicani americani”. Per chiudere Ovadia cita un passo del Levitico (25, 23) in cui il Creatore dice agli ebrei: “Mia è la terra, e voi siete forestieri ospiti presso di me”. E lo commenta con le parole del filosofo Franz Rosenzweig in La stella della redenzione. “E la patria, in cui la vita di un popolo del mondo prende dimora e scava il suo solco nella terra, fin quasi a dimenticare che essere un popolo vuol dire anche qualcos’altro... ‘Mia è la terra’, Dio gli dice, e la santità della terra sottrae il Paese alla sua spregiudicata presa di possesso”.

«Stato ebraico» La nuova legge e la crisi di Bibi
di Davide Frattini Corriere 25.11.14
Il piano di partizione dell’Onu — compie 67 anni fra pochi giorni — menziona le parole «Stato ebraico» 29 volte. La Dichiarazione d’indipendenza ripete la stessa formula, ripresa anche da iniziative di pace come quella di Bill Clinton. C’era bisogno di ribadirlo, di formalizzarlo in una proposta di legge che molti commentatori considerano poco democratica? Se lo chiede pure un editorialista conservatore come Ben-Dror Yemini che sul quotidiano Yedioth Ahronoth , il più venduto in Israele, prevede: la nuova norma verrà usata per delegittimare il Paese da chi già lo considera razzista e discriminatorio. Perché — sostengono i costituzionalisti — tra i due termini voluti da David Ben-Gurion e gli altri padri fondatori (ebraico e democratico) sposta il peso sul primo, senza mettere per iscritto l’uguaglianza per le minoranze, per quel 20% di arabi israeliani che sono cittadini a tutti gli effetti, con passaporto e diritto di voto. La legge, sostenuta da Netanyahu e votata tra le divisioni dal governo dovrebbe essere presentata in Parlamento domani, è difficile che ottenga la maggioranza. I ministri moderati come Yair Lapid e Tzipi Livni sono decisi a bloccarla, mentre il premier sembra disposto a spingere fino alla crisi. Ai consiglieri che lo avvertono «potresti perdere l’incarico» pare risponda: «Perché adesso ce l’ho?». La coalizione è spaccata, Netanyahu è frustrato dalle liti e vorrebbe tornare al potere con nuovi soci. La contrapposizione è anche tra la nuova e la vecchia destra, con Bibi che sta scegliendo il versante «neo» o «post» Likud anche per ragioni elettorali: deve contrastare l’avanzata di Naftali Bennett, il miliardario hi-tech che guida il partito dei coloni, tra i sostenitori più decisi della norma sull’identità nazionale. Non glielo può perdonare una ministra come Limor Livnat, veterana del Likud che ancora ricorda le parole di Zeev Jabotinsky, imparate alle riunioni del movimento giovanile Beitar. In nome di Jabotisnky (citato perfino da un deputato arabo) e della sua ideologia nazionalista, nella riunione di governo ha detto: «Questa legge è contraria ai nostri valori». 

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