domenica 14 dicembre 2014

Il mito del peccato originale da Agostino alla modernità

Peccato originale. Agostino e il Medioevo
Luciano Cova: Peccato originale. Agostino e il Medioevo, il Mulino

Risvolto

Il peccato originale è un tema che ha segnato profondamente la cultura occidentale nei secoli, e non solo in ambito religioso. Il libro ne ripercorre storicamente la dottrina fino alle soglie della modernità, a partire da Agostino di Ippona, il vescovo africano che ne fu il grande sistematizzatore. La sua riflessione si innestò su un retroterra che comprendeva l'insegnamento paolino, la tradizione patristica latina e varie espressioni di religiosità eterodossa. Il peccato ereditario come lo concepì Agostino fu oggetto di controversia soprattutto su due questioni: la possibilità di una colpa trasmessa di padre in figlio attraverso le generazioni, e i suoi legami con la sessualità, irrimediabilmente viziata dopo la trasgressione di Adamo. Su questi due aspetti il Medioevo operò un'attenuazione nell'ambito di una nuova cultura cittadina, attenta alle scienze profane veicolate dai nuovi testi greci e arabi in circolazione, e pronta a utilizzarle per fare dell'Eden una sorta di laboratorio antropologico, in cui uomo e donna si presentano nella loro integrità primitiva, contrapposta all'attuale stato di corruzione. 


Alle fonti del peccato originale 

Marina Montesano, il Manifesto 13.12.2014 

La man­dra­gora, soste­neva nel XII secolo la badessa renana Ilde­garda di Bin­gen, è calda e umida, creata della stessa terra della quale fu creato Adamo: pro­prio per­ché somi­glia tanto all’uomo è, al pari di lui, sot­to­po­sta agli assalti del demo­nio. Per que­sto essa è molto utile nella magia; ma, per farle per­dere i suoi poteri nega­tivi, è suf­fi­ciente un bagno in una fonte d’acqua pura per il giorno e la notte seguenti a quello nel quale la radice è stata estratta dal ter­reno. Si ha l’impressione che que­sto bagno della radice antro­po­morfa nell’acqua pura sia un sim­bolo del bat­te­simo, e che la pianta si liberi dalle sue virtù nega­tive in ana­lo­gia con il lava­cro bat­te­si­male che libera l’uomo dal pec­cato originale. 
Sì, per­ché il tema del pec­cato ori­gi­nale domina la cul­tura medie­vale e, come ci spiega Luciano Cova nel suo Pec­cato ori­gi­nale. Ago­stino e il Medioevo (il Mulino, pp. 390, euro 30), il secolo di Ilde­garda rap­pre­senta lo spar­tia­que tra la con­ce­zione ago­sti­niana e quella dei secoli tardi. Il tempo dell’uomo, limi­tato e lineare, aveva un prin­ci­pio e una fine: ini­ziato con la Crea­zione, avrebbe avuto fine con il Giu­di­zio Uni­ver­sale. Il pec­cato ori­gi­nale, tut­ta­via, ride­fi­nendo il rap­porto che nella Crea­zione Dio aveva deter­mi­nato appunto tra Lui e l’uomo, segnava il nascere della sto­ria, intesa come pro­gresso verso la solu­zione defi­ni­tiva: la Fine dei Tempi, della quale la fine fisica degli uomini era pre­fi­gu­ra­zione. La dot­trina del pec­cato ori­gi­nale ela­bo­rata da Ago­stino di Ippona agli inizi del V secolo si basava su una rifles­sione pre­ce­dente: quella dell’insegnamento di san Paolo, della patri­stica latina, delle diverse cor­renti del cri­stia­ne­simo, anche ete­ro­dosso. Rispetto a quanti l’avevano pre­ce­duto, Ago­stino fornì una siste­ma­tiz­za­zione che sarebbe pas­sata ai secoli suc­ces­sivi; una siste­ma­tiz­za­zione che riguar­dava soprat­tutto due grandi temi: la pos­si­bi­lità della tra­smis­sione della colpa di padre in figlio e i suoi legami con la ses­sua­lità, com­pro­messa dopo la tra­sgres­sione di Adamo ed Eva. 
La dot­trina ago­sti­niana, fon­da­men­tal­mente pes­si­mi­stica, fu miti­gata a par­tire dal secolo XII, anche gra­zie all’influsso delle scienze pro­fane vei­co­late dai testi greci ed arabi tor­nati in cir­co­la­zione. Al punto da far par­lare di un rie­mer­gere del pela­gia­ne­simo, la dot­trina ch’era stata con­cor­rente rispetto a quella ago­sti­niana (Pela­gio era con­tem­po­ra­neo di Ago­stino) nella quale si soste­neva che il pec­cato ori­gi­nale non avrebbe mac­chiato la natura umana; il pec­cato di Adamo era dun­que da inter­pre­tare come una sorta di cat­tivo esem­pio per la sua pro­ge­nie. L’avvento del Mes­sia avrebbe dun­que bilan­ciato la colpa di Adamo sul solo piano morale, senza il signi­fi­cato di pro­fonda reden­zione che il cri­stia­ne­simo orto­dosso attri­buiva ad essa. Le teo­rie pela­giane erano state ovvia­mente avver­sate dal vescovo di Ippona e con­dan­nate come ere­ti­che nel con­ci­lio di Efeso del 431. 
Il pre­va­lere di una inte­pre­ta­zione o di un’altra, come mostra il libro di Cova, ebbe risvolti giu­ri­dici impor­tanti, che emer­gono nel dibat­tito fra i diversi intel­let­tuali della fase cen­trale del Medioevo; senza dimen­ti­care che tra XII e XIII secolo il cata­ri­smo, con la sua inter­pre­ta­zione dua­li­stica della realtà, nella quale si con­trap­pon­gono prin­ci­pio della luce (e del bene) e prin­ci­pio della mate­ria (e del male) potrebbe aver con­tri­buito a pre­pa­rare il ter­reno per una nuova visione del pec­cato originale.

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