sabato 17 gennaio 2015

Un altro scopritore del "vero" Marx

Clau­dio Bel­loni: Per la cri­tica dell’ideologia. Filo­so­fia e sto­ria in Marx, Mime­sis, pp. 343, euro 24

Risvolto
Il primo autore a essersi dichiarato "non marxista" è stato Marx. È la posizione marx-"ista" stessa a essere inconciliabile, come ogni "-ismo", con una prospettiva filosofica critica. Un pensiero consapevole dei propri limiti è una delle condizioni per affrontare le difficoltà in cui incorre la critica dell'ideologia. Fondamentale è anche la storia, capace di smascherare la genesi effettiva di ogni pretesa ideologica e di mostrare che ogni cosa è ciò che è non per necessità, ma perché lo è diventata, dunque potrebbe essere diversa. Contro l'ordine costituito occorre pensare utopicamente un luogo altro, ma, secondo Marx, non oltre, nella storia. L'ostinato residuo messianico, l'utopia di un mondo giusto e di un uomo libero, costituiscono il senso ultimo della filosofia, di Marx e non solo.


Quando l’astrazione diventa terrena 
Saggi. «Per la critica dell’ideologia», un'analisi dell'opera di Karl Marx del filosofo italiano Claudio Belloni per Mimesis

Andrea Comincini, 17.1.2015 

Com­pren­dere Marx vuol dire distin­guere il suo pen­siero dal mar­xi­smo, dalle dot­trine inter­pre­ta­tive che gli epi­goni e gli inter­preti più sfac­ciati hanno cer­cato di dis­si­mu­lare: la pro­po­sta erme­neu­tica è di Clau­dio Bel­loni, stu­dioso, redat­tore della rivi­sta Filo­so­fia e Teo­lo­gia, e col­la­bo­ra­tore del dipar­ti­mento di filo­so­fia dell’Università di Milano. 
Il punto cen­trale dell’analisi pro­po­sta nel suo volume Per la cri­tica dell’ideologia. Filo­so­fia e sto­ria in Marx (Mime­sis, pp. 343, euro 24) risiede non sol­tanto nel distin­guere le sorti di Marx dai mar­xi­sti, ma nel sot­to­li­neare l’importanza della dimen­sione filo­so­fica del suo pen­siero, troppo spesso male inter­pre­tato, come, per Bel­loni, nel caso degli strut­tu­ra­li­sti, da cui prende le distanze. Marx filo­sofo, dun­que, se si con­si­de­rano prin­ci­pal­mente gli scritti gio­va­nili, «sco­perti» troppo tardi per non indi­riz­zare la cri­tica sui binari trac­ciati dalla pub­bli­ca­zione de Il Capitale.
Bel­loni indi­vi­dua in Adorno e Ben­ja­min, pur con le dovute distin­zioni, due auto­re­voli inter­preti capaci di cogliere pro­pria­mente il senso di nozioni fon­da­men­tali della filo­so­fia mar­xiana, ovvero ideo­lo­gia, sto­ria e soggetto. 
For­te­mente cor­re­lati, i con­cetti vanno rein­ter­pre­tati ribal­tando l’astrattezza della logica hege­liana di rife­ri­mento, ripor­tan­doli cioè nel mondo della realtà. Con que­sta ope­ra­zione, Marx pro­pone una filo­so­fia «ter­rena», il cui effetto prin­ci­pale è la famosa sen­tenza secondo la quale i filo­sofi hanno sem­pre inter­pre­tato il mondo, men­tre è tempo di cam­biarlo. Bel­loni sot­to­li­nea l’importanza erme­neu­tica di atte­nersi a tal metodo; così è com­pren­si­bile nella maniera più ampia il senso dell’azione spe­cu­la­tiva di Marx: smon­tare i sistemi filo­so­fici per pro­porre non una nuova archi­tet­tura con­cet­tuale, ma una «moda­lità d’azione inve­sti­ga­tiva», gra­zie alla quale si pos­sano sman­tel­lare le false coscienze e i loro appa­rati con­cet­tuali e politici. 
La dia­triba a pro­po­sito dell’influenza fra «sovra­strut­tura» e «strut­tura» viene intro­dotta attra­verso le con­si­de­ra­zioni di Fromm, Henry e Adorno, il quale coglie la cen­tra­lità di un ritorno all’empiricità dell’analisi, per diri­mere even­tuali dubbi sull’influenza che la sfera eco­no­mica pro­duce in quella «imma­te­riale». Bel­loni sot­to­li­nea che «la con­si­de­ra­zione del con­di­zio­na­mento dell’elemento ogget­tivo si inse­ri­sce nel con­te­sto della più vasta cri­tica del mate­ria­li­smo all’idealismo, anche se la meta­fi­sica dello spi­rito non viene sosti­tuita da un’opposta meta­fi­sica della materia». 
L’obiettivo di Marx non è solo cri­ti­care l’astoricità o la razio­na­liz­za­zione della filo­so­fia che l’ha pre­ce­duto, ma evi­tare la scis­sione tra pen­siero e dina­mica sto­rica, ovvero rin­no­vare l’intenzione di uti­liz­zare la filo­so­fia per sma­sche­rare le archi­tet­ture con­cet­tuali prive al loro interno della dimen­sione umana, poie­tica. La cri­tica all’ideologia non sarebbe altro che una nuova ideo­lo­gia in sé se l’analisi fosse nuo­va­mente anco­rata ad un resi­duo teo­re­tico, e non al piano di realtà.
Una par­ti­co­lare atten­zione richiede il capi­tolo a pro­po­sito del «mes­sia­ni­smo» di Marx. Secondo Karl Löwith, Marx con­fonde mes­sia­ni­smo e scienza. A pro­po­sito poi del con­cetto spe­ci­fico di «sfrut­ta­mento», il filo­sofo di Tre­viri, par­teg­giando per gli sfrut­tati, mostre­rebbe un atteg­gia­mento poco scien­ti­fico, per­ché privo di ava­lu­ta­ti­vità. Que­sta cri­tica, osserva Bel­loni, si basa sul pre­sup­po­sto che «il reale possa e debba essere giu­di­cato e tra­sfor­mato, men­tre il pre­sup­po­sto dell’avalutatività è che il reale debba esser sem­pli­ce­mente cono­sciuto e rico­no­sciuto per ciò che è». Sep­pur l’atteggiamento mes­sia­nico sia pre­sente, è oppor­tuno ricor­dare si tratti di «mes­sia­ni­smo senza mes­sia» – così giu­dica Jac­ques Der­rida, per esem­pio – il quale esclude con­ce­zioni miti­che e bibli­che del tempo, e pur affi­dan­dosi alla nozione di uto­pia, trat­tasi di uto­pia da rea­liz­zarsi nella sto­ria, non oltre la storia. 
Il com­pito della filo­so­fia resta riscri­vere cri­ti­ca­mente la realtà e pro­porre nuove oriz­zonti di senso, il cui destino tut­ta­via non è mai ultra­ter­reno, ma si tra­duce nella sto­ria della uma­nità. Merito di que­sto stu­dio è quindi non solo rico­struire la dut­ti­lità del pen­siero di Marx, troppe volte oscu­rata dall’ortodossia suc­ces­siva, ma di resti­tuirlo al pre­sente per risol­verne l’irriducibile con­trad­dit­to­rietà che lo investe.

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