mercoledì 14 gennaio 2015
Una supposta gigantesca in arrivo
Le
opzioni Mattarella, Gentiloni e Fassino. Il premier chiede a Berlusconi
di serrare i ranghi Il leader di Forza Italia valuterà la rosa dei
candidati con il metro dell’agibilità politica
di Francesco Verderami Corriere 14.1.15
ROMA
Sul Quirinale è il momento di contarsi per contare. E se Renzi non
mette in dubbio la parola di Berlusconi, «ha detto che voterà con noi e
io gli credo», vuole capire se ha davvero fondamento l’altra garanzia
fornita dal Cavaliere: «A breve incontrerò Fitto e i miei gruppi saranno
uniti». La corsa per il Colle inizia ufficialmente oggi, e il premier
chiede all’alleato dell’opposizione di stringere i suoi ranghi, «io deve
badare a compattare i miei». Si vedrà se il leader del Pd riuscirà ad
arrivare puntuale all’appuntamento, «alla quarta votazione avremo il
nuovo capo dello Stato», o se la sua scommessa si rivelerà un azzardo.
Molto dipenderà dal grado di tenuta del capo dei forzisti ma soprattutto
dalla tattica che verrà adottata per evitare le insidie del voto
segreto.
Arcore è la Fortezza Bastiani di Berlusconi, che in attesa
di sapere cosa disporrà Renzi sul Quirinale si sporge dai camminamenti
per scorgere la sagoma di un messaggero: da quel deserto, d’altronde,
non arrivano più nemici ma solo un ufficiale di collegamento. È Verdini.
È lui che spiega al Cavaliere come comportarsi: «Renzi ti proporrà una
serie di candidati e noi potremo scegliere». Il leader di Forza Italia
inizia così a sfogliare i petali della rosa, a modo suo: «Avrò
l’agibilità, non avrò l’agibilità...». È un chiodo fisso, non smette di
parlarne, mentre attorno a lui i fedelissimi sbirciano sui suoi fogli i
nomi dei quirinabili: Mattarella, Gentiloni, Fassino.
Il Cavaliere
storce il naso. In realtà, in fondo al sentiero che porta alla
presidenza della Repubblica, quella terna (forse) nasconde il vero
candidato. Confalonieri sostiene che «nella storia del Quirinale sono
salite personalità sbiadite, però pensi di eleggere uno sbiadito e poi
magari ti ritrovi un Pertini». Il Colle visto da Arcore è un santuario
laico da cui Berlusconi si attende il miracolo, e la sua Fortezza
Bastiani è un ottimo punto di osservazione per vedere tutti quelli che
si agitano con i loro messaggi e le loro telefonate, grazie alle quali
l’ex premier può dimenticare l’estrema debolezza politica del momento.
Fassino — per accreditarsi — gli ha fatto sapere che da Guardasigilli
non ebbe mai alcun atto ostile contro di lui sulla giustizia, «e quanto a
standing internazionale sono stato ministro del Commercio estero».
Persino
Prodi gli manda a dire. O meglio, alcuni prodiani — non si sa se
autorizzati o mossi da iniziativa personale — hanno contattato
rappresentanti berlusconiani del mondo dello spettacolo e
dell’informazione per affidare un pensiero da consegnare al Cavaliere.
Ma il Professore non ha detto a più riprese di non essere «in corsa»?
Vero, ma «in corsa» lo potrebbero sospingere gli avversari di Renzi
nelle prime tre votazioni, quelle in cui il premier ha dichiarato che
«si voterà scheda bianca», quelle in cui il leader del Pd sarà
maggiormente vulnerabile. Se il Professore iniziasse a salire nei
consensi sarebbe complicato arrestarne poi la marcia.
A meno da non
proporre un nome che sia «all’altezza di Prodi e di Marini», come chiede
Bersani a mo’ di sfida. E il capo democrat — per parare il colpo e
fermare la corsa del fondatore dell’Ulivo — medita di lanciare in pista
il primo segretario del Pd, quel Veltroni che — per dirla con autorevoli
membri del governo — «più sta fermo più sta dentro i giochi». Se così
fosse, gli oppositori interni di Renzi avrebbero difficoltà a respingere
la proposta del loro segretario. Se così fosse, altro che terna:
vorrebbe dire che Berlusconi qualche garanzia deve averla data sul
candidato secco. Proprio Bersani ieri sentiva aria di grande intesa: «Il
premier dice che per il capo dello Stato partirà dalla quarta votazione
e l’opposizione non protesta?».
Di più. Tra i ranghi forzisti c’è
chi sottovoce si mostra disponibile a votare eventualmente Veltroni,
accreditando di fatto la tesi che la debolezza politica del Cavaliere lo
porterebbe ad accettare anche «un esponente del Pd» pur di stare in
gioco. Ma è questo il vero gioco o la soluzione ventilata ieri da
Palazzo Chigi è una mossa tattica, fatta nell’urgenza del momento, per
stoppare gli oppositori del premier? E l’accordo — semmai fosse stato
già chiuso con Berlusconi — comprende anche l’area dei centristi che
stanno nel governo? Perché ieri Alfano ha detto no a un candidato al
Colle che sia frutto «delle primarie del Pd».
Tra tanti
interrogativi, una cosa è certa: Renzi oltre la sesta chiama potrebbe
perdere il controllo della situazione in Parlamento, perciò ha bisogno
di presentarsi ai blocchi di partenza con un candidato forte. I rischi
di un protrarsi della corsa sono stati analizzati a Palazzo Chigi come
ad Arcore, dove a Berlusconi è stato prospettato che — in caso di stallo
— potrebbe prendere corpo anche la candidatura di Grasso. Raccontano
che il Cavaliere abbia avuto un sobbalzo: «Un magistrato anche al
Quirinale? Ci manca questo». Fosse per lui, un nome ci sarebbe, uno che
gli fa ricordare la sua gioventù politica: «Tra tutti, l’unico è D’Alema
ad avere il profilo dell’uomo di Stato. E sarebbe garante degli
accordi. Ma purtroppo...». Purtroppo Renzi non lo vuole. E se invece
fosse Veltroni?
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