Tonino Ceravolo: Il prepuzio di Cristo - Storie di reliquie nell'Europa cristiana, Rubbettino
Risvolto
A partire dalla "scoperta" della Terrasanta, con i viaggi
di pellegrini e crociati alla volta dell'Oriente, il cristianesimo
comincia a fare i conti con le numerose reliquie collegate a Gesù:
reliquie della lancia, della spugna, del flagello, della veste, della
colonna, dei chiodi e della croce. Strumenti e oggetti degli ultimi
giorni della vita terrena del Cristo, che vengono divisi e distribuiti,
per arricchire le collezioni di papi, re e imperatori, chiese e
monasteri. Una lunga tradizione, variamente elaborata nel corso di
diversi secoli, ha, in particolare, indicato nell'ombelico di Gesù e nel
suo prepuzio, conservato da Maria dopo la rescissione dovuta alla
circoncisione, le uniche reliquie dell'infanzia rimaste sulla terra.
Deriso, dissacrato, reso oggetto di scherno da riformatori e
illuministi, il prepuzio di Gesù ha conosciuto una profonda devozione.
Analizzarne le vicende significa fare appello a un discorso che
coinvolge l'antropologia e la storia, la teologia e la cristologia.
Il sacro viavai della reliquia
Il prepuzio di Cristo gira l’Europa, arriva a Roma e sparisce Chiodi, legno della croce, sangue: i temi della devozione
di Luigi Accattoli Corriere La Lettura 29.3.15
Circonciso Gesù, la Vergine Maria custodì con ogni cura il «santo
prepuzio» e non lo sperse neanche durante la fuga in Egitto. Lo donò
infine alla Maddalena e possiamo immaginare che ciò sia avvenuto dopo
l’Ascensione al cielo, non essendoci più sulla terra altro vestigio
della carne di Cristo. Da Maria di Magdala a Carlo Magno abbiamo uno
stacco di secoli e non sappiamo dove l’abbia preso l’angelo che lo
consegna all’imperatore in Aquisgrana, mentre toccherà a Carlo il Calvo
portarlo a Roma. Sarà un lanzichenecco tedesco a entrarne in possesso
nella magna confusione del Sacco di Roma (1527) e a portarlo a Calcata,
che è un borgo a nord di Roma, verso Viterbo. Lì resta fino al 1983
quando viene rubato dalla casa del parroco don Dario Magnoni, come
costui denuncia ai carabinieri. O forse don Dario lo fa sparire in
obbedienza a ordini superiori? Perché il sacro ha tempi lenti ma
anch’esso — come tutto — scorre e un prepuzio che prima attira rischia
poi di allontanare, tant’è che il Sant’Uffizio la venerazione di quella
reliquia l’aveva già proibita all’inizio del Novecento. Ma i parroci
continuarono a esporla nella chiesa dei Santi Cornelio e Cipriano a ogni
capodanno, nella festa che si chiamava in Circumcisione Domini , nella
Circoncisione del Signore.
Nel frattempo c’era stata la riforma del calendario liturgico e il Rito
Romano al primo dell’anno festeggiava Maria Santissima Madre di Dio. Se
cambia la messa vuol dire che cambia il mondo, devono aver pensato a
Calcata nel 1970 all’arrivo del nuovo calendario, che misteriosamente
preludeva al distacco dall’incredibile prepuzio. Una delle più singolari
reliquie della cristianità, tra le quali ci fu il Graal e c’è ancora la
Sindone, nonché il Velo della Veronica, anch’esso finito fuori mano
come il prepuzio, ed ora si trova — se è lui — a Manoppello in Abruzzo.
Che sia destino delle reliquie convergere a Roma e ripartirne? Pare
anche loro destino mantenere margini di mistero, com’è ovvio per chi
prende forza dall’aver toccato (appunto) il mistero.
Qui infatti abbiamo ridotto a un racconto lineare la vicenda del
prepuzio che è fatta di comparse e scomparse, duplicazioni,
moltiplicazioni. Sarebbero almeno 32 le località europee nelle quali il
prepuzio di Cristo è stato segnalato nei secoli, racconta ora Tonino
Ceravolo in Il prepuzio di Cristo. Storie di reliquie nell’Europa
cristiana (Rubbettino). E c’era per un tempo sia a Roma — in San
Giovanni in Laterano — sia a Calcata e si argomentava che l’uno fosse il
prepuzio e l’altro l’ombelico, ovvero il cordone ombelicale, che oggi
si conserva in vista dell’utilizzo delle staminali e un tempo si
conservava chissà perché, ma nel caso di Gesù di sicuro con buoni
motivi. Del cordone infatti parla la fonte più antica che nomina il
prepuzio e si tratta di un apocrifo del Nuovo Testamento, il Vangelo
arabo-siriaco (forse dell’VIII secolo): «Lo circoncisero nella grotta.
Quella vecchia ebrea prese il pezzetto di pelle — ma altri dicono che si
prese il cordone ombelicale — e lo mise in un’ampolla di vecchio olio
di nardo».
Oggi il cordone ombelicale lo conserviamo in azoto liquido: c’è dunque
una lampante continuità tra l’apocrifo e le regole del nostro sistema
sanitario. Ma come si presentava il «sacrosanto prepuzio», o «bellico»
che fosse? L’osservarono da vicino a metà del Cinquecento due inviati di
Paolo IV. Uno dei due, a nome Pipinelli, premendo con le dita «lo
spezzò in due» e le due parti furono così descritte dalla Narrazione
critico-storica della Reliquia preziosissima del Santissimo Prepuzio
(che è del 1802): «L’una della grossezza d’un picciolissimo Cece,
l’altra d’un granellino di seme di Canapa».
Come c’erano tanti prepuzi così c’erano — in giro per l’Europa — tanti
sangui di Cristo: e qui non s’intende più quello del cordone, ma quello
della Passione, uscito dalle ferite della flagellazione, delle spine,
dei chiodi, del costato. Una parte l’aveva raccolta Longino, il soldato
del colpo di lancia che stava pronto lì sotto. Un’altra aveva impregnato
il guanto di Nicodemo, che aveva schiodato Gesù e aveva nascosto il
guanto nel becco d’un uccello. Ma anche Maria e la Maddalena avevano
raccolto qualcosa là sul Calvario. Troppo sangue e pezzi della croce e
spine della corona, che presto scatenarono satire e invettive, da
Boccaccio a Chaucer, a Calvino, fino a Garibaldi e Joyce. Erasmo da
Rotterdam affermava non senza ironia che ai suoi tempi circolavano
talmente tanti frammenti della croce da costruire una nave. San Paolino
però aveva preso sul serio la proliferazione delle schegge e trovato una
soluzione: la reintegrazione della croce: se ne potevano staccare tutti
i frammenti che si voleva, ma la croce restava sempre integra.
Boccaccio da parte sua, nella novella decima della sesta giornata, mette
in scena l’ineffabile Frate Cipolla, che promette a certi contadini di
mostrare «la penna dell’agnolo Gabriello», ma poi — avendo subito il
furto della penna — si accomoda a mostrare i «carboni che arrostirono
San Lorenzo».
A quei tempi satira e devozione si toccavano: una «santa lacrima»
versata da Cristo su Lazzaro morto era conservata a Vendôme e a Roma, in
San Lorenzo in Lucina, c’era e c’è uno spezzone della graticola di San
Lorenzo.
Il culto delle reliquie non cessa con l’arrivo del terzo millennio. Come
già i frammenti della croce così sono oggi innumerevoli i filamenti del
saio di Padre Pio che girano per il mondo, o le fialette con il sangue
di Wojtyla raccolto da don Stanislaw — novello Nicodemo — in occasione
di un prelievo al Gemelli. Né cessa la filiera delle reliquie da
contatto, o reliquie di reliquie. Già vedemmo moltiplicati per ogni dove
i berretti e le camicie di Garibaldi e oggi vediamo i pellegrini che
offrono uno zucchetto di loro fattura a papa Francesco, che se lo mette
in testa per un momento e subito lo restituisce all’offerente, avendolo
fatto suo «per contatto». E l’entusiasmo dei napoletani per la presenza
in città delle «ceneri» di Pino Daniele? E gli autografi non sono una
reliquia? E la mania dei selfie? Reliquia per contatto, reliquia per
imago . Le reliquie cambiano, ma non cessano perché è proprio della vita
lasciare reliquie e forse il mondo è tutto un reliquiario.
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