Il 21 gennaio del 1927, Churchill aveva dichiarato al «Times», rivolto a
Mussolini: «Fossi italiano, mi sarei certamente schierato con tutto il
cuore al vostro fianco sin dall’inizio della vostra lotta trionfale
contro gli appetiti e le passioni bestiali del leninismo». Poi, il 18
febbraio del 1933, al rientro da una vacanza in Italia, Churchill
definiva Mussolini un «genio incarnato». E negli anni che seguirono la
presa del potere di Hitler, lo statista inglese tenne sempre a
distinguere la sua avversione al dittatore tedesco dall’ammirazione per
quello italiano. Come del resto facevano David Lloyd George, Lord Edward
Wood, sir Austen Chamberlain e il commediografo George Bernard Shaw.
Almeno fino al 1937, quando — in una conversazione con Frank Owen,
politico liberale e direttore dell’«Evening Standard» — definì Hitler e
Mussolini «These men of microphone and crime», «uomini della propaganda e
dell’assassinio». E la lettera del 16 maggio 1940 conteneva traccia di
questi mutamenti d’umore. Risultano così stravaganti le tesi che
emergerebbero dalle «lettere segrete», secondo cui «Churchill avrebbe
proposto a Mussolini di entrare in guerra con gli angloamericani» o di
«combattere a fianco dei tedeschi per poi condizionarli nelle trattative
di pace». In ogni caso Mussolini il 18 maggio rispose alla «vera»
missiva di Churchill con una lettera altrettanto «autentica» (e
pubblica) in cui affermava che per «senso dell’onore» avrebbe schierato
l’Italia al fianco della Germania nazista. «In entrambi i messaggi», fa
notare Franzinelli, «non un cenno a contatti pregressi né a patti in
elaborazione».
Bizzarri sono i protagonisti di questa «operazione Carteggio»: il
sedicente comandante dei servizi segreti della Rsi Tommaso David («in
realtà», puntualizza Franzinelli, «capo di un servizio di spionaggio
repubblichino collegato all’Abwehr, lo spionaggio tedesco»), il «custode
degli epistolari» Enrico De Toma (colui che riuscì a vendere le «carte»
ad Angelo Rizzoli) e l’aristocratico falsario Ubaldo Camnasio de
Vargas. Sul fronte dei creduloni moltissime personalità di primo piano
dell’Italia repubblicana. Scettici furono invece Alcide De Gasperi,
preso di mira (come Giovanbattista Montini e Benedetto Croce) da
un’altra opera di falsificazione di lettere, Giulio Andreotti e il
repubblichino Giorgio Pisanò, il quale, in contrasto con la sua parte
politica, per primo denunciò le contraffazioni.
Tommaso David entrò in azione nell’estate del 1944, al servizio della
Repubblica di Salò, fabbricando un biglietto che avrebbe dovuto
coinvolgere Pietro Badoglio nell’uccisione, l’estate precedente, dell’ex
segretario del Partito nazionale fascista Ettore Muti. Il governo
Bonomi inserì il nome di David nel «Bollettino delle ricerche»,
qualificandolo come «delinquente» e descrivendone minuziosamente i
connotati: «Altezza m. 1,83, corporatura grossa, capelli e occhi grigi,
denti falsi». Si occupò di lui anche il controspionaggio statunitense,
mettendo in evidenza che aveva preteso «prestazioni sessuali dalla
ventunenne Marianna Sgabelloni» e aveva «soggiornato» nel settembre 1944
con la diciassettenne Carla Costa in un albergo di Maderno «in gita di
piacere». La «divisione» di David, peraltro, era piena di «personale
femminile». Il suo vice, Renato Pericone, lasciò scritto che Tommaso
David reclutava «le donne unicamente per motivi sessuali». L’Office of
Strategic Services lo definì «un vecchio mandrillo». Nessuno, insomma,
fino a quando tirò fuori il Carteggio, lo aveva preso sul serio. Un
personaggio di secondo piano, David, dedito alla disinformazione, fino a
un giorno di inizio aprile 1945, quando il Duce lo ricevette nel suo
ufficio a Gargnano, sulla sponda bresciana del lago di Garda, e gli
affidò due borse in pelle, una gialla e l’altra bruna, salvo poi
richiamarlo a farsi restituire la valigia scura.
Di qui inizia la storia che verrà alla luce il 13 maggio 1951, allorché
un giornale, «Asso di Bastoni», pubblicherà con grande evidenza in prima
pagina la notizia dell’esistenza del Carteggio in mano a David. Piovono
interrogazioni parlamentari da parte dei socialdemocratici Bruno
Castellarin e Luigi Preti, si entusiasma l’ispettore generale degli
Archivi di Stato, Emilio Re. Re affida il caso a un suo emissario di
Bolzano, il quale fa appena in tempo a conoscere l’uomo e già esprime i
primi dubbi: «Il David, già agente segreto della polizia dell’ex
Repubblica di Salò, è un esaltato e uno squilibrato e la sua
affermazione di possedere le lettere predette può essere del tutto
falsa, pur non escludendo che egli ne possa essere veramente in
possesso», afferma in un rapporto del 16 giugno 1951. Chi invece prende
la cosa molto sul serio è il ministro delle Finanze Ezio Vanoni,
sensibilizzato da un amico di Merano, Pietro Richard. Più che scettico,
come si è detto, è invece Andreotti, il quale sostiene trattarsi di «una
pura e semplice falsificazione». Ma è isolato e la credibilità del
falsario non è scalfita, tant’è che David può diventare un «eroe» della
guerra fredda e il 29 marzo del 1957 (due anni prima di morire) sarà
addirittura decorato con una medaglia d’oro quale «comandante del Corpo
volontario anticomunista della Dalmazia».
Nel Carteggio, Dino Grandi sarebbe il mediatore tra Mussolini e
Churchill, «intermediario infido», rileva Franzinelli, «poiché
tradirebbe la patria ancora prima dell’entrata in guerra». In realtà
Churchill scrisse a Grandi una sola lettera, peraltro assai cordiale, in
risposta al messaggio dell’11 ottobre 1939 con il quale il conte gli
comunicava la conclusione della propria missione londinese. Il resto
delle lettere di Grandi e Churchill, che coinvolgerebbero Vittorio
Emanuele III, sono ad ogni evidenza false. Churchill avrebbe scritto a
Grandi nei panni di primo ministro un mese prima di essere nominato alla
guida del governo inglese per proporre uno strano patto tra Italia e
Gran Bretagna. Se davvero «esistesse un Patto italo-britannico e Grandi e
Vittorio Emanuele ne fossero a conoscenza», si domanda Franzinelli,
«perché non ricorrervi mentre l’Italia va in rovina» nel 1943? Nella
Rsi, inoltre, Mussolini fa di tutto per screditare Grandi: «Se
disponesse del Carteggio, non esiterebbe a servirsene, invece di
chiuderlo in una borsa ad ammaestramento dei posteri». Quando nel 1953
vedrà questi documenti, Grandi li definirà «assolutamente falsi e per
giunta grottescamente inverosimili, il che si rileva immediatamente da
chi abbia conoscenza della lingua inglese, degli usi diplomatici, dei
rapporti protocollari». Ma i falsari reagiranno sostenendo che Grandi
parlava in difesa di se stesso.
E a questo punto Franzinelli solleva la «questione Bastianini». Giuseppe
Bastianini, sottosegretario agli Esteri nel 1936-39 e poi successore di
Grandi all’ambasciata di Londra sino all’entrata in guerra dell’Italia
(giugno 1940), è uno dei pochissimi «cui non sfugge l’inadeguatezza
bellica nazionale» e infatti «cerca invano di convincere il Duce a
protrarre la neutralità». «L’incarico londinese e l’orientamento
antigermanico», fa notare Franzinelli, farebbero di Bastianini «il
personaggio chiave per trattative segrete con Churchill, di cui però non
vi è cenno nelle sue memorie». E, se si ritiene che questo mancato
cenno possa essere motivato dall’imbarazzo, stupisce che mai il nome di
Bastianini sia fatto nel Carteggio.
Secondo Franzinelli, Bastianini «è assolutamente ignorato dal Carteggio,
onde evitare che smentisca eventuali apocrifi a lui attribuiti,
guastando l’opera dei falsari». «Il blackout su Bastianini (come su
Ciano) è eloquente, specie se raffrontato all’ipertrofica produzione
sull’ex ambasciatore Grandi (preso di mira con evidente intento
polemico)». Tanto più che dal 5 febbraio 1943, dopo che Mussolini ha
liquidato Ciano e ha assunto personalmente la guida del ministero,
Bastianini ridiventa sottosegretario agli Esteri. Quando, nella prima
metà di luglio del 1943, «in preda alla disperazione Mussolini
accondiscende al desiderio di Bastianini di allacciare trattative
segrete, è troppo tardi». Se «Mussolini disponesse di carte segrete,
saprebbe di doverle giocare mentre è ancora in tempo». Bastianini, che
da tempo avrebbe voluto riaprire quel canale con gli inglesi, sarebbe
stato l’uomo giusto per questa iniziativa, se solo Mussolini lo avesse
messo al corrente dell’esistenza di quelle carte. Ma così non fu.
Eppure ancora oggi, «qualsiasi panzana viene presentata come possibile
dai sacerdoti del Carteggio». Tra «i creativi inventori di astrusi
teoremi vi sono pure ex partigiani ultraottuagenari quali Luigi
Carissimi Priori di Gonzaga (nome di battaglia «Cappuccetto rosso») che
in tarda età ha divulgato storie assurde sul Carteggio, passato
naturalmente anche dalle sue mani». La «logica del complotto creata ad
arte sui fatidici documenti rovescia ogni evidenza d’inesistenza in
prove di autenticità». I mitici carteggi, scrive Franzinelli, sono
«bugie con la velleità di diventare storia». Coloro che hanno
partecipato all’impresa di inventarli erano «quasi tutte persone prive
di scrupoli, imbroglioni matricolati premiati da distrazioni e lentezze
della magistratura». Fossero ancora vivi «constaterebbero sbalorditi
come quelle loro lontane falsificazioni si siano radicate nonostante le
evidenti falle… Una costruzione dalle facciate vivaci, dietro le quali
c’è il vuoto». Miracoli della storiografia complottista.
Falso il carteggio Mussolini-Hitler? No il corriere si sbaglia
Garibaldi il sussidiario
Churchill-Mussolini, la moltiplicazione delle bufale
La leggenda del carteggio segreto tra i due statisti, smascherata fin dagli Anni 50, si propaga sul web Un monumento alla credulità e alla disinformazione
di Mimmo Franzinelli La Stampa 20.5.15
La leggenda dei rapporti segreti intercorsi durante il secondo conflitto mondiale tra Mussolini e Churchill, mentre Italia e Regno Unito si combattevano aspramente, è tra le più clamorose e fortunate invenzioni del dopoguerra. Un mito funzionale al trasferimento delle responsabilità dell’intervento italiano - deciso dal duce nella convinzione dell’imminente vittoria tedesca - sulla «perfida Albione», in chiave rigorosamente controfattuale e con l’ausilio di clamorose falsificazioni di documenti.
Decenni di tambureggiamento, con un’alluvione di articoli all’insegna dello scoop, hanno tramutato in senso comune una tesi bizzarra, che nessun studioso straniero prende sul serio, ma cui molti italiani credono.
L’operazione propagandistica, impostata per fini politico-ideologici negli anni della ricostruzione postbellica, ha arricchito i suoi artefici. Nella prima metà degli Anni Cinquanta, falsari e custodi del «tesoretto» - in primis il falsario milanese Aldo Camnasio e il faccendiere triestino Enrico De Toma - intascarono diversi milioni da Mondadori e Rizzoli, desiderosi di assicurarsi i documenti che riscrivevano la storia della recente guerra. I due maggiori editori italiani, accortisi poi della natura truffaldina di quel materiale, ne sospesero la pubblicazione.
Negli Anni Cinquanta e Sessanta sul fiabesco carteggio hanno ricamato i settimanali popolari Oggi, Gente, Domenica del Corriere, oltre a quotidiani ad ampia diffusione come La Notte. Ai servizi giornalistici si sono affiancati volumi dal taglio sensazionalista, sulla madre dei misteri italiani, con le più inverosimili (e ripetitive) teorie. Il testo-base per rilanciare il carteggio, accreditandolo agli occhi di molti lettori, è Dear Benito, caro Winston, scritto nel 1985 da Arrigo Petacco per Mondadori. Una monografia che nella sostanza (e a tratti persino nella forma) attinge a un raro libro del 1956: Storia di un fatto di cronaca, di Aldo Camnasio, ovvero dal falsario che per quell’imbroglio venne condannato in tribunale. Quel suo libro è ampiamente utilizzato da Petacco, ma - per una curiosa omissione - non è citato tra le sue fonti. Il punto, comunque, non consiste nella ricopiatura di parti della Storia di un fatto di cronaca, bensì nella veicolazione dell’impostura camnasiana da parte di un celebrato divulgatore di storia contemporanea.
Il più significativo riscontro sul persistente radicamento del mito lo fornisce la pagina di Wikipedia «Carteggio Churchill-Mussolini» (in cui è indicato, quale ultima modifica, il 27 marzo 2015). L’esistenza di un collaudato canale segreto tra i due statisti ufficialmente nemici è affermata come realtà incontrovertibile, con sofismi che coniugano la disinformazione con il bluff. Esemplare, a questo riguardo, l’incipit: «Nell’immediato dopoguerra, Churchill e i servizi segreti britannici si mossero con successo per recuperare gli originali e gran parte delle copie del carteggio. Pertanto, poiché tale documentazione è ancora inaccessibile agli storici o è andata distrutta, è azzardato definirne il contenuto, pur essendone state formulate numerose ipotesi e ricostruzioni».
Segue l’acritica sintesi dei teoremi escogitati dai «creduloni del carteggio», in prevalenza fantasiosi giornalisti o storici dilettanti i cui testi sono elencati in calce al lemma (Andriola, Campini, Festorazzi, Garibaldi, Giuliani Balestrino, Zanella...). Non viene prospettato alcun dubbio sull’esistenza dei «documenti segreti», con straordinaria prova di faziosità e di credulità. Si sostiene che quegli importantissimi documenti passarono per le mani di familiari del duce, di ministri, di ambasciatori, di banchieri, di prefetti, di agenti segreti, di partigiani comunisti e non... appartenenti a varie nazionalità (italiana, svizzera, inglese, giapponese...). Nessuno, di quella folta compagnia, riuscì a salvare anche solo una lettera, poiché una perfida congiura fece sparire ogni reperto.
Chi ha creato e modificato una voce così faziosa e irrispettosa della realtà, in stridente contrasto con l’affidabilità del sito? La risposta è suggerita dalle argomentazioni a senso unico: qualche volonteroso affiliato alla compagnia di giro che usa quei documenti fasulli come cavallo di battaglia. È un reperto disinformativo che non fa onore a Wikipedia, poiché prosegue e moltiplica la manipolazione avviata con metodi artigianali nell’immediato dopoguerra da agguerriti manipoli filomussoliniani.
Oltre a utilizzare strumentalmente Wikipedia come autorevole pulpito per le loro menzogne, gli assertori del carteggio gestiscono un imponente numero di siti. Digitando «Carteggio Churchill-Mussolini» su di un qualsiasi motore di ricerca, si evidenziano migliaia di schede che, in stragrande prevalenza, sciorinano la storia delle borse di Mussolini e delle astute trame churchilliane per riprendersi gli epistolari. Google fornisce ben 18.600 siti sul carteggio segreto, con le versioni più strampalate e inaffidabili. È un monumento alla credulità, che dimostra la straordinaria capacità del web di moltiplicare il falso, legittimandolo.
Il carteggio segreto Churchill-Mussolini è una leggenda metropolitana all’insegna del «verosimile», un mantra dietrologico e autoconsolatorio che pretende di trasformare la tragedia bellica in un giallo nel quale il duce è vittima delle macchinazioni britanniche.
3 commenti:
Se si crede di "demolire" la vicenda propagandando la solita letteratura rimodernata per l'occasione ci si sbaglia di grosso, il mito resistenzialista è crollato.
I punti nodali della questione non sono minimamente toccati ed analizzati se non in chiave prettamente ideologica al fine di screditare la fonte (le fonti).
Il professor Garibaldi (immagino che per certi ambientini sia un fascista ) ha già risposto :http://www.ilsussidiario.net/News/Cultura/2015/4/1/GIORNALI-Falso-il-carteggio-Mussolini-Churchill-No-il-Corriere-si-sbaglia-/596266/
Francamente, presentare Arrigo Petacco come uno storico fa ridere. Al mito resistenzialista io ho smesso di credere quando ho smesso di credere a babbo natale e ho capito che non occorre credere essere dalla parte del Bene per prendere posizione. Ma al rigore scientifico, per quel poco che è possibile, credo ancora. Complottisti e nostalgici stiano lontani da qua.
Il volume di Franzinelli è molto interessante ma tende ad essere un pelino troppo riduzionista.
Sconta la notoria tara di parte della storiografia italica ovvero sterilizzare ogni aspetto che non condanni in pieno Mussolini e il fascismo per tutto ciò che è avvenuto.
Ci sono moltissimi aspetti non trattati dal Franzinelli; in primo luogo vengono dimenticate le testimonianze di molti personaggi che videro la cartella che Mussolini si portava dietro a Dongo (e il camion catturato dai partigiani), testimonianze anche di partigiani. Bollare come complottiamo ogni ipotesi di contatti intercorsi tra due leader una una guerra come quella è un classico atteggiamento della sinistra italiana scaturente da un fattore abbastanza scontato: i molti scheletri nell'armadio.
Ecco certe volte occorrerebbe scendere dai piedistalli.
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