martedì 21 aprile 2015
La destra è nettamente in vantaggio a proposito del concetto di Eurasia
"L'Occidente deve parlare alla Russia e smettere di demonizzare Putin"Storici e giornalisti per superare l'impasse ucraino: "La Russia è legata indissolubilmente all'Europa. Non è del tutto europea, ma non possiamo lasciarla alla Cina"
Giovanni Masini - il Giornale Sab, 18/04/2015
Esiste un’altra Russia
Per realizzare il
Paese del futuro bisogna creare un nuovo rapporto con i vicini che
parlano la stessa lingua e condividono la storia
di Timothy Garton Ash Repubblica 21.4.15
LA RUSSIA ha perso un impero senza aver ancora trovato il suo ruolo.
Solo i russi possono decidere quale dovrà essere e servirà tempo. La
nuova Russia non si materializzerà certo il 9 maggio, quando il Cremlino
di Vladimir Putin celebrerà il settantesimo anniversario della fine
della Grande Guerra Patriottica. Può darsi che non emerga fino al 9
maggio 2025 o addirittura 2045, ma non bisogna mai perdere la speranza
in questa Russia diversa e continuare ad avere fiducia nei russi
impegnati a realizzarla.
L’espressione “ha perso un impero senza aver ancora trovato il suo
ruolo” è stata coniata in riferimento alla Gran Bretagna da un ex
segretario di Stato americano. I britannici sanno quanto sia sgradevole
perdere un impero e difficile ritagliarsi un nuovo ruolo. C’è chi dirà
che la Gran Bretagna non l’ha ancora trovato e, detto per inciso, il
destino dell’impero originale, centrale, che ha forgiato le quattro
nazioni di queste isole, Inghilterra, Galles, Scozia e Irlanda nella
forma di un Regno teoricamente Unito è tuttora irrisolto. Sarà un tema
centrale delle prossime elezioni politiche. Però queste iso- le tanto
complesse all’interno almeno erano circondate dall’acqua, così che la
gran parte dell’impero britannico si trovava “oltremare”. L’impero russo
invece è stato un impero di terra, estesosi nei secoli terreno dopo
terreno. Nel saggio Russia: People and Empire lo storico Geoffrey
Hosking sostiene che storicamente la Russia ha il problema di non
riuscire a distinguere tra nazione e impero. In effetti, dice, «la
costruzione dell’impero impedì la formazione della nazione». Inoltre
mentre la dissoluzione dell’impero britannico avvenne lentamente,
l’impero russo-sovietico fu smantellato in poco più di due anni, tra il
1989 e il 1991 — una delle sparizioni più spettacolari della storia.
Sarebbe strano se un evento del genere non avesse suscitato confusione e
irritazione in Russia. Sotto il governo attuale questa reazione ha
assunto una forma pericolosa. Sbagliano quelli che ormai in Europa sono
definiti i Putinversteher (che si vantano cioè di capire Putin).
Confondendo Putin con la Russia, fanno il classico errore del “capire
vuol dire giustificare”. Gli uomini d’affari tedeschi sembrano inclini a
confondere i termini della questione. Vladimir Voinovich, autore di due
dei più validi romanzi satirici della letteratura europea del ventesimo
secolo, è il protagonista di un aneddoto divertente. Negli anni
Ottanta, in esilio, un banchiere tedesco lo invitò nella sua villa, lo
mandò a prendere con una Mercedes, gli offrì una cena sontuosa e gli
spiegò perché il trauma vissuto dalla Russia andava compreso. Nel corso
della storia la povera Russia era stata invasa da mongoli, polacchi,
francesi e, cosa peggiore di tutte, dai tedeschi. Bisognava verstehen.
Alla fine Voinovich, non potendone più, disse «e perché allora è così
grande?». Oggi Voinovich è ancora una voce ironica, ma anche coraggiosa
dell’altra Russia. Ha criticato l’annessione della Crimea e la guerra in
Ucraina orientale. Ha affermato che c’è bisogno di un «cambio di
mentalità». La colpa non è solo di Putin, «anche la società è
responsabile perché gli consente di fare ciò che vuole».
Voinovich esprime una verità complessa. Esiste un’altra Russia. È
rappresentata dal defunto Boris Nemtsov e dalla gente che depone fiori
sul ponte su cui è stato assassinato. Se il suo omicidio e l’atmosfera
di intimidazione hanno creato timore in molti, hanno raddoppiato
l’ardire di pochi coraggiosi ribelli. Il blogger Alexei Navalny ha
imputato al regime di Putin la responsabilità della morte di Nemtsov.
L’omicidio ha agito da collante, galvanizzando un’opposizione
frammentata, e ha dato vita a una nuova alleanza elettorale tra i
partiti fondati da Nemtsov e Navalny. L’altra Russia è rappresentata
anche da attivisti che hanno organizzato una “marcia per la pace e la
libertà”; dal gruppo teatrale Teatr Doc; dalla grande Lena Nemirovskaya,
che dirige la Moscow School of Political Studies, sotto attacco; da
Pavel Durov, fondatore di Vkontakte il primo dei social network russi,
oggi espatriato; da Mikhail Khodorkovsky, l’oligarca poi prigioniero
politico che oggi, dall’esilio, lotta per una Russia migliore; e tanti
altri, ciascuno a suo modo. Quando Thomas Mann arrivò in America esule
dalla Germania nazista disse «la Germania è là dove io sono». Questi
russi hanno il diritto di dire “la Russia è là dove io sono”.
Ma quando Khodorkovsky, a Londra, dice «Putin non è la Russia, la Russia
siamo noi», fa un’affermazione di principio che non corrisponde
esattamente alla realtà. Putin gode di un consenso popolare e in questo
senso Putin è anche la Russia. I tedeschi sanno meglio di chiunque altro
come le nazioni si sbronzano e poi si svegliano con un mal di testa
feroce. Per realizzare la Russia del futuro, tracciare un nuovo confine
tra nazione e impero, bisogna creare un nuovo rapporto con i vicini che
parlano la stessa lingua e condividono il medesimo retaggio storico e
culturale. Putin ha fatto un uso improprio del termine russkiy mir
(mondo russo), trasformandolo in uno slogan politico: “se parli russo
appartieni alla Russia”. Ma non deve necessariamente essere così e i
Paesi confinanti non sono d’accordo. Tre settimane fa ero a Minsk come
membro di un gruppo di studio e il ministro degli esteri bielorusso si è
detto speranzoso di trasformare la Bielorussia in una sorta di
Svizzera. C’è ancora un po’ da fare, direi… ma il concetto è chiaro. In
Svizzera molti parlano tedesco ma non per questo il Paese deve far parte
della Germania. Lo stesso vale per tutte le realtà di lingua spagnola,
francese, portoghese e inglese. I legami culturali, economici e politici
sono stretti, ma non si accetta di far parte di uno Stato o di un
impero comune. I miei cugini sono in maggioranza canadesi, non
britannici. La relazione tra Gran Bretagna e Canada è speciale quanto
quella tra Russia e Ucraina. Nel mio caso, e lo stesso vale per molti
russi e ucraini, è in famiglia. Però (si rassicurino i miei cugini
canadesi) a Londra non si ipotizza l’annessione di Toronto né la
restaurazione del Nord America britannico. I nostri Paesi stanno meglio
assieme da divisi. Lo stesso varrà per la Russia e i suoi cugini. Se i
mondi di lingua spagnola, francese, portoghese e inglese sono stati in
grado di compiere la transizione dal complesso passato imperiale alle
affinità elettive odierne può riuscirci anche il mondo di lingua russa. E
un giorno lo farà.
(Traduzione di Emilia Benghi)
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