mercoledì 22 aprile 2015
L'Iran, la rottura dell'embargo e le reazioni di Israele: un intervento di Diego Angelo Bertozzi
PER L’IRAN? RICATTO MILITARE ED ECONOMICO Israele indignato per la fornitura all'Iran da parte della Russia dei missili per la difesa aerea S-300? Certamente! Viene meno un vantaggio strategico dell'attacco aereo impunito; viene meno il ricatto militare, già utilizzato, ad esempio, nel 1981 quando gli F16 di Tel Aviv bombardarono il reattore iracheno di Osiraq. Nell'agosto del 2012 Richard Silverstein, autore del blog liberal Tikun Olam, rivelò l'esistenza di un piano di guerra contro Teheran elaborato dal governo di Netanyahu: ad un cyber attacco finalizzato a "paralizzare totalmente" il regime iraniano e l’intero Paese, sarebbe seguito il lancio di decine di missili balistici (tra gli obiettivi il reattore nucleare di Arak e gli impianti di produzione del combustibile nucleare a Isfahan) e, infine, un risolutivo bombardamento da parte dell'aviazione che avrebbe messo in mostra "strumenti di guerra elettronica finora sconosciuti al grande pubblico". (R. Silverstein, 15 agosto 2012). Ma non è tutto. Le dichiarazioni del ministro israeliano Yuval Steinitz sulla nuova "legittimità" che sta ricevendo l'Iran - la sua "integrazione nella comunità internazionale come Paese normale" (MK Bhadrakumar, AsiaTimes, 18 aprile 2015) – in conseguenza dell'accordo sullo sviluppo del nucleare, evidenziano un'altra preoccupazione: la fine progressiva del regime sanzionatorio potrebbe portare ad un periodo di crescita economica, quindi anche ad un rafforzamento del fronte interno che allontanerebbe l'eventualità di una "rivoluzione colorata". E' chiaro, per Israele il ricatto economico deve essere complementare a quello militare così da condannare l'Iran a una condizione di perenne inferiorità. E in caso di attacco, rispedirlo per il tempo necessario all’età della pietra.
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