mercoledì 22 aprile 2015

Nuovi documenti su Edith Stein


Le lettere manipolate dalle suore per favorire la canonizzazione 
Padre Alfieri ha scoperto nel Vermont nuovi documenti della filosofa, resa santa da Giovanni Paolo II, in cui emergono sofferenze e incertezze 
22 apr 2015  Libero CLAUDIA GUALDANA 

Documenti inediti gettano nuova luce su Edith Stein ( 1891-1942), filosofa ebrea fattasi monaca carmelitana e poi morta ad Auschwitz. La Stein è stata canonizzata nel 1998 da Giovanni Paolo II con il nome di Teresa Benedetta della Croce. Francesco Alfieri, docente di filosofia presso la Pontificia Universitas Lateranensis e un’autorità nell’ambito degli studi steiniani, ha scoperto una copia finora ignota dell’epistolario tra la santa e il fenomenologo polacco Roman Ingarden (1893-1970). Una sorpresa per il mondo scientifico: ufficialmente le uniche lettere tra i due allievi di Edmund Husserl tra il 1917 e il 1938 erano quelle conservate nell’Archivio Stein al Carmelo di Colonia, pubblicate dalle suore nel 1991. E un giallo intellettuale che apre molti interrogativi sulla sua conversione. Il frate francescano Francesco Alfieri, autore anche de La presenza di Duns Scoto nel pensiero di Edith Stein. La questione dell’individualità (Morcelliana) e - con Angela Ales Bello - di Edmund Husserl e Edith Stein. Due filolosofi in dialogo (Morcelliana), parlerà delle sue scoperte la prossima settimana durante un seminario di studio alla Lateranense. Ma concede un’anteprima a Libero.  

Lei nel 2012 ha curato la Bibliografia internazionale di Edith Stein. Ora questi documenti riaprono l’Epistolario dell’edizione critica tedesca... 

«Ero nel Vermont per studiare il carteggio tra la filosofa Anna Teresa Tymieniecka, collaboratrice di Giovanni Paolo II, e Roman Ingarden: nel suo archivio ho trovato il carteggio inedito Stein-Ingarden. Nelle lettere in mio possesso ci sono frasi omesse nell’edizione ufficiale: sono quelle in cui la Stein si rivolge confidenzialmente a Ingarden. Le suore le hanno tolte perché temevano fossero d’intralcio alla canonizzazione; si sono giustificate definendole “poco leggibili”. Lo stratagemma non era mai stato svelato perché era impossibile accedere al carteggio di Colonia. Il lascito Tymieniecka rivela ora i frammenti sepolti. Perciò d’accordo con Hanna-Barbara GerlFalkoviz, responsabile dell’edizione tedesca delle opere della Stein, l’anno prossimo riediteremo l’epistolario includendo le omissioni, perché la vita e il pensiero della Stein non siano più sacrificati al suo ruolo religioso. Per onestà intellettuale dobbiamo rendere pubblici i drammi e le incertezze di questa donna, comuni a quelli di ogni altro essere umano. Anzi: di ogni santo riconosciuto. La santità passa anche attraverso difficoltà e sofferenze, per questo è più credibile e comprensibile». 

Tra i documenti ci sono anche scritti di amici e collaboratori della Stein. Perché la lettera di Hedwig Conrad-Martius, di cui pubblichiamo in anteprima un ampio stralcio, è così importante 

«La filosofa Hedwig Conrad-Martius, madrina di battesimo e amica di Edith, la invia nel 1948 al parroco Oesterreiche. Hedwig scrive che la conversione di Edith passa per l’amore non corrisposto per Hans Lipps, anch’egli allievo di Edmund Husserl. ? Queste informazioni ci accostano ai dissidi personali della donna. E richiedono di approfondire le motivazioni che l’hanno portata ad abbracciare l’austerità carmelitana». 

Nelle due lettere della Stein (pubblicate in foto qui sopra) invece la vita personale si intreccia con la filosofia. 

«Entrambe sono precedenti la conversione. In quella del 9 aprile del 1917 la Stein scrive a Ingarden parlandogli di Lipps, l’uomo che avrebbe voluto sposare, e di temi filosofici sul pensiero del loro mentore Husserl. Scrive tra l’altro: “Abbiamo letto insieme (Stein e Husserl, ndr) il testo della mia elaborazione di Ideen (Edmund Husserl, Idee, 1913, ndr) e sono sta


In convento per delusione d’amore
Hedwig Conrad-Martius racconta la passione non corrisposta di Edith per Hans Lipps
22 apr 2015 Libero Di HEDWIG CONRAD-MARTIUS
Egregio, caro signor Parroco! (...).
Per quel che riguarda Edith Stein, vorrei ancora scriverLe diverse cose che mi sono ritornate in mente. Prima di tutto ciò che Le raccontai ancora alla fine, ma che Lei forse ha di nuovo dimenticato perché non se l’è annotato:
1) Mentre una volta ci recavamo al lavoro nella parte superiore del nostro frutteto, le chiesi se fosse possibile vivere una vita di assoluta obbedienza senza avere una guida spirituale, e lei mi rispose subito con quel suo modo molto determinato: no. (Questo fu prima del suo battesimo).
2) Nello stesso periodo ci recammo insieme nella chiesa protestante di Bergzabern, dove la messa (unita-riformata), però, era più che scarna e per di più anche “liberale”. Dopo lei disse: nel Protestantesimo il cielo è chiuso, nel Cattolicesimo è aperto.
3) In un periodo in cui rifletteva sul suo ingresso nel Carmelo - non saprei più dire con precisione quando -, rispondendo ad una mia domanda disse: per questo è necessaria la vocazione. Vorrei aggiungere che io non la sconsigliai mai, anche solo per una mia profonda simpatia per questo. Forse la sua risposta intendeva anche marcare una differenza tra se stessa e me. Ma non lo so più con esattezza.
4) Ora vorrei scriverLe qualcosa di cui non ho ancora parlato con nessuno e che d’un tratto (dopo il mio ritorno a casa) mi sembra che dia un colore nuovo e fondamentale alla storia della sua conversione; tuttavia La prego di trattare ciò soltanto con la delicatezza più intima possibile. Ella amava Hans Lipps, il fenomenologo che apparteneva al nostro cerchio e che in seguito sarebbe diventato professore ordinario a Francoforte e che cadde alle porte di Pietroburgo dove era in servizio come medico. Sono certa che l’avrebbe sposato se lui l’avesse voluto. Ma lui non volle. Quando ciò fu assolutamente definitivo, ebbi modo di parlare con lei - riguardo alla foto che - l’unica - stava ancora sulla piccola scrivania nella nostra casa di Bergzabern. Le dissi che non poteva darsi e dedicarsi tutta a Dio e contemporaneamente tenere l’immagine di un uomo sul tavolo (forse le dissi anche “portarlo nel cuore”, ma non lo so più) che non la voleva sposare. Ella era profondamente turbata e poco dopo - forse anche subito - la foto sparì dalla scrivania. Dopo averci ripensato ancora una volta credo di poter dire con certezza che questa profonda delusione contribuì in modo importante alla sua conversione e al suo battesimo, e anzi anche alla scelta della vita in convento. Sono ben lungi dal pensare che una tale delusione possa essere la ragione principale di una conversione, come fa invece il mondo cinicamente. Ma la misericordia divina usa cose del genere per attirare a sé le persone che hanno la vocazione. Tutta questa circostanza - semmai Lei scelga di utilizzarla - La prego di trattarla senza indicare la fonte, cioè il mio nome.      

Nessun commento: