venerdì 22 maggio 2015
Giorgio Cremaschi: non votare PD in ogni caso e ovunque
Nel 1953 quella che fu allora chiamata legge elettorale truffa non
scattò perché la Democrazia Cristiana ed i suoi alleati non raggiunsero il
quorum richiesto del 50%+1 dei voti validi. Quella che doveva essere
un'alleanza al centro in grado di acchiappare consenso in tutte le
direzioni perse invece voti ad ampio
raggio, alla sua sinistra prima di tutto, ma anche alla sua destra. Il progetto
autoritario allora aveva respinto, invece che attrarre.
Oggi l'Italicum è molto più pericoloso della legge truffa del
'53, che comunque assegnava un premio
parlamentare consistente a chi già avesse conseguito la maggioranza assoluta
dei voti. Oggi grazie al trucco del ballottaggio, che aggira la sentenza della
Corte Costituzionale, un partito come il PD che, aldilà dell'exploit delle
europee si attesta normalmente attorno al 30% dei voti validi, potrà conseguire
una maggioranza assoluta priva di contrappesi e controlli. Ho detto il PD ma in
realtà avrei più correttamente dovuto dire il suo segretario presidente Renzi,
che si è costruito un sistema di governo che gli darà un potere praticamente
assoluto. Come ha notato eufemisticamente Eugenio Scalfari siamo a una democrazia
che affida il potere all'esecutivo. Che è ciò che normalmente avviene in ogni
dittatura. Renzi sarà eletto direttamente dal ballottaggio come un sindaco e
godrà di un parlamento esautorato, composto da una netta maggioranza di
nominati o fedelissimi. Ci sarà una sola camera che decide su tutto sulla base
degli ordini del capo del governo. Camera che nominerà gli organismi di
controllo senza, scusate il bisticcio, controlli. E se pensiamo che la recente
sentenza della Corte Costituzionale sulle pensioni sembra sia stata decisa sei
contro sei, con il voto determinante del presidente, possiamo tranquillamente
concludere che al nuovo parlamento renziano basterà nominare un solo nuovo
giudice costituzionale per cambiare gli orientamenti di tutta la corte.
Un potere pressoché assoluto, dunque, per fare che?
Quello che sta costruendo Renzi in realtà è un sistema autoritario
che non è in proprio, ma è fondato su
una sorta di fideiussione bancaria. Il programma fondamentale del governo è
sempre quello della lettera del 5 agosto 2011 firmata da Trichet e da Draghi.
Che come presidente della BCE continua a vigilare meticolosamente che quel
programma stilato assieme al suo predecessore sia scrupolosamente attuato.
Il 28 maggio 2013 la Banca Morgan ha
presentato un documento politico che metteva sotto accusa la Costituzione
italiana assieme a quelle di tutti i paesi europei "periferici" e in
crisi. Queste costituzioni, secondo quel documento, nate dopo la vittoria sul
fascismo, sono segnate dal peso eccessivo della sinistra e del pensiero
socialista, e per questo ostacolano le riforme liberali che servono a salvare
l'euro.
Con toni più
brutali un editoriale de Il Sole 24 Ore, pochi giorni fa, polemizzava con la
sentenza della Corte Costituzionale, affermando che con il pareggio di bilancio
come vincolo costituzionale, gli obblighi del fiscal compact e il primato dei
mercati globali, non ha più senso parlare di diritti indisponibili. Non
crediate di avere di diritti si diceva una volta.
I poteri forti,
le grandi multinazionali, la finanza e le banche hanno da tempo deciso che il
sistema di diritti sociali europeo è, per i loro concreti interessi,
insostenibile. La crisi è stata un grande occasione per realizzare
compiutamente un obiettivo cui si lavora da oltre trenta anni, e le riforme
politiche autoritarie ne sono lo strumento.
Renzi si è quindi trovato al posto giusto nel momento giusto. Guai a
fare nei suoi confronti lo stesso errore di sottovalutazione compiuto dalla
sinistra democratica verso Berlusconi; e non solo per il compatto sostegno che
riceve dai poteri forti italiani ed europei e da tutto il sistema dei mass
media. Anche Monti aveva questo stesso sostegno, per fare sostanzialmente la
stessa politica, ma non ce l'ha fatta.
La forza di Renzi sta proprio nella posizione e nella rappresentanza
politica assunta. È un errore credere che egli sia un democristiano. No, la sua
formazione politica non è tanto rilevante quanto il ruolo che ha deciso di
interpretare. È questo ruolo è tutto all'interno della sconfitta e della
rassegnazione della sinistra tradizionale. Matteo Renzi ha scalato il PD, che è
bene ricordare inizialmente lo aveva respinto, dopo che il vecchio e inconcludente riformismo era stato
sconfitto. Egli ha usato spregiudicatezza e populismo con una classe politica
disposta a tutto pur di non perdere il potere. Per capire quello che è successo
dobbiamo pensare ad altri fenomeni di trasformismo di massa nella storia della
sinistra del nostro paese. Crispi alla fine dell'800, Mussolini, Craxi e naturalmente
Berlusconi sono tutti predecessori non casuali di Matteo Renzi.
Il nostro è diventato il secondo paese cavia dell'esperimento
liberista dopo la Grecia. In quel paese la Troika ha esagerato e ne è
consapevole, per questo in Italia il
progetto è diverso. Non negli obiettivi, che sono gli stessi, dal lavoro, alla
scuola, alla sanità, alle pensioni, a tutti i diritti sociali. Si vuole
arrivare alla stessa società di mercato brutalmente imposta all Grecia, ma
evitando la stessa reazione politica. Quindi più furbizia e anche tempo nelle
misure da adottare e soprattutto lavoro per costruire un blocco di consenso
politico attorno ad esse. A questo serve la mutazione genetica del PD in
partito della nazione. Che in realtà è un partito collaborazionista con la
Troika e con tutti i poteri economici finanziari internazionali.
Il partito della nazione che
collabora costruisce così le sue
cordate di consenso, da Marchionne ai sindacati complici, da Farinetti alla
nuova Milano da bere, dai presidi a
tutto quel mondo politico e sociale proveniente dalla sinistra il cui sentire
di fondo può essere così riassunto: abbiamo speso tanto senza risultati, ora si
guadagna. Non è vero che Renzi voglia
liquidare i corpi intermedi, non è così sciocco sa che sarebbe impossibile. Quello che vuole il segretario del PD è un corpo di organizzazioni addomesticate e
funzionali e a questo sta concretamente lavorando, come dopo il jobsact e
la buona scuola, mostra il
progetto di legge Civil Act sul terzo
settore.
Renzi è
l'espressione di un progetto politico reazionario di adattamento
dell'Italia ai più duri vincoli della peggiore globalizzazione, per questo
battere lui ed il suo partito della nazione non sarà opera breve, né facile, ma
è la condizione perché il paese possa riprendere davvero a progredire. Oggi
contro Renzi sta un destra disfatta, nella quale lo stesso sistema mediatico
renziano fa emergere il nazista dell'Illinois Matteo Salvini come avversario di
comodo. Poi c' è il Movimento 5 stelle che conduce lotte importanti, ma in
evidente difficoltà di fronte al populismo anticasta fatto proprio dal
renzismo. E infine c'è l'arcipelago
delle forze della sinistra politica e sociale. La forza di Renzi è la debolezza
di questo fronte, il che permette alla sua politica di destra di contare su un
vasto consenso elettorale nel popolo della sinistra.
Gli insegnanti che sfilavano in corteo il 5
maggio gridavano di non votare più PD. È un segnale importante, ma
insufficiente. Occorre un rottura più profonda. Occorre che tutto il corpo
sociale e politico della sinistra consideri il renzismo non come un gruppo
di compagni che sbagliano, ma come il
primo e principale avversario. Le ambiguità ed i compromessi di chi si dichiara
contro Renzi ma poi si allea con il PD nelle elezioni locali, o dei dirigenti
sindacali che lo criticano ma poi lo votano, o degli ambientalisti che
sostengono Expo, tutto questo opportunismo porta solo fieno nella cascina del
partito della nazione.
Ci vogliono scelte nette per costruire
l'alternativa a Renzi e al suo progetto, la prima e in fondo più semplice è non
votare in ogni caso ed in ogni situazione per il PD ed i suoi alleati.
Giorgio Cremaschi
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