Bisogna certo imparare a stare nella realtà esistente e dunque cavalcare le forme della politica post moderna. Ma sapendo che un maquillage non cambia la dimensione strategica piu profonda di questa realtà stessa, ovvero i rapporti di produzione e di forza. E che, nonostante Laclau, l'effimero consenso populista è cosa diversa dall'egemonia e si logora in fretta appena arriva il prossimo personaggio televisivo. Nessun trucco, e nessuna legittima ammirazione per i fatti spagnoli, sostituisce il necessario lavoro politico decennale. Tanto più che da noi, dove gli aspiranti podemos conservano un orizzonte strategico di centrosinistra, manca quel profilo di netta alternativita che è stato invece decisivo in Grecia come in Spagna. Più che imitare e fare castelli in aria, cerchiamo di sfruttare l'insperata scia tra qualche giorno. E cerchiamo di mantenere quell'equilibrio che viene dall'autonomia [SGA].
Nel quartiere degli “indignados” “Notte storica, cambieremo il Paese”
Tra gli attivisti in festa: prima le città, poi la Moncloadi Francesco Olivo La Stampa 25.5.15
Sono le otto, i seggi si sono appena chiusi, e lo slogan è già pronto: «È una notte storica». A quell’ora, in realtà, si sapeva ancora poco, ma a ogni scheda scrutinata il sogno di Podemos diventa un po’ più reale. Nel quartier generale della calle General Palanca non stanno nella pelle, cercano informazioni («Davvero abbiamo preso anche Madrid?») e sentenziando: «È arrivata la decenza». I numeri arrivano troppo debolmente, ma i dirigenti del movimento nato dalle proteste degli indignados parlano volentieri: «Il cambio politico si apre con le grandi città», dice con gli occhi che brillano Iñigo Errejon, esile (solo fisicamente) vice di Pablo Iglesias, che poi scappa un dibattito tv. Quando arrivano le immagini delle sedi dei grandi partiti qualcuno scoppia a ridere, Psoe e Pp non possono festeggiare e la scena di quelle strade è un po’ desolata: «Staranno venendo anche loro qui», ride una volontaria. Per strada si sentono i primi clacson. In Catalogna intanto già cantano: «Esa Esa, Ada alcaldesa», ovvero Colau sindaco: altro che indipendenza.
Un po’ fricchettoni, un po’ professionali i militanti preparano la festa davanti al Museo Reina Sofia, lì dentro c’è Guernica di Picasso, ma stavolta le macerie sono quelle del centrodestra, che qui ha perso quasi la metà dei voti. Pablo Iglesias, leader e icona di Podemos, non parla, ma sorride: «Ci vediamo dopo». Le tv lo aspettano: «Sono quattro ore che non esce dalla stanza, ma prima o poi dovrà andare in bagno, e il bagno sta qui», dice con perfidia una cronista della Sexta.
I dissidi interni
È stata una campagna più difficile del previsto per Podemos. Le sorti progressive del partito nato sulla «calle» si sono interrotte, almeno parzialmente, con una serie di intoppi. Se a gennaio Podemos era, secondo i sondaggi, il primo partito di Spagna, la corsa è stata frenata da divisioni interne e scandali. Per carità, niente di paragonabile alle inchieste che hanno colpito i popolari, ma l’immagine di Pablo Iglesias e i suoi ha perso un po’ di candore. La contraddizione è la solita: lotta o governo? Podemos ha optato per una linea più moderata, abbandonando due battaglie fondative: il reddito minimo per tutti e la cancellazione del debito della Spagna. Ma la scelta è stata traumatica, tanto che, in piena campagna elettorale, il numero tre Juan Carlos Monedero si è dimesso, accusando Pablo Iglesias e il vice Errejon di aver sostanzialmente fatto diventare Podemos un partito della Casta. Monedero non è uno qualunque, il politologo era stato al centro dello scandalo più imbarazzante: l’agenzia delle entrate, infatti, ha fatto filtrare una sua consulenza al governo venezuelano di Chavez, pagata cara: 425 mila euro. Un rapporto, quello con il regime bolivariano, che è stato al centro di tutte i dibattiti: si parlava di una palestra a Pamplona o di una pista ciclabile a Malaga e gli avversari rispondevano subito: «Volete il modello Chavez?». Monedero è riapparso all’improvviso venerdì durante il comizio finale sulle sponde del Manzanarre. È stata una sorpresa per tutti, stava parlando proprio il suo rivale Errejon, e il pubblico si è voltato verso di lui, scandendone il nome e invitandolo a salire sul palco. Vinta la ritrosia, Monedero aveva soltanto cantato una strofa di Modugno: «Volare ohh», come dire ai militanti: diamo l’assalto al cielo. Altro ostacolo nella corsa viola, è stato l’emergere improvviso di Ciudadanos, il movimento liberale che ha tolto a Podemos il monopolio del cambiamento.
L’ascesa di Ciudadanos
Altro dato interessante: le vittorie più serie di Podemos sono quelle che arrivano quando il partito non si presenta con il suo simbolo, ma all’interno di una coalizione: Madrid e Barcellona. Manuela Carmona e Ada Coloau non sono iscritte al movimento e questa indipendenza ha giovato.
Ma questa non è la notte dell’analisi e, prima delle chiacchiere, arriva molta cerveza: «Esa Esa Esa, viva l’alcaldesa».
Podemos e Ciudadanos, i volti nuovi che vogliono cambiare la Spagna
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