domenica 14 giugno 2015

Dello spirito servile: l'ultima lezione del sen. prof. Mario Tronti, che ha riformato l'art. 138 e ha votato il Jobs Act e tutto il resto


Gli intellettuali comunisti italiani sono stati e sono per lo più dei ciarlatani integrali [SGA].

Mario Tronti: Dello spirito libero. Frammenti di vita e di pensiero, il Saggiatore

Risvolto
Si dice che le categorie del Novecento non siano in grado di capire il presente. Falso. Solo il Novecento ci fa capire il dopo; solo chi lo ha attraversato e sofferto, tutto intero, può interpretare il presente con strumenti affilati. Mario Tronti, che il xx secolo l’ha vissuto da protagonista intellettuale – da marxista eretico – e ne è uscito sconfitto, non ha rinunciato all’esigenza, e al dovere, di capire. Oggi la libertà di pensiero è garantita, ma non è concesso un pensiero di libertà: il capitale ha conquistato tutto il mondo, e così è arrivato a conquistare anche tutto l’uomo. Non solo trattato di filosofia politica, Dello spirito libero è anche e soprattutto un capolavoro di resistenza: un’opera composta di frammenti, perché «non si può ormai pensare e scrivere che per frammenti, essendo esploso il mondo di ieri in mille pezzi». Un libro matto e disperatissimo, profondamente autentico. Scegliendo il procedimento analogico e lo stile metaforico, senza mai cedere all’autobiografia o alla confessione, Tronti richiama e contempla tragicamente i grandi temi della storia e dell’uomo: il Moderno occupato dal capitalismo e la concezione borghese della vita, la Rivoluzione d’ottobre e l’errore del socialismo subìto, il crollo del comunismo e la fine della storia; la memoria, le classi, il feticcio della merce, la critica della democrazia, l’autonomia della politica. Nelle riflessioni su libertà, destino e profezia risuonano le parole di Marx, Tocqueville, Smith; Montaigne, Hegel, Nietzsche; Musil, Kafka, Benjamin. Ma anche san Paolo, i vangeli, la Bhagavadgītā : essere dentro il proprio tempo senza appartenere al proprio tempo è possibile solo riscoprendo la dimensione spirituale del vivere, nella convinzione che contrapporre due orizzonti grandemente umani come cristianesimo e comunismo è stata una sciagura per la modernità. Dello spirito libero è un esercizio ascetico di pensiero complesso – come deve esserlo il pensiero che sfida se stesso – mai artificiosamente difficile, mai falso. Tronti è un autore che si mette in gioco fino in fondo. E al suo lettore non può chiedere di meno.


Leggi anche qui per la recensione di Galli della Loggia

Tronti: Spiritualità è cambiare il mondoMario Tronti Avvenire 24 giugno 2015

Mario Tronti Nel cuore di tenebra del Novecento
“Io devo capire” è l’imperativo. Vivere diventa ricerca filosofica
“Dello spirito libero” è un’autobiografia scritta in frammenti da Mario Tronti
di Nadia Fusini Repubblica 23.6.15
«Questo libro sono io» - così conclude Mario Tronti l’originalissimo intarsio di frammenti di vita e di pensiero che compongono Dello spirito libero (pubblicato da il Saggiatore, pagg. 316, euro 20). Mai in nessuna lingua apparve un testo auto- biografico più pudico. È il fascino dell’uomo Mario Tronti - intellettuale di sinistra tra i capofila dell’operaismo - la tendenza ad apparire fugacemente, conservando intorno a sé il silenzio di chi si muove leggero, quasi non volesse ingombrare lo spazio. È il fascino di questo libro il suo pudore. Ma se un uomo è un uomo, parlare deve, se non altro per senso di responsabilità e di gratitudine. È nel riconoscimento di un debito, che l’autore di queste pagine ci impegna in un colloquio intenso, dove l’esistenza individuale si oggettiva nei libri e nelle avventure di pensiero di cui s’è nutrita. Il soggetto umano qui si incarna nel fuoco che accende la mente e trascina alla vita come a una iniziazione. Vivere è in questo senso una quête filosofica. Sulla soglia del libro, Tronti depone i nomi di chi gli ha offerto l’amicizia della parola e il dono del pensiero - Cristina Campo, Walter Benjamin, Aby Warburg, Franz Kafka, Hegel, Marx ... I nomi di chi lo ha iniziato alla ricerca del senso della vita.
«Io devo capire!» è l’esclamazione che apre il libro, in cui risuona l’imperativo categorico, teorico- politico, da cui prende avvio la narrazione. Ma capire che cosa? La storia “a cui appartengo” risponde l’autore. Di qui la messa in gioco in pieno stile autobiografico del nostro eroe. In quello che ci racconterà c’è la sua vita, il suo pensiero, le sue passioni, i suoi amori - tutto ciò che ha vissuto nel corpo e nell’anima, grazie allo speciale medium che tra corpo e anima tesse lo “spirito”. Spirito nella lingua di Tronti traduce Geist , ed è tante cose: giudizio, intelletto, mente, e perché no? fantasma. Fantasma di libertà, anche: perché per chi si dichiara “moderno”, il vero spirito non può che essere “libero”. E al tempo stesso, come non riconoscere “la devastazione spirituale” in cui il secolo ci ha precipitato? Come non rendersi conto di una way of life che è “finzione di libertà”? Di una libertà di pensare, che non è “un pensiero di libertà?”. Che cosa è stato il Novecento? Il Novecento è “il cuore di tenebra” che Tronti riconosce come “cosa sua”. Se il mondo attuale si crede nuovo perché rottama il passato, impari piuttosto che la tradizione ci consegna l’inquietudine di domande essenziali alla nostra umanità: radici non dovremmo sradicare in nome di un impegno frettoloso a rispondere al presente, inteso come il falso ascolto della vana chiacchera. In pericolo è la natura e l’essenza stessa della libertà umana. Della persona umana.
Non fuga dal mondo, la spiritualità a cui Tronti allude è l’assunzione piena della responsabilità propria a ciascun individuo di farsi mondo. È un libro “eroico”, questo, in senso bruniano. Sono gli eroici furori di un uomo che s’accende grazie a una lingua severa, a volte perfino brutale. L’ho detto: Tronti ama il silenzio. Ma quando parla, come accade ai veri scrittori, la sua lingua è come una frusta.


Mario Tronti Inadeguatezza e spiritualità

di David Bidussa Il Sole Domenica 22.11.15
Libro pessimista, alle volte anche “crudo” che ha il tono della “resa dei conti”. Dello spirito libero di Mario Tronti è un testo scritto con asprezza, ma senza rancore, in cui coabitano lucidità e spregiudicatezza .
Condizione che nasce dalla consapevolezza che questa sia un’epoca senza luoghi altri della riflessione, caratterizzata dalla vittoria del senso comune. Epoca che immette a una dimensione tirannica che per Tronti «oggi viene esercitata non da chi gestisce il potere [ovvero dall’alto], ma da chi lo concede [e dunque dal basso]» [p. 92]. Epoca che non è fondata sulla libertà di pensiero perché, scrive, «pensare qualcosa, e qualcosa di diverso da quello che tutti dicono, [produce] parole inascoltate, e quindi parole mute»[ p. 42]. La condizione di smarrimento di cui testimonia la riflessione di Tronti è data dalla difficoltà di trovare una qualche lettura che esprima il senso del proprio presente, una volta venuta meno l’ipotesi del marxismo come risposta al capitalismo.
Venuto meno l’esperimento sovietico (Tronti insiste più volte che il vero momento di fine del sistema non è il crollo del muro di Berlino nel novembre 1989, ma si colloca nell’estate 1991 con la fine dichiarata dell’Urss) ciò che viene travolto è tutto il profilo di speranze (reali o presunte) che aveva attraversato l’intero Novecento. «Il socialismo era irriformabile?» si chiede Tronti. «Smantellare il partito si poteva solo per costruire lo Stato. Ci voleva Bismark. E c’è stato Eltsin» [p. 27].
Originati da occasioni diverse, i 41 testi che compongono questa “stravagante” antologia e che si legge con un «corpo a corpo» con le proprie convinzioni di un tempo ormai finito, hanno una loro profonda coerenza interna. Mario Tronti ha attraversato le grandi crisi politiche della sinistra di cui ha fatto e continua a fare parte, con costanza, vedendone molto spesso l’inadeguatezza, e tuttavia senza mai “disertare”. Ricominciando ogni volta. Non perché sia convinto che quella che abbiamo di fronte sia una grande storia, ma al contrario perché è convinto, come scrive, che «ci è stato dato di vivere in una storia minore», in un’epoca priva di profezie, e tuttavia, consapevole che da quella condizione si tratta di ricomporre i segmenti di un pensiero che vive di vaghi segnali, senza segni forti [pp. 209-210].
Quei segni forti Tronti li va a cercare nel territorio del cristianesimo, soprattutto nelle esperienze di riflessione radicale rappresentate dalla Comunità di Bose e dalle domande che propone Enzo Bianchi nel suo Lessico della vita interiore (Bur). Una lettura del vissuto teologico che Tronti estende anche alla Chiesa, soprattutto al processo inaugurato con Benedetto XVI che egli non legge come “ostacolo” alla laicità ma come punto di forza per non soggiacere all’etica del consumismo.
Quella di Tronti della Chiesa come “ostacolo” alla modernità non è una rivelazione improvvisa che esce da queste pagine. È una convinzione a cui aderisce da tempo e che si esprime nella riflessione sulla necessità di una nuova alleanza tra credenti e non credenti che pubblica con Pietro Barcellona, Giuseppe Vacca e Paolo Sorbi su «Avvenire» nell’ottobre 2011 (poi riproposta con il titolo Emergenza antropologica, Guerini e Associati). È un tema che qui Tronti riprende dettagliatamente e insistentemente, e non per un’improvvisa conversione religiosa, ma per la sensazione che nell’epoca della tecnica, la «spiritualità è un linguaggio della crisi» e contro l’adeguamento. Linguaggio fatto di parole come «pazienza, attenzione, meditazione, idolatria, ascolto, silenzio, povertà, solitudine». «Prendetele una per una – scrive – e riflettete se non siano oggi tutte parole alternative a tutto ciò che è» [p. 228].

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