martedì 22 settembre 2015

I processi di "artistizzazione" nel postmoderno: il libro di Mario Perniola

Image result for perniola arte espansaMario Perniola: L'arte espansa, Einaudi, PAGG. 100 EURO 11

Risvolto
La sfera dell'arte si è ampliata enormemente. Qualunque cosa può essere trasformata in «arte», anche senza che il suo autore ne sappia nulla. Chi ha la legittimità e l'autorevolezza per operare questa metamorfosi?
In questo libro, il cui titolo prende spunto dal mitico testo di Gene Youngblood, Expanded Cinema, l'autore sostiene che è avvenuta una profonda destabilizzazione del sistema artistico, da lui definita come la svolta «fringe» dell'arte contemporanea. Molte barriere tradizionali sono crollate; si è aperto un orizzonte enormemente piú vasto all'interno del quale è difficile orientarsi. Esso comporta molti pericoli, ma offre al contempo nuove opportunità per chi voglia avventurarsi su questo terreno, a condizione di saper trasformare le molte informazioni disordinate e frammentarie di cui disponiamo in un discorso coerente che costituisca una nuova conoscenza estetica in grado di indirizzare un'attività artistica avvincente. La singola produzione artistica non basta piú a se stessa, ma richiede per la sua comprensione un corredo di dati che sollecitino la massima attenzione e le conferiscano legittimità e autorevolezza: Perniola introduce perciò il neologismo di «artistizzazione» e si sofferma sulle operazioni che la rendono possibile.

Invenzione, senso, bellezza. Cosa rende un'opera un capolavoro?Dopo averla cercata presso i filosofi, la risposta arriva dagli storici dell'arte: innovazione, senso, grandezzaCamillo Langone - il Giornale Dom, 11/10/2015 

La trasformazione delle opere in “arte"
Mario Perniola analizza le nuove frontiere del contemporaneo Tra mercato impazzito, fine della critica e strategie di comunicazioneDARIO PAPPALARDO repubblica 13 9 2015

Anche l’arte ha bisogno di storytelling. L’opera non basta (più) a se stessa. Per essere “vista” e accettata deve essere supportata da una costruzione narrativa che la precede, assegnandole un valore. Nel XXI secolo che ha portato alle estreme conseguenze i manifesti delle avanguardie storiche del Novecento, le provocazioni di Duchamp, le riproduzioni di Andy Warhol, l’arte non ha più confini delineati. È “espansa”, come suggerisce il titolo del nuovo saggio di Mario Perniola (Einaudi), che prende in prestito la definizione data al cinema dal testo di Gene Youngblood ( Expanded Cinema ) negli anni Settanta.
Lo studioso di estetica si assegna il compito di fare ordine nel disordine del contemporaneo, dove ogni categoria è saltata e i ruoli sono confusi. Dove artisti, manager e critici si sovrappongono. E così l’alto con il basso, l’insider con l’outsider, il naïf con lo stratega programmatico pronto a invadere un mercato sempre più inflazionato. Perniola cita come “case history” il lavoro della britannica Saatchi Gallery, la stessa che lanciò la Young British Art e Damien Hirst. Fondata non a caso da un re della pubblicità, Charles Saatchi, la galleria, già accusata di lanciare artisti senza formazione accademica, reclutò via web sin dall’inizio degli anni Duemila aspiranti maestri, facendoli passare dalla vetrina virtuale a quella reale. Si sanciva così l’abolizione di ogni criterio di selezione: anche il critico-curatore, a libro paga di Saatchi, diventava parte e complice del gioco. La Gallery si pone come l’anti Tate: è l’impresa contro il museo. Nell’applicazione delle logiche neoliberiste satura il mercato con la merce (artistica) prodotta in gran quantità. È il principio messo in pratica da Damien Hirst: più produci, più vendi. Il nome-brand supera l’opera. Dice Jeff Koons: «L’arte non consiste nel fare un quadro, ma nel venderlo».
Ma che cos’è “arte”, oggi? Non il riconoscimento di un valore in sé, piuttosto il risultato di un”artistizzazione”: l’inserimento di un’opera e del suo autore in un complesso sistema di relazioni. È quella che Perniola definisce la svolta “fringe” dell’arte: «Si tratta di trasformare in qualcosa di emozionante, eccitante e seducente una entità che non riesce a manifestarsi da sola come tale ». L’arte non è più causa, ma effetto. E anche ciò che prima era “fringe”, marginale, può trovare la sua legittimazione. Come accadeva nel Palazzo Enciclopedico della Biennale 2013 di Massimiliano Gioni. Cosa resterà dell’arte del XXI secolo sempre più impossibile da conservare e restaurare? Ecco, questo è tutto un altro discorso. ©RIPRODUZIONE RISERVATA



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